Roma – Sarajevo: l’arte della pace
Pistoletto e l’Italia per i 25 anni di Ars Aevi
Nove opere da nove collezioni del Museo Ars Aevi di Sarajevo, Sala del Cenacolo, Montecitorio | Courtesy of Ars Aevi
Francesca Grego
31/07/2017
Compie 25 anni il museo Ars Aevi di Sarajevo, la casa degli artisti del mondo sorta miracolosamente mentre nei territori della ex Jugoslavia infuriava la guerra.
Per dieci giorni una mostra alla Camera dei Deputati ne ha ripercorso le vicende attraverso nove opere, ciascuna rappresentativa di una tappa del processo di formazione della collezione del museo.
Ma al momento della partenza, c’è un lavoro in più da spedire: è l’installazione monumentale Luogo di raccoglimento multiconfessionale e laico, donata da Michelangelo Pistoletto alla città di Sarajevo.
Primo artista ad aderire all’appello del 1992 con La Porta dello Specchio, questa volta Pistoletto ha ideato un grande cubo di specchi e metallo scuro. Da qualunque punto le si osservi, le superfici riflettenti rimandano a una prospettiva infinita. Intorno al cubo si dispongono le sculture che simboleggiano Buddismo, Ebraismo, Cristianesimo, Islam e ateismo.
Una sintesi dell’anima di Sarajevo, da secoli luogo d’incontro di popoli, culture e religioni, che è alla base dello stesso progetto Ars Aevi: un museo aperto agli artisti di tutto il mondo, senza bandiere né appartenenze.
È così che l’ha immaginato per la prima volta il suo fondatore Enver Hadžiomerspahić, la notte in cui bombe piovute dal cielo distrussero il Museo dei Giochi Olimpici dove stava preparando la Biennale di Arte Contemporanea. “Quando non sapevamo nemmeno se il giorno dopo ci saremmo svegliati -racconta Hadžiomerspahić ad Arte.it - pensare di intraprendere un’impresa del genere sembrava una follia. Ma proprio in quel momento ho sentito che reagire era indispensabile”.
Dopo un accorato invito lanciato in apertura della 45° Biennale di Venezia, la mediazione dei direttori di musei e istituzioni artistiche europee, da Milano a Istanbul, da Vienna a Podgorica, includendo Prato, Lubiana, Venezia e Bolognano, ha portato in pochi anni alla costruzione di un corpus di valore tale da superare le aspettative degli stessi organizzatori.
Pistoletto, Marina Abramovic, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Joseph Kosuth, Anish Kapoor sono solo una manciata di grandi nomi per farsi un’idea delle dimensioni raggiunte dal progetto: già nel 2012 il giovane museo poteva contare su nove collezioni, una per ogni ente partecipante, e su 150 opere concepite con grande varietà di linguaggi, stili e approcci artistici.
Tra gli affreschi della Sala del Cenacolo del Complesso di Vicolo Valdina a Montecitorio, per dieci giorni il pubblico italiano ha potuto ammirare una selezione di nove capolavori, ciascuno rappresentativo di una tappa nella creazione del museo e di una delle istituzioni che hanno contribuito alla sua nascita.
Un viaggio nella storia, ma anche il riflesso delle diverse componenti di Ars Aevi: il monocromo di Ettore Spalletti Così com’è accompagna gli autoritratti di Roman Opalka, mentre l’atmosfera sospesa dell’Alba sullo Stromboli di Nan Goldin introduce la serie fotografica Circle and Square di Ilija Šoškić e una delle leggendarie bottiglie di olio d’oliva F.I.U – Difesa della Natura di Joseph Beuys.
"In questo percorso è stato cruciale il contributo dell’Italia, una grande madre per Ars Aevi”, dichiara Hadžiomerspahić, che oggi dirige il museo: “I centri per l’arte contemporanea Spazio Umano di Milano e Luigi Pecci di Prato sono stati i primi in assoluto ad aderire, seguiti di lì a poco dalle fondazioni Querini Stampalia e Bevilacqua la Masa di Venezia.
Non smetteremo mai di ringraziare i direttori artistici di queste istituzioni, tra cui Enrico Comi, Bruno Cora, Chiara Bertola, che hanno scommesso coraggiosamente sul progetto fornendoci un contributo decisivo. E la Biennale ci ha offerto una prestigiosa platea a cui rivolgere il nostro appello.".
"Le istituzioni politiche e diplomatiche italiane - continua il direttore - ci sono vicine con il loro supporto, e la mostra alla Camera dei Deputati ne è la prova.
Un grande architetto come Renzo Piano ci ha regalato i progetti per la sede definitiva di Ars Aevi, ritenendo il museo espressione etica di una volontà collettiva internazionale. E già dal 2002 un ponte pedonale ideato e costruito dall’archistar italiana istituisce relazioni inedite tra il tessuto urbano e il luogo in cui sorgerà il nuovo museo".
Enver Hadžiomerspahić è calmo, misurato, di una gentilezza e di una dignità disarmanti. Ha dalla sua la serenità di chi ha visto un sogno realizzarsi e l’energia positiva di chi vuole andare fino in fondo.
Ars Aevi guarda a nuove sfide: il primo obiettivo è reperire i fondi necessari alla costruzione di una casa definitiva per le sue opere.
"Attendiamo una risposta dalle istituzioni europee entro dicembre – spiega il direttore – e il nostro auspicio è di riuscire a posare la prima pietra nel 2018, nel centenario della fine della Prima Guerra Mondiale e nell’anno in cui il progetto Ars Aevi correrà per il Premio Nobel per la Pace".
Per dieci giorni una mostra alla Camera dei Deputati ne ha ripercorso le vicende attraverso nove opere, ciascuna rappresentativa di una tappa del processo di formazione della collezione del museo.
Ma al momento della partenza, c’è un lavoro in più da spedire: è l’installazione monumentale Luogo di raccoglimento multiconfessionale e laico, donata da Michelangelo Pistoletto alla città di Sarajevo.
Primo artista ad aderire all’appello del 1992 con La Porta dello Specchio, questa volta Pistoletto ha ideato un grande cubo di specchi e metallo scuro. Da qualunque punto le si osservi, le superfici riflettenti rimandano a una prospettiva infinita. Intorno al cubo si dispongono le sculture che simboleggiano Buddismo, Ebraismo, Cristianesimo, Islam e ateismo.
Una sintesi dell’anima di Sarajevo, da secoli luogo d’incontro di popoli, culture e religioni, che è alla base dello stesso progetto Ars Aevi: un museo aperto agli artisti di tutto il mondo, senza bandiere né appartenenze.
È così che l’ha immaginato per la prima volta il suo fondatore Enver Hadžiomerspahić, la notte in cui bombe piovute dal cielo distrussero il Museo dei Giochi Olimpici dove stava preparando la Biennale di Arte Contemporanea. “Quando non sapevamo nemmeno se il giorno dopo ci saremmo svegliati -racconta Hadžiomerspahić ad Arte.it - pensare di intraprendere un’impresa del genere sembrava una follia. Ma proprio in quel momento ho sentito che reagire era indispensabile”.
Dopo un accorato invito lanciato in apertura della 45° Biennale di Venezia, la mediazione dei direttori di musei e istituzioni artistiche europee, da Milano a Istanbul, da Vienna a Podgorica, includendo Prato, Lubiana, Venezia e Bolognano, ha portato in pochi anni alla costruzione di un corpus di valore tale da superare le aspettative degli stessi organizzatori.
Pistoletto, Marina Abramovic, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Joseph Kosuth, Anish Kapoor sono solo una manciata di grandi nomi per farsi un’idea delle dimensioni raggiunte dal progetto: già nel 2012 il giovane museo poteva contare su nove collezioni, una per ogni ente partecipante, e su 150 opere concepite con grande varietà di linguaggi, stili e approcci artistici.
Tra gli affreschi della Sala del Cenacolo del Complesso di Vicolo Valdina a Montecitorio, per dieci giorni il pubblico italiano ha potuto ammirare una selezione di nove capolavori, ciascuno rappresentativo di una tappa nella creazione del museo e di una delle istituzioni che hanno contribuito alla sua nascita.
Un viaggio nella storia, ma anche il riflesso delle diverse componenti di Ars Aevi: il monocromo di Ettore Spalletti Così com’è accompagna gli autoritratti di Roman Opalka, mentre l’atmosfera sospesa dell’Alba sullo Stromboli di Nan Goldin introduce la serie fotografica Circle and Square di Ilija Šoškić e una delle leggendarie bottiglie di olio d’oliva F.I.U – Difesa della Natura di Joseph Beuys.
"In questo percorso è stato cruciale il contributo dell’Italia, una grande madre per Ars Aevi”, dichiara Hadžiomerspahić, che oggi dirige il museo: “I centri per l’arte contemporanea Spazio Umano di Milano e Luigi Pecci di Prato sono stati i primi in assoluto ad aderire, seguiti di lì a poco dalle fondazioni Querini Stampalia e Bevilacqua la Masa di Venezia.
Non smetteremo mai di ringraziare i direttori artistici di queste istituzioni, tra cui Enrico Comi, Bruno Cora, Chiara Bertola, che hanno scommesso coraggiosamente sul progetto fornendoci un contributo decisivo. E la Biennale ci ha offerto una prestigiosa platea a cui rivolgere il nostro appello.".
"Le istituzioni politiche e diplomatiche italiane - continua il direttore - ci sono vicine con il loro supporto, e la mostra alla Camera dei Deputati ne è la prova.
Un grande architetto come Renzo Piano ci ha regalato i progetti per la sede definitiva di Ars Aevi, ritenendo il museo espressione etica di una volontà collettiva internazionale. E già dal 2002 un ponte pedonale ideato e costruito dall’archistar italiana istituisce relazioni inedite tra il tessuto urbano e il luogo in cui sorgerà il nuovo museo".
Enver Hadžiomerspahić è calmo, misurato, di una gentilezza e di una dignità disarmanti. Ha dalla sua la serenità di chi ha visto un sogno realizzarsi e l’energia positiva di chi vuole andare fino in fondo.
Ars Aevi guarda a nuove sfide: il primo obiettivo è reperire i fondi necessari alla costruzione di una casa definitiva per le sue opere.
"Attendiamo una risposta dalle istituzioni europee entro dicembre – spiega il direttore – e il nostro auspicio è di riuscire a posare la prima pietra nel 2018, nel centenario della fine della Prima Guerra Mondiale e nell’anno in cui il progetto Ars Aevi correrà per il Premio Nobel per la Pace".
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