Un Museo d’autore

Stibbert
 

04/05/2001

Collezionare opere d’arte è molto di più del semplice raccogliere e conservare una serie di oggetti. Gli oggetti artistici stimolano il collezionista ad allargare le sulle conoscenze e a entrare in altri scenari storici, la passione e la curiosità intellettuale lo costringono ad indagare il mondo che li esprime e li circonda. L’interesse per gli oggetti si muove quindi in due direzioni: si possiedono delle cose ma si è anche posseduti da esse. Entrare, magari per caso, nel Museo Stibbert, situato sulla collina Montughi a Firenze, può produrre lo stesso effetto: ma in questo caso la curiosità si sposta ad indagare su Frederick Stibbert, il proprietario delle collezioni, l’autore della casa-museo, per ripercorrerne le tracce, per tentare di seguire il filo rosso della sua personalità stravagante. Stibbert ci sollecita a cercare di comprendere le sue ossessioni, le sue scelte, il suo sogno. Si può infatti parlare di un sogno vissuto, realizzato con la forza del denaro e la determinazione di chi non ha paura di cercare nuove vie di affermazione del suo ruolo nel mondo. Da ragazzo, Frederick Stibbert era definito “extravagant” con il significato ambiguo di stravagante, spendaccione e inaffidabile che il termine assume in inglese. Frequentò in Inghilterra vari college esclusivi senza trarne profitto, tra cui il Magdalene College, dove manifestò il suo talento per il disegno, ma non conseguì la laurea. Preferì affidare la sua formazione culturale ai viaggi, in una sorta di apprendimento diretto e individuale, fortemente soggetto alle suggestioni, dato che rifuggiva il metodo a vantaggio di un atteggiamento amatoriale ed entusiastico. Ricostruire l’itinerario dei viaggi fatti da Stibbert nel corso della sua vita risulterebbe complesso e ripetitivo; per quanto riguarda il mondo fiorentino nella seconda metà dell’Ottocento, Stibbert vi si muoveva con estrema facilità, apprezzato per la sua agiatezza ma anche per la vitalità e la simpatia, socio dei circoli più esclusivi, delle società sportive e di equitazione. Tra i suoi numerosi e illustri ospiti spicca, fra gli altri, la Regina Vittoria. Nella villa di Montughi aveva realizzato un vero e proprio studio fotografico, nel quale i parenti e gli amici erano attori nelle rappresentazioni storiche. Stibbert stesso, fotografo e soggetto contemporaneamente, si divertiva a impersonare ruoli diversi. Questo desiderio di rivivere la realtà storica animava ogni sua iniziativa e provocava i primi acquisti delle future grandiose raccolte. Nella mente di Frederick , con l’inizio del 1870, si stava già formando un impegnativo progetto di vita. Non l’impegno politico, non la famiglia, ma la realizzazione di un vero e proprio museo, ricco di ambienti e collezioni che documentassero la storia del costume, l’evoluzione dell’artigianato artistico, grazie alla riproposizione di allestimenti e atmosfere tali da accompagnare il visitatore in un fantastico viaggio nel tempo. Gli acquisti di quegli anni furono numerosissimi e indiscriminati, nell’intenzione di aumentare al massimo le sue collezioni. Stibbert comprava dovunque: a Firenze, in Italia e all’estero, da privati, da mercanti, da rigattieri, alle aste; oggetti europei, islamici e, primo fra i collezionisti, anche giapponesi. Con gli ultimi anni del secolo Stibbert raccoglie i frutti dell’impegno di tutta la sua vita: era considerato uno dei personaggi più in vista della colonia inglese a Firenze. Era ormai un collezionista affermato, noto nell’ambiente scientifico, e la sua raccolta era un vero e proprio museo, visitato da un pubblico sempre più numeroso. Dedicò le sue ultime energie a scrivere e a disegnare “L’opera dei costumi” che vide la sua pubblicazione postuma con il titolo: “ Abiti e fogge civili e militari dal I al XVIII secolo”. Le tavole del volume sono disegnate da lui stesso e decorate dai migliori incisori dell’epoca. Il testamento indica chiaramente le sue volontà: la trasformazione della sua casa-museo in un museo pubblico, che ricordasse per sempre il suo impegno vissuto, anche dopo la sua morte. Tra tutte le straordinaria armature europee che fanno parte della collezione, ce n’è una in particolare su cui vale la pena soffermarsi: l’armatura del cavaliere medievale inglese, eseguita appositamente per Stibbert, con pezzi originali e pezzi ricostruiti dai migliori artigiani fiorentini. La indossò nel 1887 per i festeggiamenti in occasione allo scoprimento della facciata del Duomo di Firenze, sfilando nel corteo storico e al ballo finale di Palazzo Vecchio. Per tre giorni Firenze visse un momento magico, immersa in un’atmosfera medievale, ma per Stibbert quello era il suo mondo, vissuto per una vita intera. Per quanto riguarda il destino del museo che, secondo la sua direttrice, avrebbe bisogno di circa dieci miliardi per ritrovare la dignità che gli spetta, molti sono ancora gli interventi necessari per completare le opere di restauro e per la sua manutenzione.

 
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