La materia simbolica

Opera di Marc Ash
 

17/07/2003

E tuttavia la "rappresentazione" della Shoah che Marc Ash mette in atto in questi suoi lavori appare ugualmente drammatica e significativa, affidata com'é alle sole qualità evocative e memorative della materia, dei materiali anzi, che assumono così una valenza fortemente simbolica. Ash si serve a questo proposito della terra e della stoffa, dei chiodi e del filo spinato, della polvere e dei colori. Si tratta di una complessa operazione di ri-significazione nella quale l'artista francese chiama a pretesto la materia quasi per impossessarsene e per immedesimarvisi. Un processo attraverso il quale Ash determina uno straordinario fenomeno secondo il quale le "apparenze" scendono al fondo del suo lavoro mentre ciò che vi é di più interiore, profondo ed avvertito, sale in superficie, manifestandosi come una dolorosa, poetica ed inquietante proposizione immaginativa. Tutto ciò avviene, nel ciclo della Shoah di Marc Ash, sostanzialmente attraverso tre differenti vie espressive: i cosiddetti dipinti, le scatole di plexiglas - vere e proprie sculture di "nouveau realisme" - ed infine le grandi fotografie. Nei dipinti troviamo vari materiali composti in un rigoroso ordine formale al quale concorrono i piccoli lacerti di stoffa a strisce bianche ed azzurre (l'uniforme dei campi), spezzoni di filo spinato (il segno concreto della restrizione forzata), e stelle e piccoli triangoli di tela dei vari colori che indicano evidentemente tutti i vari segnali della discriminazione e della persecuzione. I cubi di plexiglas contengono invece veri e propri oggetti come frammenti di ossa, forchette e cucchiai, matasse di capelli, e si connotano forse, a ben vedere, come "scatole delle memoria". Oggetti come una forchetta o un cucchiaio, però, richiamano dolorosamente alla mente la persona che li ha utilizzati. E rinviano ad una bellissima e straziante poesia di Borges che dice, parlando degli oggetti in riferimento a chi li ha usati, "non avranno coscienza che ce ne siamo andati". Le grandi fotografie, infine, appaiono come una sorta di sottolineatura che Ash vuol dare ad alcuni particolari, come timoroso che non ne venga notata la tremenda e paurosa simbolicità. È evidente che anche Marc Ash ha covato per lungo tempo questo ciclo di lavori che lo hanno impegnato su molti terreni espressivi come appunto la pittura, la scultura e la fotografia. E che infine sono apparsi nei modi formali di un artista del suo tempo, cioé contemporaneo a se stesso, armato perciò soltanto della "profondità e dell'ambiguità" del linguaggio dell'arte. Marc Ash ha però avvertito la necessità di usare anche la parola, quasi un rafforzativo "didascalico per non dimenticare", dice egli stesso. La sua voce si é allora manifestata in un lungo canto dolente ed allo stesso tempo rabbioso ed orgoglioso, come quando dice, ad esempio, "mantieniti dritto figlio mio, non abbassare gli occhi". E si capisce perciò che nel suo caso le parole pesano come pietre quando afferma "in quel momento il tempo é naufragato e le tenebre hanno preso il sopravvento". O,con st

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