Le mie "Mille e una notte" nella citta' di Keren

Courtesy of © Erminia Dell'oro | Erminia Dell'oro
 

21/12/2000

Erminia dell’oro è nata ad Asmara, dove i suoi nonni paterni giunsero nei primi anni del secolo. Da anni vive a Milano. Le sue opere, tra cui “L’abbandono”, “Asmara addio”, “Il fiore di Merara”, sono state pubblicate da Mondatori, Einaudi, Baldini e Castaldi e tradotte in diverse lingue. Con “Il fiore di Merara” è stata finalista al premio Pen Club. Ha scritto anche fiabe per bambini. Può indicare un itinerario per un turista che senza saper nulla decida di andare in Eritrea? Da dove lo farebbe partire e dove lo farebbe arrivare? La partenza è inevitabilmente Asmara, dove si arriva con l’aereo. Da qui lo manderei a Massawa, una città molto suggestiva costruita in parte dai turchi che vi hanno lasciato un’impronta molto forte. E’ una città che resta straordinaria anche se in parte le guerre l’hanno distrutta. E da lì alle isole Dalahk. Questo è un itinerario comune. Ne vuole suggerire uno che sente più suo? Consiglierei al turista di recarsi subito a Keren. Una città che dista 90 chilometri da Asmara ed è su un altopiano di 900 metri. E’ una cittadina mussulmana ricchissima di colori. Le donne sono vestite di abiti variopinti. Il lunedì si tiene sempre il mercato dei cammelli che è una vista bellissima e affascinante. Poi ci sono gli orafi seduti in terra che soffiano il fuoco per fondere l’ oro. Devo confessare che quando vado a Keren mi sembra di essere in una favola delle “Mille e una notte”. E poi? Poi, dopo Keren si può scendere ancora e visitare Akordat che è una città interessante, fino ad arrivare, di villaggio in villaggio, al confine. Se si vuole, partendo da Keren si può visitare anche Nakfa, con un percorso che passa da Afabet. Nakfa è stata la capitale della resistenza eritrea nella guerra di liberazione. Dopo Keren, verso occidente ci sono i fiumi: l’Anseba, il Gash, che nella stagione delle piogge, sulle sponde sono ricchi di verde, di palme, di congestioni di piante bananifere. E la Dancalia? E’ il posto in cui manderei tutti ma si tratta di un viaggio molto particolare. Va organizzato. Non si può andare in Dancalia senza avere il permesso dei dancali, che sono gente molto fiera e non ammettono si entri nel loro territorio senza un permesso. E questo non è l’unico problema. La Dancalia è anche un deserto dove le temperature raggiungono i 40-50 gradi, e dove ci si può avventurare solo con grandi scorte d’acqua. Insomma bisogna essere molto prudenti, ma ne vale la pena: sul pianeta non esistono altre terre come la Dancalia, così piena di rocce di tutti i colori. Delle nove etnie, quale è la più affascinante da incontrare? I Rashaida, arabi arrivati nell’ottocento che abitano in prossimità della Dancalia, molto pittoreschi nei costumi e nei monili. Le donne Rashaida sono bellissime con dei colli sottili e lunghi, sempre ornati di un’abbondanza di collane, anche quando sono povere. Anche gli italiani arrivati in Eritrea, quelli che sono rimasti, si possono annoverare come un’etnia del paese? Decisamente in Eritrea c’è un’impronta italiana. L’impronta del nostro passaggio. Se si va ad Asmara, ma anche nei piccoli villaggi sperduti, si vede il segno del passaggio degli italiani. Camminando per Asmara si legge “Ristorante Milano”, “Ristorante Bologna”, “Bari impero” “cinema odeon”. I vecchi eritrei si fermano volentieri a parlare con gli italiani e parlano benissimo la nostra lingua. C’è un pezzo della nostra storia in questo luogo. Una storia che noi abbiamo rimosso. In conclusione, cosa troverà il turista in Eritrea? Un popolo che ha un grande orgoglio, una grande dignità e un grande senso dell’ospitalità e con cui abbiamo forti legami.

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