Toscani "Mi sembra già cominciata l'Apocalisse"

Courtesy of © olivierotoscanistudio | Oliviero Toscani
 

06/03/2003

Torniamo alla questione sulla pena di morte. Un problema che generalmente fa subito pensare agli Stati Uniti. Lei pensa che parlarne in questo momento critico svaluti la questione stessa? Bisogna parlarne sempre. Far conoscere. Bisogna convincere. Far capire che è possibile. Lei ha detto che i suoi eroi sono i condannati a morte. Ma chi è Caino? Caino come l’ho conosciuto io è una persona molto sfortunata. Nata nel momento sbagliato, nel posto sbagliato, genitori sbagliati, ambiente culturale sbagliato. E forse anche etnicamente sbagliato. Nel senso che ci sono quelli che nascono del colore giusto e quelli che nascono del colore sbagliato per una certa società. Per la società che fa la morale. Chi ha i maggiori cannoni fa la morale. I cannoni più potenti fanno la morale. Caino non rientra fra i cannoni più potenti. È sfortunato. Lei vede dei legami culturali tra questo “desiderio” di guerra da parte degli U.S.A. e la loro concezione della pena di morte? No, la pena di morte è una questione a sé stante. Negli Stati Uniti, la pena di morte è un po’ come la schiavitù. Uno degli ultimi paesi ad abolirla. Lo sanno anche loro che finirà, che è una battaglia persa. Però è una di quelle cose che continuano, come si continua a vivere in città inquinate, come si continua a fare cose su cui prima o poi bisognerà prendere delle decisioni. Non si può generalizzare sugli Stati Uniti. Le posso garantire che proprio gli U.S.A. sono anche i più grossi oppositori. Nel senso che… guardi: non si può dire che siano guerrafondai, razzisti, sostenitori della pena di morte. Non sono questo. Semmai sono anche questo. Però io negli Stati Uniti sono riuscito a fotografarli, i condannati a morte. In altri paesi non me l’hanno permesso. In realtà, si può dire tutto degli Stati Uniti: il peggio e il meglio. Vivrebbe negli Stati Uniti? Vivo in Toscana per un fatto geografico. Non ho un particolare rispetto per il mio paese. È d’accordo con Gaber? Ah sì! Ma molto di più. Gaber, in fondo, era una persona buona. E lei non lo è? Non so. Però Gaber era più buono di me. Più tollerante. Io purtroppo ho a che fare con la comunicazione, con i media… Insomma, un disastro. Da un punto di vista mediatico che cos’è il terrorismo? Il terrorismo è l’espressione estrema della disperazione. Come la guerra è l’espressione estrema della debolezza. Ma il terrorismo è soltanto il prodotto di atti terroristici? Ci sono altri terrorismi con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente. Il terrorismo della scuola, il terrorismo di non farcela, di non arrivare alla fine del mese, il terrorismo psicologico della televisione, dei mezzi di comunicazione. Il terrorismo della paura di vivere giornalmente. Stamattina me ne sono venuto a piedi in studio e ho fatto tutta la strada, dieci minuti, qui a Milano, guardando la gente che va a lavorare, in macchina… Delle facce drammatiche, tragiche! Delle smorfie di dolore, tutti! Non so, ma ho l’impressione che sia già cominciata l’Apocalisse. E pensa...

 
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