La Bellezza salverà il mondo: intervista a Riccardo Bonacina nel giorno degli Stati Generali del Volontariato Culturale

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03/12/2012

Milano - Si svolgono oggi, presso la Villa Reale di Milano, gli Stati Generali del  Volontariato Culturale, promossi da Vita, testata di riferimento del non profit, e dalla Fondazione Italiana Accenture, organizzazione dedicata ad iniziative di innovazione sociale. All’incontro prenderanno parte tante associazioni che promuovono volontariato culturale, piccole e grandi, come il FAI, Fondazione Cit­tàItalia, Italia Nostra e Touring Club Italiano insieme ai protagonisti di alcune best practice. Ma a che punto è l’Italia in questo settore? Ecco cosa ci ha risposto Riccardo Bonacina, giornalista e conduttore televisivo, fondatore e direttore editoriale del mensile Vita.

Un bilancio a 20 anni dall'approvazione della legge quadro sul volontariato: cos'è cambiato nel bene e nel male, cosa non è stato ancora fatto?
“Effettivamente in questi venti anni ci sono stati tanti cambiamenti, è praticamente cambiato tutto il mondo e sorprende constatare che questo giacimento di gratuità che ci arriva dai secoli passati, dall’educazione e dalla tradizione sia religiosa che laica che ha abituato gli italiani all’ingaggio personale, al sentirsi interrogati in prima persona, tutto questo pare resistere, nonostante ci siano stati anni, in particolare gli ultimi, di vera mortificazione per chi fa volontariato. Penso, solo per fare un esempio, al meccanismo del cinque per mille grazie quale il cittadino può destinare una percentuale della propria Irpef al sostegno di enti che svolgono attività sociali, norma che è ancora applicata in via sperimentale, non è stabilizzata, ogni anno vede  cambiare i regolamenti. Eppure nonostante tutte queste difficoltà, il volontariato è sempre un mondo molto vitale”.

Probabilmente, allora, in un momento di profonda crisi economica come questa, il volontariato ha un ruolo di sostegno per i cittadini, e di conseguenza anche per lo Stato stesso, ancora maggiore di quello che aveva in passato?

"De Gasperi che, comunque la si pensi, è stato un grande, durante la seconda guerra mondiale, con un’Italia conciata molto male, tutta da ricostruire, citava spesso una frase della Brentano (ndr Bettina Brentano: scrittrice tedesca, moglie del più noto Achim von Arnim, uno tra i maggiori esponenti del Romanticismo tedesco; della Brentani è famosa la  corrispondenza con Goethe). La frase è questa: ‘Quando lo Stato non ce la fa, si affidi ai suoi cittadini’. Ecco io credo che oggi, nella situazione in cui siamo in Italia, con i disoccupati che sono diventati quasi tre milioni, con più di 400 mila sfrattati, insomma con problemi enormi di impoverimento e con uno Stato che, per la sovranità che gli rimane, poco ha da fare se non confermare le accise e tassare a destra e manca, bisognerebbe ricordare quella frase e affidarsi ai cittadini che ogni giorno si inventano delle soluzioni. Perché la società, come dice De Rita, ha grande capacità di adattamento. I cittadini, tanto per dire, si organizzano in gruppi di acquisto, riscoprono il campo vicino casa. Allo Stato cosa chiedono? Solo di non ostacolarli e di favorire le cose buone che nascono. E invece il mondo del volontariato vanta crediti dagli enti pubblici per circa 6 miliardi. E non si può pensare che il volontariato possa servire anche da ‘banca' per lo Stato!”

E cosa succede, nello specifico, per il volontariato culturale? C’è la sensazione che lo Stato di recente tenda a vedere il patrimonio artistico più come opportunità per produrre denaro che per produrre conoscenza e istruzione.
"I problemi per il volontariato culturale sono purtroppo gli stessi. E per  quanto riguarda lo Stato, in questo settore, c’è una situazione tale per cui non riesce più nemmeno nel compito delle conservazione. Pensiamo ai crolli a Pompei e al Colosseo, per esempio. Figuriamoci se può contribuire alla valorizzazione. Magari considerasse il patrimonio artistico come occasione per favorire l’economia. Il problema, effettivamente, è quando lo strumentalizza in funzione del commercio".

Vista l’utilità delle Onlus attive nel settore culturale, non sarebbe opportuno, per rafforzare l’azione, che collaborassero maggiormente e costituissero una rete, invece di operare separatamente?
"Sono d’accordo. Ci dovrebbe essere collaborazione anche tra grandi e piccole organizzazioni. Ce ne sono tante, anche di poco conosciute, che fanno un ottimo lavoro. Ci hanno telefonato per partecipare a questo evento che servirà ad aprire la porta e mostrare la ricchezza dell’esperienza che c’è in Italia, fatta di grandi organizzazioni ma anche di piccole realtà, che dovrebbero lavorare tutte insieme. Abbiamo chiamato questo evento “Stati Generali” per dire rendiamoci visibili, troviamoci e proviamo a parlarci tra noi".

L’Italia è costituita anche dagli immigrati, che però sono praticamente tagliati fuori dalla fruizione della cultura, considerata come non essenziale, superflua. Cosa si può fare?

“Io credo che questo sia un discorso fondamentale, che va affrontato in maniera concreta. Posso portare un esempio parlando proprio della nostra redazione: abbiamo trenta giovani nati da genitori arabi che gestiscono un blog fatto da loro, completamente libero, che si chiama Yalla Italia. E’ una realtà che abbiamo creato per coinvolgerli, farli partecipare e avere modo di scambiare idee con loro. Sono straordinari, parlano quattro lingue, sono abituati da quando sono nati ad avere a che fare con input di culture diverse, si informano a livello globale”.

Tagli alla cultura e alla scuola: c’è chi prova a resistere. La realtà del no profit può dare una mano ai "cittadini disobbedienti"? Penso per esempio a quello che sta accadendo all’occupazione del Teatro Valle di Roma o alle cooperative di impresa sociale a Milano…

“La cosa bella del Teatro Valle è che l’occupazione mira a costruire qualcosa, quello del Valle non è un puro resistere perché nasce dalla volontà di mettere in piedi una fondazione culturale. A Milano ci sono il teatro dell’Elfo e il Teatro Franco Parenti, che sono appunto società cooperative di impresa sociale. Una forma di lavoro e condivisione fondamentale. Noi organizziamo gli Stati Generali in collaborazione con Accenture, che presenta un progetto proprio per favorire la nascita di imprese sociali. Quest’anno ha deciso di fare un salto di scala rispetto al passato: di solito organizza cinque o sei contest all’anno e investe centomila euro per finanziare le idee migliori. Quest’anno ha deciso di investire una somma importante: un milione di euro”.

Molto bene! Chiudiamo l’intervista con un segnale decisamente positivo…
“Sì e a questo proposito vorrei segnalare un dato che mi ha sorpreso molto e che ho letto in un articolo di una nostra giornalista: mi riferisco ad una ricerca Censis dello scorso giugno da cui emerge che il 41,3 degli Italiani, nonostante tutto, nonostante le difficoltà, nonostante la crisi economica, crede che il principale motivo di speranza per il futuro risieda nel fatto che l’Italia è il paese che possiede più bellezza al mondo”.
 
Nicoletta Speltra