25 Aprile, San Marco la festa di Venezia: un viaggio onirico
Sognando Venezia con Canaletto, Guardi, Bellotto, Tintoretto
Canaletto, Il Bucintoro al molo nel giorno dell'Ascensione, 1730, Olio su tela, 151 x 120.5 cm, Torino, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
Samantha De Martin
23/03/2020
Venezia - Un brusio allegro, quasi familiare si espande dalle gondole che solleticano le acque cristalline della laguna, mentre lo sguardo si perde nell’intreccio di remi e di rotte che le barche tracciano pronte a seguire il sontuoso corteo con il Doge in testa.
Alcune figure in bauta - la maschera veneziana per antonomasia - trasmettono in chi osserva un senso di allegria.
Se c’è un miracolo che l’arte può compiere con la suggestione senza tempo dei suoi capolavori, è la capacità di far viaggiare, seppure con la mente, chiunque li osservi, pur restando a casa. Ed è per questo che, in tempi duri, in cui l’isolamento e il distanziamento sociale, necessari per arginare l’emergenza sanitaria da Covid-19, mal si coniugano con una primavera che avanza invitando alla scoperta, proviamo a tessere, grazie all’arte, un piccolo viaggio onirico in quella Venezia che per Monet “era troppo bella per essere dipinta”, ma tra i cui canali trovarono terreno fertile le magiche vedute di artisti come Canaletto, Guardi, Bellotto.
Allora basta chiudere gli occhi per ritrovarsi tra calli e sestieri di quella che Lord Byron considerava un capolavoro che emerge dall'acqua "come al tocco della bacchetta di un mago".
1 • Il Bucintoro al Molo il Giorno dell’Ascensione: nella Venezia di Canaletto in occasione di una festa speciale Navigando (con la mente) sullo specchio d’acqua antistante Palazzo Ducale, Piazza San Marco, la Biblioteca Marciana il primo pensiero va ad una delle opere più rappresentative della città che diede i suoi natali a Canaletto, caposcuola dei vedutisti veneti del Settecento.
Se circa quattro secoli fa avessimo dovuto scegliere quando visitare Venezia, avremmo sicuramente optato per il giorno in cui ricorreva la Festa dell’Ascensione, una delle celebrazioni più significative per la città. Ed eccola, impressa sulla tela, come una fotografia, questa festività solenne durante la quale il Doge sul suo Bucintoro - una barca dal fondo piatto e riccamente decorata - raggiunge la laguna per celebrare lo Sposalizio di Venezia con il Mare.
In questo giorno si ricordano due eventi: la giurisdizione marittima veneziana (da cui Ascensione) e il successo diplomatico di Venezia che ricevette il dominio sull'Adriatico per aver propiziato la riconciliazione fra il Papa Alessandro III e l'Imperatore Federico Barbarossa (1177).
Da questo avvenimento sarebbe nata, secondo la leggenda, la cerimonia in cui il Doge raggiunge il Lido con il Bucintoro.
Nel dipinto di Canaletto - commissionato dal Conte Giuseppe Bolagnos - il Bucintoro, ancora attraccato di fronte a Palazzo Ducale, brilla al sole, ricoperto di stoffa rossa con la bandiera di San Marco. Su questa tela, oggi conservata a Torino, nella sale della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, scorgiamo, in primo piano, le gondole che scivolano sulle acque limpide della laguna, con a bordo figure i cui abiti sono come cuciti dal pittore con estrema dovizia di particolari. Tra colori brillanti, tonfi di remi nell’acqua e voci gioiose l’occhio si perde e si confonde.
Francesco Guardi, Veduta di San Giorgio Maggiore, 1760 circa, Olio su tela
2 • Con Francesco Guardi verso la Basilica di San Giorgio Maggiore
Lasciamo il trambusto, estremamente realistico, dell’Ascensione per immergerci nella Venezia evanescente e, a tratti surreale, del veneziano Francesco Guardi, artista che alla produzione di figure alterna quella di vedute e capricci popolati da profili zigzaganti e da un tono sentimentale teso e introspettivo.
Raggiungiamo prima il sestiere di Cannaregio, che ospita la casa nella quale il pittore si spense il 1° gennaio 1793.
"Comincia a dipingere vedute verso il 1750, quando il Canaletto è a Londra: prima capricci alla Marco Ricci, poi riprese dirette di Venezia, ora centrate su un sito pittoresco, un andito, un arco, un ponte, una vecchia casa in laguna. Ama i muri cadenti, pieni di rampicanti e di muffe; potrebbe dirsi un pittore di rovine moderne. Il suo paesaggio è un’esperienza individuale legata allo stato d'animo. È il preludio al paesaggio romantico" scriveva Argan.
Raggiungiamo la Chiesa di San Giorgio Maggiore per immergerci nel paesaggio crepuscolare in cui gruppi di barcaioli e gondolieri si affannano ai remi per spingere le loro imbarcazioni verso la banchina della Piazzetta.
Un cielo azzurro, attraversato da nuvole rosate, accoglie la mole della Chiesa e del Convento di San Giorgio Maggiore, mentre, sulla destra, lo sguardo raggiunge l’estremità orientale della Giudecca con la Chiesa di Santa Maria della Presentazione e il Giardino delle Zitelle.
Realizzata intorno al 1760, la Veduta di San Giorgio Maggiore, fa parte di una serie di composizioni molto simili fra loro, dipinte da Guardi nella sua fase matura, a partire dal 1770, quando l’artista abbraccia il genere della veduta. Guardi sceglie la sponda meno conosciuta del Bacino di San Marco per rendere omaggio al Palladio. Proprio sulla sponda della Giudecca, l’architetto vicentino aveva lasciato la sua maggiore impronta in città. Tra il 1560 e il 1577 aveva consegnato i progetti per il refettorio del monastero e per la grande Basilica di San Giorgio Maggiore, e, qualche anno più tardi, per la Basilica del Santissimo Redentore.
Bernardo Bellotto, La Piazza San Marco, Venezia, 1742-43, Olio su tela, 136.2 x 232.5 cm, The Cleveland Museum of Art, Leonard C. Hanna, Jr. Fund (1962.169) | © The Cleveland Museum of Art
3 • A Piazza San Marco con Bellotto
Raggiungiamo adesso Piazza San Marco. I nostri passi incrociano le pennellate nervose e sensuali di Berbardo Bellotto, nipote di Canaletto. Sembra quasi di vederli i monumenti di questo scrigno d’arte prendere forma e colore dietro la pittura stesa di getto da questo pittore che viaggiò molto lavorando per le corti di Dresda, Vienna, Varsavia, Monaco, luoghi di cui lasciò traccia indelebile nelle sue tele.
Eccoci in una Piazza San Marco avvolta in una nuvola di luce sotto un cielo che si spalanca in un arcobaleno di sfumature celesti. Il Campanile di San Marco sembra dividere la tela a metà. A sinistra spicca la Basilica, sulla destra l’edificio delle Procuratie Nuove.
Sembra di sentire le parole di Goethe che, la sera del 30 settembre 1786, trovandosi in visita a Venezia, salì sul campanile per scorgere il panorama della laguna e vide per la prima volta il mare: "Salii sul campanile di San Marco, dal quale lo sguardo abbraccia uno spettacolo unico. Era circa mezzogiorno e il sole splendeva luminoso, tanto che non ebbi bisogno del cannocchiale per distinguere esattamente cose vicine e lontane. La marea copriva la laguna, e quando mi volsi a guardare il cosiddetto Lido [...] vidi per la prima volta il mare e su di esso alcune vele".
Immergendoci nel ritratto di Bellotto - realizzato tra il 1742 e il 1743 e conservato al Cleveland Museum of Art - ci sembra di condividere con le figure assorte in un amabile chiacchiericcio e con le donne dalle lunghe gonne colorate, un momento di languida vita veneziana.
Tintoretto, Assunzione della Vergine, 1555, Olio su tela, 260 x 440 cm, Venezia, Chiesa di Santa Maria Assunta
4 • L'Assunzione di Tintoretto nella Chiesa dei Gesuiti
Non possiamo lasciare Venezia senza fare un salto indietro nei secoli, dal XVIII al XVI, con una piccola passeggiata alla scoperta del pittore che, come scriveva Jean Paul Sartre guardando alla storia di Tintoretto, “è Venezia anche se non dipinge Venezia".
I luoghi in cui dirigerci, da Palazzo Ducale alla Scuola Grande di San Rocco, potrebbero essere tantissimi, visto che l’intera città è la scenografia ammaliante del sapiente regista che affidò al pennello il compito di portare in scena la gestualità di mercati e osterie.
Fermiamoci al 3399 di Fondamenta dei Mori in Cannaregio, dove una lapide, sulla facciata di un edificio gotico, ammonisce il viaggiatore: “Non ignorare, viandante, l’antica casa di Jacopo Robusti detti il Tintoretto. Di qui per ogni dove si diffusero innumerevoli dipinti, mirabili pubblicamente e privatamente, magistralmente realizzati con fine ingegno dal suo pennello”.
La casa, di proprietà privata, non è visitabile. Proseguiamo verso la Chiesa di Santa Maria Assunta detta dei Gesuiti, per ammirare l’Assunzione della Vergine.
Realizzata intorno al 1555, la tela rappresenta l'Assunzione di Maria. L’opera è legata ad una vicenda curiosa, incentrata su una delle tante opere di persuasione fatta dal pittore per assicurarsi l'esecuzione della pala. I padri della Chiesa dei Crociferi avrebbero voluto affidarne la realizzazione a Paolo Veronese, ma il “terribile” Tintoretto assicurò ai religiosi "che l'havrebbe fatta su lo stile medesimo di Paolo, si che ogn'uno l'havrebbe creduta di sua mano, che ne ottenne lo impegno". In effetti, l’opera, concepita inizialmente per l'altare della cappella maggiore della distrutta Chiesa dei Crociferi, presenta evidenti richiami allo stile del Caliari. Eppure la concitata trama gestuale degli apostoli, la Vergine "risucchiata" in alto da un vortice di nubi addensate e una miriade di angeli e angioletti, fra i riflessi accesi delle luci e il panneggio sinuoso delle vesti, sono inequivocabili segni della mano del suo geniale artista.
Alcune figure in bauta - la maschera veneziana per antonomasia - trasmettono in chi osserva un senso di allegria.
Se c’è un miracolo che l’arte può compiere con la suggestione senza tempo dei suoi capolavori, è la capacità di far viaggiare, seppure con la mente, chiunque li osservi, pur restando a casa. Ed è per questo che, in tempi duri, in cui l’isolamento e il distanziamento sociale, necessari per arginare l’emergenza sanitaria da Covid-19, mal si coniugano con una primavera che avanza invitando alla scoperta, proviamo a tessere, grazie all’arte, un piccolo viaggio onirico in quella Venezia che per Monet “era troppo bella per essere dipinta”, ma tra i cui canali trovarono terreno fertile le magiche vedute di artisti come Canaletto, Guardi, Bellotto.
Allora basta chiudere gli occhi per ritrovarsi tra calli e sestieri di quella che Lord Byron considerava un capolavoro che emerge dall'acqua "come al tocco della bacchetta di un mago".
1 • Il Bucintoro al Molo il Giorno dell’Ascensione: nella Venezia di Canaletto in occasione di una festa speciale Navigando (con la mente) sullo specchio d’acqua antistante Palazzo Ducale, Piazza San Marco, la Biblioteca Marciana il primo pensiero va ad una delle opere più rappresentative della città che diede i suoi natali a Canaletto, caposcuola dei vedutisti veneti del Settecento.
Se circa quattro secoli fa avessimo dovuto scegliere quando visitare Venezia, avremmo sicuramente optato per il giorno in cui ricorreva la Festa dell’Ascensione, una delle celebrazioni più significative per la città. Ed eccola, impressa sulla tela, come una fotografia, questa festività solenne durante la quale il Doge sul suo Bucintoro - una barca dal fondo piatto e riccamente decorata - raggiunge la laguna per celebrare lo Sposalizio di Venezia con il Mare.
In questo giorno si ricordano due eventi: la giurisdizione marittima veneziana (da cui Ascensione) e il successo diplomatico di Venezia che ricevette il dominio sull'Adriatico per aver propiziato la riconciliazione fra il Papa Alessandro III e l'Imperatore Federico Barbarossa (1177).
Da questo avvenimento sarebbe nata, secondo la leggenda, la cerimonia in cui il Doge raggiunge il Lido con il Bucintoro.
Nel dipinto di Canaletto - commissionato dal Conte Giuseppe Bolagnos - il Bucintoro, ancora attraccato di fronte a Palazzo Ducale, brilla al sole, ricoperto di stoffa rossa con la bandiera di San Marco. Su questa tela, oggi conservata a Torino, nella sale della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, scorgiamo, in primo piano, le gondole che scivolano sulle acque limpide della laguna, con a bordo figure i cui abiti sono come cuciti dal pittore con estrema dovizia di particolari. Tra colori brillanti, tonfi di remi nell’acqua e voci gioiose l’occhio si perde e si confonde.
Francesco Guardi, Veduta di San Giorgio Maggiore, 1760 circa, Olio su tela
2 • Con Francesco Guardi verso la Basilica di San Giorgio Maggiore
Lasciamo il trambusto, estremamente realistico, dell’Ascensione per immergerci nella Venezia evanescente e, a tratti surreale, del veneziano Francesco Guardi, artista che alla produzione di figure alterna quella di vedute e capricci popolati da profili zigzaganti e da un tono sentimentale teso e introspettivo.
Raggiungiamo prima il sestiere di Cannaregio, che ospita la casa nella quale il pittore si spense il 1° gennaio 1793.
"Comincia a dipingere vedute verso il 1750, quando il Canaletto è a Londra: prima capricci alla Marco Ricci, poi riprese dirette di Venezia, ora centrate su un sito pittoresco, un andito, un arco, un ponte, una vecchia casa in laguna. Ama i muri cadenti, pieni di rampicanti e di muffe; potrebbe dirsi un pittore di rovine moderne. Il suo paesaggio è un’esperienza individuale legata allo stato d'animo. È il preludio al paesaggio romantico" scriveva Argan.
Raggiungiamo la Chiesa di San Giorgio Maggiore per immergerci nel paesaggio crepuscolare in cui gruppi di barcaioli e gondolieri si affannano ai remi per spingere le loro imbarcazioni verso la banchina della Piazzetta.
Un cielo azzurro, attraversato da nuvole rosate, accoglie la mole della Chiesa e del Convento di San Giorgio Maggiore, mentre, sulla destra, lo sguardo raggiunge l’estremità orientale della Giudecca con la Chiesa di Santa Maria della Presentazione e il Giardino delle Zitelle.
Realizzata intorno al 1760, la Veduta di San Giorgio Maggiore, fa parte di una serie di composizioni molto simili fra loro, dipinte da Guardi nella sua fase matura, a partire dal 1770, quando l’artista abbraccia il genere della veduta. Guardi sceglie la sponda meno conosciuta del Bacino di San Marco per rendere omaggio al Palladio. Proprio sulla sponda della Giudecca, l’architetto vicentino aveva lasciato la sua maggiore impronta in città. Tra il 1560 e il 1577 aveva consegnato i progetti per il refettorio del monastero e per la grande Basilica di San Giorgio Maggiore, e, qualche anno più tardi, per la Basilica del Santissimo Redentore.
Bernardo Bellotto, La Piazza San Marco, Venezia, 1742-43, Olio su tela, 136.2 x 232.5 cm, The Cleveland Museum of Art, Leonard C. Hanna, Jr. Fund (1962.169) | © The Cleveland Museum of Art
3 • A Piazza San Marco con Bellotto
Raggiungiamo adesso Piazza San Marco. I nostri passi incrociano le pennellate nervose e sensuali di Berbardo Bellotto, nipote di Canaletto. Sembra quasi di vederli i monumenti di questo scrigno d’arte prendere forma e colore dietro la pittura stesa di getto da questo pittore che viaggiò molto lavorando per le corti di Dresda, Vienna, Varsavia, Monaco, luoghi di cui lasciò traccia indelebile nelle sue tele.
Eccoci in una Piazza San Marco avvolta in una nuvola di luce sotto un cielo che si spalanca in un arcobaleno di sfumature celesti. Il Campanile di San Marco sembra dividere la tela a metà. A sinistra spicca la Basilica, sulla destra l’edificio delle Procuratie Nuove.
Sembra di sentire le parole di Goethe che, la sera del 30 settembre 1786, trovandosi in visita a Venezia, salì sul campanile per scorgere il panorama della laguna e vide per la prima volta il mare: "Salii sul campanile di San Marco, dal quale lo sguardo abbraccia uno spettacolo unico. Era circa mezzogiorno e il sole splendeva luminoso, tanto che non ebbi bisogno del cannocchiale per distinguere esattamente cose vicine e lontane. La marea copriva la laguna, e quando mi volsi a guardare il cosiddetto Lido [...] vidi per la prima volta il mare e su di esso alcune vele".
Immergendoci nel ritratto di Bellotto - realizzato tra il 1742 e il 1743 e conservato al Cleveland Museum of Art - ci sembra di condividere con le figure assorte in un amabile chiacchiericcio e con le donne dalle lunghe gonne colorate, un momento di languida vita veneziana.
Tintoretto, Assunzione della Vergine, 1555, Olio su tela, 260 x 440 cm, Venezia, Chiesa di Santa Maria Assunta
4 • L'Assunzione di Tintoretto nella Chiesa dei Gesuiti
Non possiamo lasciare Venezia senza fare un salto indietro nei secoli, dal XVIII al XVI, con una piccola passeggiata alla scoperta del pittore che, come scriveva Jean Paul Sartre guardando alla storia di Tintoretto, “è Venezia anche se non dipinge Venezia".
I luoghi in cui dirigerci, da Palazzo Ducale alla Scuola Grande di San Rocco, potrebbero essere tantissimi, visto che l’intera città è la scenografia ammaliante del sapiente regista che affidò al pennello il compito di portare in scena la gestualità di mercati e osterie.
Fermiamoci al 3399 di Fondamenta dei Mori in Cannaregio, dove una lapide, sulla facciata di un edificio gotico, ammonisce il viaggiatore: “Non ignorare, viandante, l’antica casa di Jacopo Robusti detti il Tintoretto. Di qui per ogni dove si diffusero innumerevoli dipinti, mirabili pubblicamente e privatamente, magistralmente realizzati con fine ingegno dal suo pennello”.
La casa, di proprietà privata, non è visitabile. Proseguiamo verso la Chiesa di Santa Maria Assunta detta dei Gesuiti, per ammirare l’Assunzione della Vergine.
Realizzata intorno al 1555, la tela rappresenta l'Assunzione di Maria. L’opera è legata ad una vicenda curiosa, incentrata su una delle tante opere di persuasione fatta dal pittore per assicurarsi l'esecuzione della pala. I padri della Chiesa dei Crociferi avrebbero voluto affidarne la realizzazione a Paolo Veronese, ma il “terribile” Tintoretto assicurò ai religiosi "che l'havrebbe fatta su lo stile medesimo di Paolo, si che ogn'uno l'havrebbe creduta di sua mano, che ne ottenne lo impegno". In effetti, l’opera, concepita inizialmente per l'altare della cappella maggiore della distrutta Chiesa dei Crociferi, presenta evidenti richiami allo stile del Caliari. Eppure la concitata trama gestuale degli apostoli, la Vergine "risucchiata" in alto da un vortice di nubi addensate e una miriade di angeli e angioletti, fra i riflessi accesi delle luci e il panneggio sinuoso delle vesti, sono inequivocabili segni della mano del suo geniale artista.
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