Sulle strade del Rinascimento. Da Piero della Francesca a Donatello, un itinerario in Valtiberina e Valdichiana
Castiglion Fiorentino, Loggiato Vasariano I Courtesy Comune di Castiglion Fiorentino
Francesca Grego
20/11/2024
Fuori dai percorsi più battuti e dal pienone delle grandi città d’arte, un nuovo itinerario ci invita a riscoprire i tesori del Rinascimento nei loro contesti d’origine. Arte, cultura, paesaggio si fondono nell’incantevole territorio al confine tra Toscana e Umbria, condensando in poco più di 40 chilometri le meraviglie di una stagione irripetibile. Piero della Francesca, Donatello, Bartolomeo della Gatta sono tra i grandi artisti che hanno lasciato il segno in questo lembo di terra a cavallo tra la provincia di Arezzo e quella di Perugia. Promosso dai Comuni di Castiglion Fiorentino, Citerna, Monterchi e Sansepolcro, il progetto Rinascimento in Valtiberina e Valdichiana ne riunisce le opere in una “mostra di capolavori permanente e diffusa” da visitare in libertà e personalizzare in base alle proprie esigenze, tra chiese e musei, antiche strade e paesaggi straordinari, all’insegna di un turismo lento e sostenibile che solletica il gusto della scoperta. Comunicazione e promozione integrata, contenuti digitali originali e un unico portale web con virtual tour sono le risorse messe in campo da quattro città antiche e illustri, che furono laboratori della grande arte rinascimentale. Un patrimonio strepitoso attende i viaggiatori più curiosi per un’esperienza di continua sorpresa. Noi abbiamo accettato l'invito e ne è valsa la pena.
Castiglion Fiorentino, un viaggio nella storia con Bartolomeo della Gatta
Dalla città più vicina, Arezzo, la prima tappa del percorso ci porta a Castiglion Fiorentino, paesino medievale candidato al riconoscimento Unesco come paesaggio storico. Le architetture rinascimentali del Loggiato Vasariano, sulla piazza principale, incorniciano il verde della valle in un panorama superbo. Un mix di arte, storia e paesaggio che ritroviamo nella visita al ricco complesso museale ubicato nel punto più alto della città, sull’area monumentale del Cassero. Qui le testimonianze del passato si sovrappongono, narrando una storia che inizia già al tempo degli Etruschi: un affascinante percorso sotterraneo scandisce la visita a un sito archeologico che continua a restituire, sul quale si erge l’imponente torre trecentesca. Pare che proprio da questa torre Leonardo da Vinci abbia disegnato la Carta a volo d’uccello della Valdichiana, una delle sue realizzazioni topografiche più raffinate, oggi nelle collezioni reali del Castello di Windsor.
Nel cuore antico della città, in un complesso architettonico che ha ospitato chiese, conventi, prigioni, palazzi del potere e perfino un acquedotto, il Sistema museale di Castiglion Fiorentino riflette le variegate vicende storiche del territorio. L’itinerario di visita le ripercorre dalla Sala del Tempio, con la ricostruzione di uno straordinario santuario etrusco, alle ceramiche medievali rinvenute in loco, alle sorprendenti oreficerie sacre, ai preziosi manoscritti del Fondo Antico - rari codici miniati, mappe d’epoca, antifonari, erbari - fino ai dipinti del maestro fiorentino Bartolomeo della Gatta, attivo in terra d’Arezzo nel Rinascimento e autentica star in questo angolo di Toscana. Oggi lo conosciamo poco, ma Vasari lo riteneva il miglior artista in area aretina dopo Piero della Francesca. Pittore, miniatore, religioso e architetto, della Gatta ha lasciato a Castiglion Fiorentino tre opere di pregio: la delicatissima Pala di San Giuliano, da ammirare presso la Collegiata dei Santi Michele e Giuliano, e le due tavole di San Michele Arcangelo e San Francesco riceve le stimmate, tra i gioielli della Pinacoteca Comunale, culmine della visita al Sistema museale. Quest’ultima è riconosciuta come l’opera più importante ed emblematica di Bartolomeo, ambientata in un paesaggio montano che ricorda molto quello del vicino Monte della Verna, dove secondo la tradizione avvenne il miracolo.
Citerna e la Madonna di Donatello, un tesoro ritrovato
Trenta minuti in auto tra campi e boschi rigogliosi conducono da Castiglion Fiorentino alla minuscola Citerna, gioiello medievale tra i Borghi più belli d’Italia che in anni recenti è stato teatro di una clamorosa scoperta: l’attribuzione a Donatello di una dolcissima Madonna con Bambino in terracotta policroma, quasi unica nel suo genere poiché si conosce soltanto un’altra Vergine in terracotta del maestro rinascimentale. Datata tra il 1415 e il 1420, la Madonna di Citerna è una raffinata scultura a grandezza naturale da ammirare nella sacrestia della chiesa trecentesca di San Francesco: un’infinita tenerezza spira dalle espressioni e dai gesti di Madre e Figlio, mentre l’elaborato panneggio della veste di lei conferma l’attribuzione a un grande artista. Opera di devozione privata destinata alla casa di una famiglia patrizia, la Vergine albergava da tempo nella sacrestia di questa bella chiesa sul Cammino di San Francesco: la gente del posto racconta di come un tempo i chierichetti avessero il compito di spolverarla periodicamente, senza che nessuno immaginasse di trovarsi al cospetto di un’opera così preziosa. La svolta è arrivata all’inizio degli anni Duemila con l’attribuzione al celebre scultore, la datazione ai suoi anni giovanili e un complesso restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che in sette anni ha restituito alla statua i delicati colori originali.
Altri tesori nascosti sono pronti a sorprenderci nella Chiesa di San Francesco, dalla Deposizione di Cristo del Pomarancio, racchiusa in un’elegante cornice decorata, al Cristo in gloria attribuito a Raffaellino del Colle, fino agli affreschi della bottega di Luca Signorelli e alle terrecotte invetriate fiorentine dei Della Robbia.
Anche all’aperto la bellezza è di casa: arrampicata su un colle che domina la valle del Tevere, Citerna regala scorci mozzafiato su ogni versante. Tra caratteristiche case in mattoncini e stradine dove il tempo sembra essersi fermato, si raggiungono le mura medievali per abbracciare con lo sguardo panorami incantati, mentre fuori dall’abitato nuove emozioni ci attendono su sentieri immersi nella natura rasserenante dell’Umbria.
Monterchi e la Madonna del Parto, un gioiello che vale il viaggio
Torniamo in Toscana alla volta di Monterchi, terra di boschi, acque ed enigmi. Dopo Bartolomeo della Gatta e Donatello, ci gettiamo sulle tracce del vero genius loci di questi territori, Piero della Francesca. Qui nacque la madre di Piero, la nobildonna Romana di Pierino da Monterchi, e qui l’artista ha lasciato una delle sue opere più intense e misteriose. Ma la storia di Monterchi è molto più antica: in epoca pagana il suo nome - che significa Monte di Ercole - era associato alla fonte Momentana, legata ai culti femminili della fertilità e della maternità. Con il Cristianesimo la ninfa di queste acque cambia pelle e si trasforma nella Madonna del Latte, dipinta da un artista anonimo sulle pareti della chiesetta di Santa Maria a Momentana. Ed è qui che, in circostanze alquanto oscure, entra in gioco Piero.
Verso la metà del Quattrocento il maestro copre l’affresco trecentesco con la figura di una giovane donna in gravidanza avanzata che, pensosa e fiera, sottolinea il proprio stato portando con naturalezza la mano destra sul ventre e sulla veste aperta, mentre con l’altra sembra voler alleviare il peso che le grava sulla schiena. L’aureola sul capo e i due angeli che schiudono su di lei una tenda sontuosa (tabernaculum) non lasciano spazio a dubbi: si tratta della Madre di Dio, a sua volta tabernacolo del corpo di Cristo. Una Madonna così vistosamente incinta non si era mai vista e l’immagine di Piero apparirà ancor più scandalosa dopo il Concilio di Trento, quando sul suo altare si smetterà di dire messa. Se oggi la sua figura ci sembra maestosa ma semplice, nel Quattrocento la Madonna del Parto sfoggiava i segni di una femminilità tutta terrena: i capelli rasati sulla fronte, raccolti in un’acconciatura alla moda, e soprattutto la veste tinta con il pregiatissimo guado, un pigmento che era un autentico status-symbol e che Piero ben conosceva in quanto figlio di un mercante di tessuti.
Chi commissionò questa Vergine rivoluzionaria? Impossibile saperlo. A differenza di altre opere di Piero, non ci sono fonti che ne documentino il pagamento. Sappiamo che il dipinto fu completato in brevissimo tempo, anche questo un fatto strano rispetto alle abitudini del maestro. A Monterchi si dice che la Madonna del Parto sia un omaggio dell’artista alla madre nativa del luogo e scomparsa prematuramente, ancor più significativo se pensiamo al legame della chiesetta di Momentana con i culti della maternità.
Alla fine del Settecento la chiesa che ospitava il dipinto divenne una cappella cimiteriale. L’opera di Piero della Francesca, a lungo dimenticata e riscoperta solo nel XIX secolo, fu staccata dalla parete nel 1911. Oggi è esposta in un museo dedicato, dove la poesia dell’arte va a braccetto con la moderna didattica museale. Qui i visitatori possono apprendere in un video la storia del capolavoro, scoprire come si realizzavano gli affreschi nel Rinascimento (il blu veniva applicato solo a secco, per esempio) o ammirare la Vergine trecentesca che Piero coprì, recuperata e perfettamente restaurata. Ma soprattutto lasciarsi sorprendere dalla bellezza della Madonna del Parto, luminosa, purissima e commovente come nessuna fotografia saprà mai raccontare. Impossibile immaginare la potenza di quest’opera prima di vederla da vicino: ti fermi a guardarla e gli occhi le si incollano addosso, le gambe si rifiutano di proseguire. Poi ti accorgi di una cesta sistemata ai suoi piedi: trabocca di lettere a lei indirizzate da donne di ogni età (e anche da qualche uomo), di storie tenere o violente, semplici o straordinarie, di un amore che emoziona al di là del credo religioso di ognuno.
Sansepolcro, a casa di Piero della Francesca
Seguendo le orme di Piero della Francesca in venti minuti siamo a Sansepolcro, la città natale dell’artista riconoscibile in molte delle sue opere. Immerso in un dolce paesaggio collinare e circondato da antiche mura, il borgo è un vero gioiello, la culla del Rinascimento in questo angolo di Italia. Basta una passeggiata nel centro storico per comprendere che ci troviamo in un luogo ricchissimo di arte e tradizioni, dove il respiro del passato continua a farsi sentire tra i negozi e le osterie dove si pratica il culto della buona cucina toscana. La fortuna di Sansepolcro, racconta la nostra guida, è nella sua posizione strategica sul cammino verso la Terra Santa, che spinse papi e imperatori a sfidarsi per assicurarsene il possesso, donando agli abitanti importanti architetture e opere d’arte. La casa natale di Piero, la splendida Cattedrale romanica con il Volto Santo e la pala dell’Ascensione del Perugino, la chiesa di San Lorenzo con la celebre Deposizione di Rosso Fiorentino, le chiese di San Francesco e di Sant’Antonio Abate meritano senz’altro una visita. Ma per i fan di Piero della Francesca l’appuntamento irrinunciabile è presso il medievale Palazzo della Residenza o dei Conservatori del Popolo, sede del Museo Civico di Sansepolcro. Qui - come in nessun altro luogo al mondo - è possibile ammirare insieme ben quattro opere del maestro quattrocentesco, oltre a una ricca collezione che ha la sua punta di diamante proprio nell’arte rinascimentale.
La prima gemma è un capolavoro celeberrimo, nato proprio per le mura di questo palazzo, che all’epoca ospitava il governo cittadino: si tratta della Resurrezione, “la più bella pittura del mondo” secondo lo scrittore Aldous Huxley. Fu proprio grazie a queste parole, di cui il capitano britannico Anthony Clarke si ricordò giusto in tempo, che durante la Seconda Guerra Mondiale Sansepolcro fu risparmiata dai bombardamenti alleati. Maestoso e terribile, con i grandi occhi fissi nel vuoto, ma serenamente composto, anche il Cristo risorto dà il meglio di sé visto dal vivo, dal basso verso l’alto, come previsto da Piero nella sua sapiente impostazione prospettica. In primo piano, nei panni di un soldato addormentato, distinguiamo il ritratto dell’artista, riconoscibile dal gozzo sulla gola.
Altri due affreschi del maestro rinascimentale danno lustro al museo: si tratta delle immagini di San Giuliano e di San Ludovico da Tolosa, staccate rispettivamente dalla Chiesa di Sant’Agostino, oggi sconsacrata, e dall’antico Palazzo Pretorio di Sansepolcro.
Ma c’è un altro capolavoro da ammirare assolutamente prima di andare via: è il Polittico della Madonna della Misericordia, il primo dipinto di Piero di cui sia pervenuta documentazione. Imponente e ieratica, la Vergine apre il mantello come la cupola di una chiesa, offrendo la sua protezione all’umanità. Accanto a lei si riconoscono le figure dei Santi Sebastiano, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Bernardino, mentre sulla cimasa una splendida Crocifissione rende omaggio all’omonima opera di Masaccio nel Polittico di Pisa. Dipinta tra il 1445 e il 1462 per la confraternita della Misericordia di San Sepolcro, la pala fonde armoniosamente tradizione e innovazione, Medioevo e Rinascimento, cielo e terra, ponendo su un abbagliante fondo oro immagini figlie di una nuova era.
Castiglion Fiorentino, un viaggio nella storia con Bartolomeo della Gatta
Dalla città più vicina, Arezzo, la prima tappa del percorso ci porta a Castiglion Fiorentino, paesino medievale candidato al riconoscimento Unesco come paesaggio storico. Le architetture rinascimentali del Loggiato Vasariano, sulla piazza principale, incorniciano il verde della valle in un panorama superbo. Un mix di arte, storia e paesaggio che ritroviamo nella visita al ricco complesso museale ubicato nel punto più alto della città, sull’area monumentale del Cassero. Qui le testimonianze del passato si sovrappongono, narrando una storia che inizia già al tempo degli Etruschi: un affascinante percorso sotterraneo scandisce la visita a un sito archeologico che continua a restituire, sul quale si erge l’imponente torre trecentesca. Pare che proprio da questa torre Leonardo da Vinci abbia disegnato la Carta a volo d’uccello della Valdichiana, una delle sue realizzazioni topografiche più raffinate, oggi nelle collezioni reali del Castello di Windsor.
Nel cuore antico della città, in un complesso architettonico che ha ospitato chiese, conventi, prigioni, palazzi del potere e perfino un acquedotto, il Sistema museale di Castiglion Fiorentino riflette le variegate vicende storiche del territorio. L’itinerario di visita le ripercorre dalla Sala del Tempio, con la ricostruzione di uno straordinario santuario etrusco, alle ceramiche medievali rinvenute in loco, alle sorprendenti oreficerie sacre, ai preziosi manoscritti del Fondo Antico - rari codici miniati, mappe d’epoca, antifonari, erbari - fino ai dipinti del maestro fiorentino Bartolomeo della Gatta, attivo in terra d’Arezzo nel Rinascimento e autentica star in questo angolo di Toscana. Oggi lo conosciamo poco, ma Vasari lo riteneva il miglior artista in area aretina dopo Piero della Francesca. Pittore, miniatore, religioso e architetto, della Gatta ha lasciato a Castiglion Fiorentino tre opere di pregio: la delicatissima Pala di San Giuliano, da ammirare presso la Collegiata dei Santi Michele e Giuliano, e le due tavole di San Michele Arcangelo e San Francesco riceve le stimmate, tra i gioielli della Pinacoteca Comunale, culmine della visita al Sistema museale. Quest’ultima è riconosciuta come l’opera più importante ed emblematica di Bartolomeo, ambientata in un paesaggio montano che ricorda molto quello del vicino Monte della Verna, dove secondo la tradizione avvenne il miracolo.
Citerna e la Madonna di Donatello, un tesoro ritrovato
Trenta minuti in auto tra campi e boschi rigogliosi conducono da Castiglion Fiorentino alla minuscola Citerna, gioiello medievale tra i Borghi più belli d’Italia che in anni recenti è stato teatro di una clamorosa scoperta: l’attribuzione a Donatello di una dolcissima Madonna con Bambino in terracotta policroma, quasi unica nel suo genere poiché si conosce soltanto un’altra Vergine in terracotta del maestro rinascimentale. Datata tra il 1415 e il 1420, la Madonna di Citerna è una raffinata scultura a grandezza naturale da ammirare nella sacrestia della chiesa trecentesca di San Francesco: un’infinita tenerezza spira dalle espressioni e dai gesti di Madre e Figlio, mentre l’elaborato panneggio della veste di lei conferma l’attribuzione a un grande artista. Opera di devozione privata destinata alla casa di una famiglia patrizia, la Vergine albergava da tempo nella sacrestia di questa bella chiesa sul Cammino di San Francesco: la gente del posto racconta di come un tempo i chierichetti avessero il compito di spolverarla periodicamente, senza che nessuno immaginasse di trovarsi al cospetto di un’opera così preziosa. La svolta è arrivata all’inizio degli anni Duemila con l’attribuzione al celebre scultore, la datazione ai suoi anni giovanili e un complesso restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che in sette anni ha restituito alla statua i delicati colori originali.
Altri tesori nascosti sono pronti a sorprenderci nella Chiesa di San Francesco, dalla Deposizione di Cristo del Pomarancio, racchiusa in un’elegante cornice decorata, al Cristo in gloria attribuito a Raffaellino del Colle, fino agli affreschi della bottega di Luca Signorelli e alle terrecotte invetriate fiorentine dei Della Robbia.
Anche all’aperto la bellezza è di casa: arrampicata su un colle che domina la valle del Tevere, Citerna regala scorci mozzafiato su ogni versante. Tra caratteristiche case in mattoncini e stradine dove il tempo sembra essersi fermato, si raggiungono le mura medievali per abbracciare con lo sguardo panorami incantati, mentre fuori dall’abitato nuove emozioni ci attendono su sentieri immersi nella natura rasserenante dell’Umbria.
Monterchi e la Madonna del Parto, un gioiello che vale il viaggio
Torniamo in Toscana alla volta di Monterchi, terra di boschi, acque ed enigmi. Dopo Bartolomeo della Gatta e Donatello, ci gettiamo sulle tracce del vero genius loci di questi territori, Piero della Francesca. Qui nacque la madre di Piero, la nobildonna Romana di Pierino da Monterchi, e qui l’artista ha lasciato una delle sue opere più intense e misteriose. Ma la storia di Monterchi è molto più antica: in epoca pagana il suo nome - che significa Monte di Ercole - era associato alla fonte Momentana, legata ai culti femminili della fertilità e della maternità. Con il Cristianesimo la ninfa di queste acque cambia pelle e si trasforma nella Madonna del Latte, dipinta da un artista anonimo sulle pareti della chiesetta di Santa Maria a Momentana. Ed è qui che, in circostanze alquanto oscure, entra in gioco Piero.
Verso la metà del Quattrocento il maestro copre l’affresco trecentesco con la figura di una giovane donna in gravidanza avanzata che, pensosa e fiera, sottolinea il proprio stato portando con naturalezza la mano destra sul ventre e sulla veste aperta, mentre con l’altra sembra voler alleviare il peso che le grava sulla schiena. L’aureola sul capo e i due angeli che schiudono su di lei una tenda sontuosa (tabernaculum) non lasciano spazio a dubbi: si tratta della Madre di Dio, a sua volta tabernacolo del corpo di Cristo. Una Madonna così vistosamente incinta non si era mai vista e l’immagine di Piero apparirà ancor più scandalosa dopo il Concilio di Trento, quando sul suo altare si smetterà di dire messa. Se oggi la sua figura ci sembra maestosa ma semplice, nel Quattrocento la Madonna del Parto sfoggiava i segni di una femminilità tutta terrena: i capelli rasati sulla fronte, raccolti in un’acconciatura alla moda, e soprattutto la veste tinta con il pregiatissimo guado, un pigmento che era un autentico status-symbol e che Piero ben conosceva in quanto figlio di un mercante di tessuti.
Chi commissionò questa Vergine rivoluzionaria? Impossibile saperlo. A differenza di altre opere di Piero, non ci sono fonti che ne documentino il pagamento. Sappiamo che il dipinto fu completato in brevissimo tempo, anche questo un fatto strano rispetto alle abitudini del maestro. A Monterchi si dice che la Madonna del Parto sia un omaggio dell’artista alla madre nativa del luogo e scomparsa prematuramente, ancor più significativo se pensiamo al legame della chiesetta di Momentana con i culti della maternità.
Alla fine del Settecento la chiesa che ospitava il dipinto divenne una cappella cimiteriale. L’opera di Piero della Francesca, a lungo dimenticata e riscoperta solo nel XIX secolo, fu staccata dalla parete nel 1911. Oggi è esposta in un museo dedicato, dove la poesia dell’arte va a braccetto con la moderna didattica museale. Qui i visitatori possono apprendere in un video la storia del capolavoro, scoprire come si realizzavano gli affreschi nel Rinascimento (il blu veniva applicato solo a secco, per esempio) o ammirare la Vergine trecentesca che Piero coprì, recuperata e perfettamente restaurata. Ma soprattutto lasciarsi sorprendere dalla bellezza della Madonna del Parto, luminosa, purissima e commovente come nessuna fotografia saprà mai raccontare. Impossibile immaginare la potenza di quest’opera prima di vederla da vicino: ti fermi a guardarla e gli occhi le si incollano addosso, le gambe si rifiutano di proseguire. Poi ti accorgi di una cesta sistemata ai suoi piedi: trabocca di lettere a lei indirizzate da donne di ogni età (e anche da qualche uomo), di storie tenere o violente, semplici o straordinarie, di un amore che emoziona al di là del credo religioso di ognuno.
Sansepolcro, a casa di Piero della Francesca
Seguendo le orme di Piero della Francesca in venti minuti siamo a Sansepolcro, la città natale dell’artista riconoscibile in molte delle sue opere. Immerso in un dolce paesaggio collinare e circondato da antiche mura, il borgo è un vero gioiello, la culla del Rinascimento in questo angolo di Italia. Basta una passeggiata nel centro storico per comprendere che ci troviamo in un luogo ricchissimo di arte e tradizioni, dove il respiro del passato continua a farsi sentire tra i negozi e le osterie dove si pratica il culto della buona cucina toscana. La fortuna di Sansepolcro, racconta la nostra guida, è nella sua posizione strategica sul cammino verso la Terra Santa, che spinse papi e imperatori a sfidarsi per assicurarsene il possesso, donando agli abitanti importanti architetture e opere d’arte. La casa natale di Piero, la splendida Cattedrale romanica con il Volto Santo e la pala dell’Ascensione del Perugino, la chiesa di San Lorenzo con la celebre Deposizione di Rosso Fiorentino, le chiese di San Francesco e di Sant’Antonio Abate meritano senz’altro una visita. Ma per i fan di Piero della Francesca l’appuntamento irrinunciabile è presso il medievale Palazzo della Residenza o dei Conservatori del Popolo, sede del Museo Civico di Sansepolcro. Qui - come in nessun altro luogo al mondo - è possibile ammirare insieme ben quattro opere del maestro quattrocentesco, oltre a una ricca collezione che ha la sua punta di diamante proprio nell’arte rinascimentale.
La prima gemma è un capolavoro celeberrimo, nato proprio per le mura di questo palazzo, che all’epoca ospitava il governo cittadino: si tratta della Resurrezione, “la più bella pittura del mondo” secondo lo scrittore Aldous Huxley. Fu proprio grazie a queste parole, di cui il capitano britannico Anthony Clarke si ricordò giusto in tempo, che durante la Seconda Guerra Mondiale Sansepolcro fu risparmiata dai bombardamenti alleati. Maestoso e terribile, con i grandi occhi fissi nel vuoto, ma serenamente composto, anche il Cristo risorto dà il meglio di sé visto dal vivo, dal basso verso l’alto, come previsto da Piero nella sua sapiente impostazione prospettica. In primo piano, nei panni di un soldato addormentato, distinguiamo il ritratto dell’artista, riconoscibile dal gozzo sulla gola.
Altri due affreschi del maestro rinascimentale danno lustro al museo: si tratta delle immagini di San Giuliano e di San Ludovico da Tolosa, staccate rispettivamente dalla Chiesa di Sant’Agostino, oggi sconsacrata, e dall’antico Palazzo Pretorio di Sansepolcro.
Ma c’è un altro capolavoro da ammirare assolutamente prima di andare via: è il Polittico della Madonna della Misericordia, il primo dipinto di Piero di cui sia pervenuta documentazione. Imponente e ieratica, la Vergine apre il mantello come la cupola di una chiesa, offrendo la sua protezione all’umanità. Accanto a lei si riconoscono le figure dei Santi Sebastiano, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Bernardino, mentre sulla cimasa una splendida Crocifissione rende omaggio all’omonima opera di Masaccio nel Polittico di Pisa. Dipinta tra il 1445 e il 1462 per la confraternita della Misericordia di San Sepolcro, la pala fonde armoniosamente tradizione e innovazione, Medioevo e Rinascimento, cielo e terra, ponendo su un abbagliante fondo oro immagini figlie di una nuova era.
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