In sala dal 21 al 23 giugno il film “Raffaello. Il giovane prodigio”
Raffaello, protagonista al cinema e regista nell'arte. Intervista a Vincenzo Farinella
Raffaello Sanzio, Trionfo di Galatea | © Foto Scala Firenze
Francesca Grego
20/06/2021
Il momento è arrivato: Raffaello. Il giovane prodigio approda finalmente sul grande schermo in un evento cinematografico atteso da tempo: lunedì 21, martedì 22 e mercoledì 23 giugno il film prodotto da Sky e Nexo Digital per il cinquecentenario dell’Urbinate incontrerà il pubblico nelle sale di tutta Italia, mostrando sotto una nuova luce un gigante dell’arte di sempre. Con la voce narrante di Valeria Golino e le testimonianze di un ricco ventaglio di esperti, viaggeremo nel tempo fino all’infanzia e alla giovinezza di Raffaello, per poi seguirlo nelle vicende di una vita breve ma inondata di luce. Ricostruzioni animate e immagini più reali che mai, girate nei musei dove l’opera dell’artista è conservata, si mescolano nel racconto del regista Massimo Ferrari. A garantire sull’autenticità dei fatti narrati è il professor Vincenzo Farinella, ordinario di storia dell’arte moderna all’Università di Pisa e consulente storico-scientifico del progetto, che abbiamo intervistato per voi.
“A prima vista Raffaello sembra un artista facile: tutti pensano di conoscerlo perché hanno in mente le sue opere principali. Studiandolo invece ci si rende conto che invece è un artista di grandissima complessità”, dice Farinella. “Posso dirmi soddisfatto dell’immagine di Raffaello che viene fuori dal film. In particolare mi è piaciuta la scelta di presentare tante voci diverse, chiamando a dire la propria storici dell’arte con idee che non sempre coincidono. Il risultato è un ritratto variegato e polifonico”.
Raffaello. Il Giovane Prodigio, backstage ® Sky
Quali sono le parti del film che consiglia di guardare con più attenzione? Quali gli aspetti a suo parere più interessanti?
“Ho trovato molto divertenti le animazioni, le parti meno prevedibili in un film documentario di questo tipo: offrono un approccio fresco e originale e permettono anche a un pubblico meno esperto di avvicinarsi con facilità all’argomento. Poi come le dicevo ho apprezzato molto la varietà dei punti di vista presentati. Le faccio un esempio: il caso della Fornarina, centrale in questo film che in buona parte è dedicato al rapporto di Raffaello con l’universo femminile. Per molto tempo si è pensato che la donna ritratta nel famosissimo dipinto di Palazzo Barberini fosse da identificare con l’amante di Raffaello nei suoi anni romani, citata dalle fonti senza mai farne il nome. Si dice che questa donna abbia assistito il pittore nei suoi ultimi giorni e che Raffaello avrebbe addirittura chiesto ai suoi collaboratori di prendersi cura di lei negli anni a venire. In realtà è una figura piuttosto misteriosa: alcuni studiosi ritengono che si tratti di un mito inventato di sana pianta. Nel Settecento una stampa che riproduceva il dipinto di Palazzo Barberini fu per la prima volta etichettata con il nome di Fornarina. Da lì in poi gli studiosi hanno setacciato gli archivi alla ricerca della figlia di un fornaio romano che avesse un profilo biografico compatibile. L’hanno trovato in una certa Margherita Luti di Trastevere e hanno costruito intorno a lei un personaggio. In realtà non sappiamo né se la donna del dipinto fosse l’amante di Raffaello, né se questa donna fosse la figlia di un fornaio. Nel film la presenza di studiosi con idee diverse evidenzia che la storia non si fa con affermazioni assolute, almeno fino a quando non ci sono certezze”.
Raffaello e le donne, dunque…
“È un tema affascinante, ma anche molto sfuggente. Le donne hanno avuto un’importanza fortissima per Raffaello: lo hanno accompagnato, aiutato, favorito. Lui aveva una grande passione per l’universo femminile, lo si evince dai ritratti che ha dipinto e lo riferisce anche Giorgio Vasari. In concreto però sappiamo molto poco. Oltre al caso della Fornarina, c’è quello di Maria Bibbiena, la fidanzata ufficiale dell’artista. Vasari racconta che il cardinal Bibbiena, suo amico e committente, gli impose in qualche modo di sposare la propria nipote. Marietta o Mariuccia Bibbiena morì poche settimane prima di Raffaello e fu sepolta accanto a lui nel Pantheon. Anche questa è una figura molto enigmatica, un’altra ombra a cui non riusciamo a dare un volto. Vasari sostiene che sia suo il viso della Velata, il famoso ritratto femminile conservato a Palazzo Pitti, ma lo scrive solo nel 1550, quando Raffaello è già morto da trent’anni, quindi non possiamo fidarci completamente”.
Raffaello Sanzio, Dama con Liocorno | © 2020 Foto Scala Firenze | Su concessione MiBACT
Quali frutti ha portato nell’arte l’attrazione di Raffaello per il mondo femminile?
“Pur non essendo un letterato, dietro alcuni disegni realizzati intorno al 1509-1510, quando stava dipingendo la Stanza della Segnatura, Raffaello ha lasciato dei sonetti di stile petrarchesco in cui confessa le sue pene d’amore. Ma naturalmente i frutti migliori della sua passione per le donne sono i dipinti e in primis i ritratti: la Dama col liocorno della Galleria Borghese, la Velata, il Ritratto di Maddalena Strozzi esposto agli Uffizi insieme a quello del marito Agnolo Doni… Lo stesso interesse si esprime anche nei soggetti mitologici. Sono abbastanza convinto infatti che la cosiddetta Fornarina sia proprio un quadro mitologico: l’immagine di una Venere, il cui volto allude probabilmente a una donna realmente esistita. La modella del dipinto potrebbe essere stata una cortigiana, visto l’interesse di cui le cortigiane godevano nella Roma del Rinascimento presso gli intellettuali, i poeti e perfino presso i pontefici. Facendosi ritrarre nei panni di Venere, la protagonista del quadro avrebbe sottolineato le proprie doti di bellezza, erotismo e seduzione. Naturalmente è solo un’ipotesi: se sapessimo già tutto sarebbe inutile continuare a studiare Raffaello e a dedicargli lavori come questo film”.
Dopo tutto quello che è stato detto e scritto su Raffaello, a suo parere ci sono ancora aspetti della sua arte che meritano di essere approfonditi?
“Sono moltissimi gli aspetti ancora da approfondire. Anche se ci sono intere biblioteche dedicate a loro, i grandi artisti del Rinascimento sono talmente complessi, multiformi, originali e moderni che offrono sempre nuovi spunti da affrontare. Tra luglio e a settembre parteciperò a due convegni su Raffaello, uno a Napoli e uno in Vaticano, e in entrambe le occasioni cercherò di presentare degli argomenti nuovi.
Proprio in questi giorni sto leggendo cose molto interessanti sulla famosa lettera a Leone X scritta da Raffaello insieme a Baldassar Castiglione. Raffaello è stato un grande protagonista nella storia della protezione e del recupero delle antichità di Roma. Era affascinato dalle testimonianze del passato che vedeva passeggiando per le strade, un mondo in dissoluzione ormai da secoli, dove marmi, rilievi e iscrizioni antiche venivano quotidianamente trasformati in calce e usati per costruire nuovi edifici. Di fronte a questo scenario che tutti compiangevano ma nessuno ostacolava realmente, Raffaello decise di scrivere al papa per stimolarlo ad agire. Raffaello voleva che il mondo antico così come si presentava a Roma venisse conservato, studiato e idealmente ricostruito. Aveva una visione molto moderna, simile alla nostra. Ho appena scritto un libro che dovrebbe uscire nei prossimi mesi con il titolo di Raffaello, pittore archeologo: riguarda l’interesse che l’artista ha dimostrato nei confronti dell’antichità classica per tutta la sua vita e in tutte le sue opere. In questo discorso la lettera a Leone X ha un’importanza fondamentale. È un po’ complicata perché non è facile distinguere le idee di Raffaello e quelle di Castiglione, due amici che lavoravano simbioticamente uno accanto all’altro, ma ci sta portando verso novità interessanti”.
Raffaello Sanzio, Ritratto di Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, 1912, olio su tavola. Galleria Palatina, Galleria egli Uffizi ed Appartamenti Reali. Inv. 40, Palatina. Il dipinto dopo il restauro
In soli 37 anni di vita Raffaello ha prodotto un numero impressionante di capolavori e un’eredità eterna. Come è stato possibile?
“Raffaello è stato molto precoce. Prima ancora di avere 18 anni era già un magister, un maestro che realizzava e firmava opere importanti. Nei suoi vent’anni di attività ha prodotto moltissimo in prima persona, ma ha anche guidato con capacità imprenditoriali non comuni una bottega enorme, con tanti allievi e collaboratori adulti che lo aiutavano nella realizzazione delle numerose commissioni. Tra il 1510 e il 1520 il catalogo di Raffaello è gigantesco, proprio perché lui riusciva a gestire al meglio tutte queste persone affidando a ciascuno il compito giusto. Esattamente come fa un regista cinematografico, che dirige decine o centinaia di attori, fotografi, addetti alle riprese, alle luci, alle scenografie. Alla fine il film è di Visconti, di Fellini, di Scorsese, anche se sappiamo che ci hanno lavorato in molti. Molte opere sono di Raffaello nell’invenzione, ma sono state eseguite da decine di artisti sotto la sua supervisione. In questo Raffaello è l'opposto di Michelangelo. Michelangelo non sopportava di condividere il proprio lavoro con altri, era un solitario, un melanconico; la maggior parte delle sue opere sono state eseguite in solitudine spesso drammatica, basti pensare alla Cappella Sistina. Raffaello era un artista socievole, in ottimi rapporti non solo con i committenti ma anche con i collaboratori e con altri artisti della sua epoca”.
La fortuna di Raffaello non è stata costante. Tuttora, rispetto ad altri grandi come Leonardo, Michelangelo o Caravaggio, il maestro urbinate ha un’immagine meno riconoscibile presso il grande pubblico. Come mai?
“Il motivo per cui Raffaello ha avuto nel Novecento meno fortuna dei suoi grandi contemporanei è lo stesso per cui è stato estremamente apprezzato nei secoli precedenti. L’arte di Raffaello è armonica e serena, incarna gli ideali di bellezza e di simmetria tipici del Rinascimento: il contrario di quello che il Novecento chiedeva agli artisti. Raffaello non è un artista drammatico come Michelangelo, non è un artista di fronda, non è un artista omicida, in fuga, che muore tragicamente come Caravaggio, le cui opere vengono osteggiate e rifiutate. Lui andava d’accordo con tutti, aveva una bottega di trenta-quaranta collaboratori e riusciva a ottenere il meglio da ognuno. Non litigava mai con i committenti, neanche con i più difficili come papa Giulio II, i cui litigi con Michelangelo hanno fatto storia".
Raffaello Sanzio, Tre Grazie | © Her Majesty Queen Elizabeth II 2020 Bridgeman Images
"Fino a metà dell’Ottocento Raffaello è stato considerato unanimemente il più grande pittore che fosse mai esistito, un artista perfetto, quasi divino", continua il professor Farinella: "Il fatto stesso di essere morto giovane, senza andare incontro alla decadenza della vecchiaia, gli ha donato una sorta di aura mitica. Poi gli artisti hanno deciso di contestare gli insegnamenti dell’accademia e di liberarsi dei vincoli della tradizione. E anche Raffaello è finito sul banco degli imputati.
Negli ultimi decenni c’è stata un’inversione di tendenza: oggi tutto ciò che riguarda Raffaello ha una grandissima presa anche dal punto di vista mediatico. Nonostante le difficoltà di un anno drammatico come il 2020, la mostra alle Scuderie del Quirinale ha riscosso un successo di pubblico clamoroso. Negli ultimi giorni è stata aperta 24 ore su 24, c’era il pienone anche a notte fonda. La fortuna e la sfortuna degli artisti, anche dei più grandi, variano molto con il tempo. Ci sono artisti che sono stati molto apprezzati in vita e poi dimenticati, altri che invece erano considerati secondari e che oggi sono ritenuti grandissimi, perché il gusto muta continuamente. Probabilmente è una fortuna, perché in questo modo possiamo guardare al passato con occhi sempre diversi”.
Qual è il messaggio di Raffaello per gli spettatori contemporanei?
“Credo che per il pubblico contemporaneo Raffaello rappresenti l’ideale di artista del Rinascimento. Le sue opere sono dei classici, secondo il concetto di classico che usava Italo Calvino: sono modelli per chiunque deciderà di fare arte in futuro, basti pensare alla Scuola di Atene, entrata per sempre nella memoria collettiva. La perfezione di Raffaello può apparire poco attuale, ma è importante sottolineare che parliamo di un artista per nulla prevedibile. Raffaello vive in una condizione di costante cambiamento, non è mai uguale a se stesso. Si confronta continuamente con opere nuove, artisti diversi, stimoli inediti, rendendo il proprio linguaggio sempre più ricco e polifonico. La sua grandezza è proprio questa: ogni singola opera sembra perfetta - e lo è - ma se le mettiamo tutte in fila ci rendiamo conto dell’evoluzione. Gli ultimi dipinti sono diversissimi da quelli di dieci anni prima, che a loro volta si discostano dalle opere della giovinezza. Solo pochi grandi artisti sono stati capaci di rinnovarsi così profondamente e oggi li apprezziamo ancora di più perché il mercato contemporaneo incoraggia la ripetitività”.
Animazione grafica Roma, Storia della Fornarina, Raffaello Il Giovane Prodigio | Courtesy Nexo Digital
Con Raffaello. Il giovane prodigio torna la rassegna La Grande Arte al Cinema, un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital distribuito in esclusiva per l’Italia con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it, ARTE.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.
Leggi anche:
• Raffaello. Il giovane prodigio - La nostra recensione
• La Grande Arte al Cinema riparte da "Raffaello. Il giovane prodigio"
• FOTO - Raffaello. Il giovane prodigio
“A prima vista Raffaello sembra un artista facile: tutti pensano di conoscerlo perché hanno in mente le sue opere principali. Studiandolo invece ci si rende conto che invece è un artista di grandissima complessità”, dice Farinella. “Posso dirmi soddisfatto dell’immagine di Raffaello che viene fuori dal film. In particolare mi è piaciuta la scelta di presentare tante voci diverse, chiamando a dire la propria storici dell’arte con idee che non sempre coincidono. Il risultato è un ritratto variegato e polifonico”.
Raffaello. Il Giovane Prodigio, backstage ® Sky
Quali sono le parti del film che consiglia di guardare con più attenzione? Quali gli aspetti a suo parere più interessanti?
“Ho trovato molto divertenti le animazioni, le parti meno prevedibili in un film documentario di questo tipo: offrono un approccio fresco e originale e permettono anche a un pubblico meno esperto di avvicinarsi con facilità all’argomento. Poi come le dicevo ho apprezzato molto la varietà dei punti di vista presentati. Le faccio un esempio: il caso della Fornarina, centrale in questo film che in buona parte è dedicato al rapporto di Raffaello con l’universo femminile. Per molto tempo si è pensato che la donna ritratta nel famosissimo dipinto di Palazzo Barberini fosse da identificare con l’amante di Raffaello nei suoi anni romani, citata dalle fonti senza mai farne il nome. Si dice che questa donna abbia assistito il pittore nei suoi ultimi giorni e che Raffaello avrebbe addirittura chiesto ai suoi collaboratori di prendersi cura di lei negli anni a venire. In realtà è una figura piuttosto misteriosa: alcuni studiosi ritengono che si tratti di un mito inventato di sana pianta. Nel Settecento una stampa che riproduceva il dipinto di Palazzo Barberini fu per la prima volta etichettata con il nome di Fornarina. Da lì in poi gli studiosi hanno setacciato gli archivi alla ricerca della figlia di un fornaio romano che avesse un profilo biografico compatibile. L’hanno trovato in una certa Margherita Luti di Trastevere e hanno costruito intorno a lei un personaggio. In realtà non sappiamo né se la donna del dipinto fosse l’amante di Raffaello, né se questa donna fosse la figlia di un fornaio. Nel film la presenza di studiosi con idee diverse evidenzia che la storia non si fa con affermazioni assolute, almeno fino a quando non ci sono certezze”.
Raffaello e le donne, dunque…
“È un tema affascinante, ma anche molto sfuggente. Le donne hanno avuto un’importanza fortissima per Raffaello: lo hanno accompagnato, aiutato, favorito. Lui aveva una grande passione per l’universo femminile, lo si evince dai ritratti che ha dipinto e lo riferisce anche Giorgio Vasari. In concreto però sappiamo molto poco. Oltre al caso della Fornarina, c’è quello di Maria Bibbiena, la fidanzata ufficiale dell’artista. Vasari racconta che il cardinal Bibbiena, suo amico e committente, gli impose in qualche modo di sposare la propria nipote. Marietta o Mariuccia Bibbiena morì poche settimane prima di Raffaello e fu sepolta accanto a lui nel Pantheon. Anche questa è una figura molto enigmatica, un’altra ombra a cui non riusciamo a dare un volto. Vasari sostiene che sia suo il viso della Velata, il famoso ritratto femminile conservato a Palazzo Pitti, ma lo scrive solo nel 1550, quando Raffaello è già morto da trent’anni, quindi non possiamo fidarci completamente”.
Raffaello Sanzio, Dama con Liocorno | © 2020 Foto Scala Firenze | Su concessione MiBACT
Quali frutti ha portato nell’arte l’attrazione di Raffaello per il mondo femminile?
“Pur non essendo un letterato, dietro alcuni disegni realizzati intorno al 1509-1510, quando stava dipingendo la Stanza della Segnatura, Raffaello ha lasciato dei sonetti di stile petrarchesco in cui confessa le sue pene d’amore. Ma naturalmente i frutti migliori della sua passione per le donne sono i dipinti e in primis i ritratti: la Dama col liocorno della Galleria Borghese, la Velata, il Ritratto di Maddalena Strozzi esposto agli Uffizi insieme a quello del marito Agnolo Doni… Lo stesso interesse si esprime anche nei soggetti mitologici. Sono abbastanza convinto infatti che la cosiddetta Fornarina sia proprio un quadro mitologico: l’immagine di una Venere, il cui volto allude probabilmente a una donna realmente esistita. La modella del dipinto potrebbe essere stata una cortigiana, visto l’interesse di cui le cortigiane godevano nella Roma del Rinascimento presso gli intellettuali, i poeti e perfino presso i pontefici. Facendosi ritrarre nei panni di Venere, la protagonista del quadro avrebbe sottolineato le proprie doti di bellezza, erotismo e seduzione. Naturalmente è solo un’ipotesi: se sapessimo già tutto sarebbe inutile continuare a studiare Raffaello e a dedicargli lavori come questo film”.
Dopo tutto quello che è stato detto e scritto su Raffaello, a suo parere ci sono ancora aspetti della sua arte che meritano di essere approfonditi?
“Sono moltissimi gli aspetti ancora da approfondire. Anche se ci sono intere biblioteche dedicate a loro, i grandi artisti del Rinascimento sono talmente complessi, multiformi, originali e moderni che offrono sempre nuovi spunti da affrontare. Tra luglio e a settembre parteciperò a due convegni su Raffaello, uno a Napoli e uno in Vaticano, e in entrambe le occasioni cercherò di presentare degli argomenti nuovi.
Proprio in questi giorni sto leggendo cose molto interessanti sulla famosa lettera a Leone X scritta da Raffaello insieme a Baldassar Castiglione. Raffaello è stato un grande protagonista nella storia della protezione e del recupero delle antichità di Roma. Era affascinato dalle testimonianze del passato che vedeva passeggiando per le strade, un mondo in dissoluzione ormai da secoli, dove marmi, rilievi e iscrizioni antiche venivano quotidianamente trasformati in calce e usati per costruire nuovi edifici. Di fronte a questo scenario che tutti compiangevano ma nessuno ostacolava realmente, Raffaello decise di scrivere al papa per stimolarlo ad agire. Raffaello voleva che il mondo antico così come si presentava a Roma venisse conservato, studiato e idealmente ricostruito. Aveva una visione molto moderna, simile alla nostra. Ho appena scritto un libro che dovrebbe uscire nei prossimi mesi con il titolo di Raffaello, pittore archeologo: riguarda l’interesse che l’artista ha dimostrato nei confronti dell’antichità classica per tutta la sua vita e in tutte le sue opere. In questo discorso la lettera a Leone X ha un’importanza fondamentale. È un po’ complicata perché non è facile distinguere le idee di Raffaello e quelle di Castiglione, due amici che lavoravano simbioticamente uno accanto all’altro, ma ci sta portando verso novità interessanti”.
Raffaello Sanzio, Ritratto di Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, 1912, olio su tavola. Galleria Palatina, Galleria egli Uffizi ed Appartamenti Reali. Inv. 40, Palatina. Il dipinto dopo il restauro
In soli 37 anni di vita Raffaello ha prodotto un numero impressionante di capolavori e un’eredità eterna. Come è stato possibile?
“Raffaello è stato molto precoce. Prima ancora di avere 18 anni era già un magister, un maestro che realizzava e firmava opere importanti. Nei suoi vent’anni di attività ha prodotto moltissimo in prima persona, ma ha anche guidato con capacità imprenditoriali non comuni una bottega enorme, con tanti allievi e collaboratori adulti che lo aiutavano nella realizzazione delle numerose commissioni. Tra il 1510 e il 1520 il catalogo di Raffaello è gigantesco, proprio perché lui riusciva a gestire al meglio tutte queste persone affidando a ciascuno il compito giusto. Esattamente come fa un regista cinematografico, che dirige decine o centinaia di attori, fotografi, addetti alle riprese, alle luci, alle scenografie. Alla fine il film è di Visconti, di Fellini, di Scorsese, anche se sappiamo che ci hanno lavorato in molti. Molte opere sono di Raffaello nell’invenzione, ma sono state eseguite da decine di artisti sotto la sua supervisione. In questo Raffaello è l'opposto di Michelangelo. Michelangelo non sopportava di condividere il proprio lavoro con altri, era un solitario, un melanconico; la maggior parte delle sue opere sono state eseguite in solitudine spesso drammatica, basti pensare alla Cappella Sistina. Raffaello era un artista socievole, in ottimi rapporti non solo con i committenti ma anche con i collaboratori e con altri artisti della sua epoca”.
La fortuna di Raffaello non è stata costante. Tuttora, rispetto ad altri grandi come Leonardo, Michelangelo o Caravaggio, il maestro urbinate ha un’immagine meno riconoscibile presso il grande pubblico. Come mai?
“Il motivo per cui Raffaello ha avuto nel Novecento meno fortuna dei suoi grandi contemporanei è lo stesso per cui è stato estremamente apprezzato nei secoli precedenti. L’arte di Raffaello è armonica e serena, incarna gli ideali di bellezza e di simmetria tipici del Rinascimento: il contrario di quello che il Novecento chiedeva agli artisti. Raffaello non è un artista drammatico come Michelangelo, non è un artista di fronda, non è un artista omicida, in fuga, che muore tragicamente come Caravaggio, le cui opere vengono osteggiate e rifiutate. Lui andava d’accordo con tutti, aveva una bottega di trenta-quaranta collaboratori e riusciva a ottenere il meglio da ognuno. Non litigava mai con i committenti, neanche con i più difficili come papa Giulio II, i cui litigi con Michelangelo hanno fatto storia".
Raffaello Sanzio, Tre Grazie | © Her Majesty Queen Elizabeth II 2020 Bridgeman Images
"Fino a metà dell’Ottocento Raffaello è stato considerato unanimemente il più grande pittore che fosse mai esistito, un artista perfetto, quasi divino", continua il professor Farinella: "Il fatto stesso di essere morto giovane, senza andare incontro alla decadenza della vecchiaia, gli ha donato una sorta di aura mitica. Poi gli artisti hanno deciso di contestare gli insegnamenti dell’accademia e di liberarsi dei vincoli della tradizione. E anche Raffaello è finito sul banco degli imputati.
Negli ultimi decenni c’è stata un’inversione di tendenza: oggi tutto ciò che riguarda Raffaello ha una grandissima presa anche dal punto di vista mediatico. Nonostante le difficoltà di un anno drammatico come il 2020, la mostra alle Scuderie del Quirinale ha riscosso un successo di pubblico clamoroso. Negli ultimi giorni è stata aperta 24 ore su 24, c’era il pienone anche a notte fonda. La fortuna e la sfortuna degli artisti, anche dei più grandi, variano molto con il tempo. Ci sono artisti che sono stati molto apprezzati in vita e poi dimenticati, altri che invece erano considerati secondari e che oggi sono ritenuti grandissimi, perché il gusto muta continuamente. Probabilmente è una fortuna, perché in questo modo possiamo guardare al passato con occhi sempre diversi”.
Qual è il messaggio di Raffaello per gli spettatori contemporanei?
“Credo che per il pubblico contemporaneo Raffaello rappresenti l’ideale di artista del Rinascimento. Le sue opere sono dei classici, secondo il concetto di classico che usava Italo Calvino: sono modelli per chiunque deciderà di fare arte in futuro, basti pensare alla Scuola di Atene, entrata per sempre nella memoria collettiva. La perfezione di Raffaello può apparire poco attuale, ma è importante sottolineare che parliamo di un artista per nulla prevedibile. Raffaello vive in una condizione di costante cambiamento, non è mai uguale a se stesso. Si confronta continuamente con opere nuove, artisti diversi, stimoli inediti, rendendo il proprio linguaggio sempre più ricco e polifonico. La sua grandezza è proprio questa: ogni singola opera sembra perfetta - e lo è - ma se le mettiamo tutte in fila ci rendiamo conto dell’evoluzione. Gli ultimi dipinti sono diversissimi da quelli di dieci anni prima, che a loro volta si discostano dalle opere della giovinezza. Solo pochi grandi artisti sono stati capaci di rinnovarsi così profondamente e oggi li apprezziamo ancora di più perché il mercato contemporaneo incoraggia la ripetitività”.
Animazione grafica Roma, Storia della Fornarina, Raffaello Il Giovane Prodigio | Courtesy Nexo Digital
Con Raffaello. Il giovane prodigio torna la rassegna La Grande Arte al Cinema, un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital distribuito in esclusiva per l’Italia con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it, ARTE.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.
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