Dal 25 gennaio al 13 marzo

Antonio Ligabue: l'arte del poeta contadino conquista la Russia

Antonio Ligabue, Ritorno dai campi, 1950-1955, olio su faesite, 100 x 65 cm
 

Samantha De Martin

07/12/2017

Mondo - «Avevo solo tredici anni, ma lui, dandomi del voi, mi ripeteva: non ci crederete, ma io domani sarò nei più grandi musei del mondo». E non aveva torto Antonio Ligabue, stando alle parole di Augusto Agosta Tota, presidente della Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma, legato da un rapporto di stima a quel pittore, che, come lui stesso aveva previsto, arriverà prossimamente in Russia e, nel 2019, a New York.
Il viaggio nel mondo del poeta contadino, del maestro istintivo, con la sua arte fatta di cose semplici e di un’arcaica complicità con la natura, intessuta di tigri dalle fauci spalancate, leoni mostruosi, rapaci che lottano per la sopravvivenza e autoritratti, avrà come prima tappa Mosca.
Nell’ambito del progetto di internazionalizzazione dell’artista nato a Zurigo, promosso dalla Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma - che ambisce a far conoscere l’artista nel mondo - si inserisce la mostra Antonio Ligabue. Lo specchio dell’anima che arriverà al Museo Statale Centrale di Storia Contemporanea della Russia, a Mosca, dal 25 gennaio al 13 marzo 2018. L’antologica - promossa dalla Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma, dal Museo Statale Centrale di Storia Contemporanea della Russia e dall’Istituto Italiano di Cultura, a cura di Marzio Dall’Acqua, biografo ufficiale dell’artista, e di Vittorio Sgarbi - presenta oltre settanta opere, dai primissimi lavori con, al centro, animali domestici, ai celebri oli, dalle intense sculture agli immancabili autoritratti, specchio del tormento di un’anima che, grazie alla pittura, ha trovato voce e riscatto.
Dal celebre Autoritratto con mosca alla Tigre con serpente, dall’Autoritratto con cappello al Ritorno dai campi, il percorso - il primo di una serie di appuntamenti previsti dell’accordo italo-russo - ripercorre la drammatica esistenza del pittore dall’arte genuina che lavorava lungo gli argini del Po.

«Nel giro di venti porteremo Ligabue anche all’Ermitage di San Pietroburgo, al quale già abbiamo donato due sculture dell’artista, l’Autoritratto e una Pantera» anticipa Tota, che dal 1952 è stato vicino all’artista, legato da un rapporto di stima. «Non dico di essere stato suo amico - spiega Toti - perché Ligabue non aveva amici, era una persona incredibile, molto sola, in preda alla pazzia del genio. Ho venduto molte delle sue opere, inizialmente per quindici-venti lire e sono stato fortemente condizionato dalla sua conoscenza. Gravitava intorno a Guastalla, dove aveva anche lo studio».

Reduce dal recente successo della mostra Serpentiform della Maison Bulgari a Singapore, il pittore prosegue il suo viaggio nel mondo attraverso il progetto promosso dall’Archivio con sede a Parma e che, sin dalla sua nascita, nel 1983, persegue con decisione lo scopo di studiare la figura dell’artista, definitivamente sottratta all’iniziale qualifica di naïf. Un obiettivo che la Fondazione, nata nel 2017, ha ereditato come patrimonio culturale, dando concretezza alla previsione (o auspicio) dell’artista, che lo avrebbe portato, un giorno, tra i più grandi musei del mondo.

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