Dal 7 settembre al 5 gennaio negli spazi del Zentrum Paul Klee
Il modernismo brasiliano si racconta a Berna
Djanira da Motta e Silva, Tre orixás, 1966, Olio su tela, 195.5 x 130.4 cm, Collezione della Pinacoteca de San Paolo, acquisito dal Governo dello Stato di San Paolo, 1969 © Istituto Pintora Djanira
Samantha De Martin
28/08/2024
Mondo - Oggi è anche il paese del colore, del Carnevale, della samba e delle spiagge da sogno. Ma non è stato sempre così. E anche l'arte lo sa.
Dal 7 settembre al 5 gennaio il Brasile si racconta al Zentrum Paul Klee dove una mostra offrirà per la prima volta in Svizzera uno sguardo approfondito sull’arte moderna, sulla storia, la letteratura, la musica, il design e l'architettura di un paese da sempre intreccio di culture indigene e tradizioni importate dai colonizzatori portoghesi oltre che dagli schiavi dall'Africa occidentale.
Prima di spostarsi alla Royal Academy of Arts di Londra, la mostra, attraverso 130 opere esposte, cercherà di dare al pubblico l'opportunità di scoprire un'arte rimasta relativamente sconosciuta fino ad ora, oltre che di conoscere la storia di un intero paese. Dopo che le opere d'arte moderna brasiliana hanno fatto il loro ingresso trionfale in Europa alla Biennale di Venezia, la mostra Brasil! Brasil! The birth of Modernism offrirà alla Svizzera la prima importante introduzione all'arte moderna del paese più grande del Sud America, con il suo paesaggio estremamente vario che, dalla foresta pluviale amazzonica, corre alle celebri spiagge di Copacabana.
Tarsila do Amaral, Il lago, 1928, Olio su tela, 93 x 75.5 cm, Hecilda e Sergio Fadel | Foto: Jaime Acioli © Tarsila do Amaral S/A
L'esposizione porta a Berna il lavoro di dieci artisti brasiliani della prima metà del XX secolo, attraverso fotografie, filmati e stazioni audio, invitando il pubblico a sfogliare un'ampia panoramica dei più importanti successi del Brasile in letteratura, musica, architettura, design. Gli artisti in mostra sono suddivisi in due categorie. Nomi come Anita Malfatti, Vicente de Rego Monteiro, Tarsila do Amaral, Lasar Segall e Candido Portinari hanno aderito da tempo al canone dell'arte moderna brasiliana, mantenendo contatti con l'avanguardia europea e scoprendo sfaccettature della cultura brasiliana attraverso gli occhi degli intellettuali europei. Il loro linguaggio pittorico è stato inizialmente influenzato da tendenze artistiche come l'espressionismo, il futurismo, il cubismo. Questi artisti scoprirono le culture indigene attraverso i libri e i musei, senza tuttavia entrare in contatto con la vita reale di queste persone.
Accanto a loro la mostra presenterà Flávio de Carvalho, Alfredo Volpi, Djanira da Motta e Silva, Rubem Valentim e Geraldo de Barros, artisti che per molto tempo non furono accolti nel canone artistico brasiliano. Se Alfred Volpi e Djanira da Motta e Silva hanno preso spunto per i loro soggetti da pratiche popolari come feste o rituali di paese, Rubem Valentim ha integrato nelle sue composizioni simboli come frecce, triangoli, cerchi e accette, legati a doppio filo ai rituali religiosi afro-brasiliani del Candomblé. Da Motta e Silva e Valentim appartenevano entrambi a queste culture, ma dal momento che non avevano ricevuto alcuna formazione artistica classica, il loro lavoro è stato a lungo visto come "primitivo" o considerato arte popolare. De Barros e de Carvalho si muovevano tra arte visiva, architettura e design, motivo per cui è rimasto difficile assegnare loro un posto nel canone. Inoltre, con le sue azioni basate sulla performance e i ritratti di donne dipinte in stile espressionista, de Carvalho ha scatenato talvolta violente reazioni.
Alfredo Volpi, Capelinha, 1940, Guazzo su tela, 80 x 60 cm, Collezione di Ronaldo Cezar Coelho, Rio de Janeiro | Foto: Jaime Acioli
In questo viaggio atteso al Zentrum Paul Klee incontriamo il Brasile all'inizio del XX secolo, quando è ancora una giovane nazione in fase di transizione. Nel 1889, dopo 67 anni di dominio imperiale, viene proclamata la prima Repubblica, con capitale Rio de Janeiro. Economicamente, il paese trae profitto dal suo quasi totale monopolio nel commercio mondiale del caffè, concentrato nella città portuale di Santos nello stato federale di San Paolo. Quando, nel 1888, la schiavitù viene abolita, molti dei lavoratori sfruttati e delle persone precedentemente schiavizzate migrano nella regione di San Paolo per trarre profitto dal boom economico. Questa fiorente condizione trova un riflesso nell'arte, nella letteratura e nella musica, nonché nel design e nell'architettura. L'architettura moderna - che ha trovato un'espressione iconica nell'opera di architetti come Oscar Niemeyer e Lina Bo Bardi - ma anche lo sviluppo del Carnevale a Rio de Janeiro sono tutte espressioni di questa energia positiva. Tuttavia, considerata la popolazione eterogenea e la straordinaria convivenza di culture regionali, la ricerca di un'identità nazionale si è rivelata una sfida complessa.
Nel 1922, in concomitanza con il centenario dell'indipendenza brasiliana, il magnate del caffè Paulo Prado, uno degli oligarchi più influenti, introdusse una settimana di eventi culturali, la Semana de Arte Moderna, con l’obiettivo di trasformare il centro economico di San Paolo in un'altra capitale dello sviluppo artistico moderno insieme a Rio de Janeiro. Oltre alle mostre dedicate all'arte e all'architettura, nel contesto effervescente della Semana ebbero luogo concerti, spettacoli di danza, conferenze e letture. Era la prima volta che le varie arti venivano riunite in questo modo come un movimento d'avanguardia. Come nel contesto della avanguardie europee, anche gli artisti in Brasile furono pervasi dal desiderio di superare il canone artistico classico, accademico e istituzionalizzato dominante del XIX secolo. Il loro obiettivo fu pertanto quello di trovare possibili modi per staccarsi dall' orientamento artistico dei colonizzatori portoghesi sviluppando un proprio linguaggio pittorico. Non sorprende che, con questo obiettivo, cercassero un confronto con i contemporanei europei. Così molti artisti brasiliani provenienti da famiglie benestanti iniziarono a viaggiare in Europa per lunghi soggiorni.
Vicente del Rego Monteiro, Donna seduta, 1924, Olio su tela, 145 x 165 cm, Collezione di Luciana e Luis Antonio de Almeida Braga | Foto: Jaime Acioli
Se Anita Malfatti raggiunse Berlino, Tarsila do Amaral, Candido Portinari, Vicente do Rego Monteiro e Geraldo de Barros partirono alla volta di Parigi. L'impegno con l'arte d'avanguardia europea, e in particolare con l'espressionismo, il futurismo e il cubismo, non potè non lasciare tracce nelle loro opere. Eppure, nonostante questi influssi, tornati in Brasile, si sforzarono di dare sviluppo a un'arte brasiliana moderna. Impegnandosi a indagare tradizioni e temi che considerarono come “propri”, maneggiarono le pratiche indigene, le culture afro-brasiliane introdotte dagli schiavi, la pluralità etnica. La storia evolve e l’arte segue il suo corso. Con la Rivoluzione del 1930 e il dittatoriale ‘Estado Novo’ - lo stato corporatista portoghese istituito nel 1933 evolutosi dalla Ditadura Nacional formata dopo il colpo di Stato del 28 maggio 1926 - successivamente introdotto da Getúlio Vargas, l’arte vira su temi quali lo sfruttamento dei lavoratori agricoli e l’ingiustizia sociale, assumendo stili più realistici. A partire dagli anni Cinquanta, dopo la deposizione di Vargas, una seconda generazione di artisti moderni, affronta i temi sociali e culturali dell’etnia, della religione e del mondo del lavoro caratteristici del contesto brasiliano. Essendo molti di questi discendenti di abitanti indigeni o schiavi africani, furono in grado di articolare le disuguaglianze sociali a partire dalla loro personale esperienza. Questi temi riapparvero in seguito nell’Arte Concreta e nel movimento Tropicália, ma anche nell’architettura e nella musica. Il regime militare del 1964 segnò l’inizio di una nuova era in cui gli artisti affrontarono questioni relative all’oppressione politica e sociale.
Dal 7 settembre al 5 gennaio il Brasile si racconta al Zentrum Paul Klee dove una mostra offrirà per la prima volta in Svizzera uno sguardo approfondito sull’arte moderna, sulla storia, la letteratura, la musica, il design e l'architettura di un paese da sempre intreccio di culture indigene e tradizioni importate dai colonizzatori portoghesi oltre che dagli schiavi dall'Africa occidentale.
Prima di spostarsi alla Royal Academy of Arts di Londra, la mostra, attraverso 130 opere esposte, cercherà di dare al pubblico l'opportunità di scoprire un'arte rimasta relativamente sconosciuta fino ad ora, oltre che di conoscere la storia di un intero paese. Dopo che le opere d'arte moderna brasiliana hanno fatto il loro ingresso trionfale in Europa alla Biennale di Venezia, la mostra Brasil! Brasil! The birth of Modernism offrirà alla Svizzera la prima importante introduzione all'arte moderna del paese più grande del Sud America, con il suo paesaggio estremamente vario che, dalla foresta pluviale amazzonica, corre alle celebri spiagge di Copacabana.
Tarsila do Amaral, Il lago, 1928, Olio su tela, 93 x 75.5 cm, Hecilda e Sergio Fadel | Foto: Jaime Acioli © Tarsila do Amaral S/A
L'esposizione porta a Berna il lavoro di dieci artisti brasiliani della prima metà del XX secolo, attraverso fotografie, filmati e stazioni audio, invitando il pubblico a sfogliare un'ampia panoramica dei più importanti successi del Brasile in letteratura, musica, architettura, design. Gli artisti in mostra sono suddivisi in due categorie. Nomi come Anita Malfatti, Vicente de Rego Monteiro, Tarsila do Amaral, Lasar Segall e Candido Portinari hanno aderito da tempo al canone dell'arte moderna brasiliana, mantenendo contatti con l'avanguardia europea e scoprendo sfaccettature della cultura brasiliana attraverso gli occhi degli intellettuali europei. Il loro linguaggio pittorico è stato inizialmente influenzato da tendenze artistiche come l'espressionismo, il futurismo, il cubismo. Questi artisti scoprirono le culture indigene attraverso i libri e i musei, senza tuttavia entrare in contatto con la vita reale di queste persone.
Accanto a loro la mostra presenterà Flávio de Carvalho, Alfredo Volpi, Djanira da Motta e Silva, Rubem Valentim e Geraldo de Barros, artisti che per molto tempo non furono accolti nel canone artistico brasiliano. Se Alfred Volpi e Djanira da Motta e Silva hanno preso spunto per i loro soggetti da pratiche popolari come feste o rituali di paese, Rubem Valentim ha integrato nelle sue composizioni simboli come frecce, triangoli, cerchi e accette, legati a doppio filo ai rituali religiosi afro-brasiliani del Candomblé. Da Motta e Silva e Valentim appartenevano entrambi a queste culture, ma dal momento che non avevano ricevuto alcuna formazione artistica classica, il loro lavoro è stato a lungo visto come "primitivo" o considerato arte popolare. De Barros e de Carvalho si muovevano tra arte visiva, architettura e design, motivo per cui è rimasto difficile assegnare loro un posto nel canone. Inoltre, con le sue azioni basate sulla performance e i ritratti di donne dipinte in stile espressionista, de Carvalho ha scatenato talvolta violente reazioni.
Alfredo Volpi, Capelinha, 1940, Guazzo su tela, 80 x 60 cm, Collezione di Ronaldo Cezar Coelho, Rio de Janeiro | Foto: Jaime Acioli
In questo viaggio atteso al Zentrum Paul Klee incontriamo il Brasile all'inizio del XX secolo, quando è ancora una giovane nazione in fase di transizione. Nel 1889, dopo 67 anni di dominio imperiale, viene proclamata la prima Repubblica, con capitale Rio de Janeiro. Economicamente, il paese trae profitto dal suo quasi totale monopolio nel commercio mondiale del caffè, concentrato nella città portuale di Santos nello stato federale di San Paolo. Quando, nel 1888, la schiavitù viene abolita, molti dei lavoratori sfruttati e delle persone precedentemente schiavizzate migrano nella regione di San Paolo per trarre profitto dal boom economico. Questa fiorente condizione trova un riflesso nell'arte, nella letteratura e nella musica, nonché nel design e nell'architettura. L'architettura moderna - che ha trovato un'espressione iconica nell'opera di architetti come Oscar Niemeyer e Lina Bo Bardi - ma anche lo sviluppo del Carnevale a Rio de Janeiro sono tutte espressioni di questa energia positiva. Tuttavia, considerata la popolazione eterogenea e la straordinaria convivenza di culture regionali, la ricerca di un'identità nazionale si è rivelata una sfida complessa.
Nel 1922, in concomitanza con il centenario dell'indipendenza brasiliana, il magnate del caffè Paulo Prado, uno degli oligarchi più influenti, introdusse una settimana di eventi culturali, la Semana de Arte Moderna, con l’obiettivo di trasformare il centro economico di San Paolo in un'altra capitale dello sviluppo artistico moderno insieme a Rio de Janeiro. Oltre alle mostre dedicate all'arte e all'architettura, nel contesto effervescente della Semana ebbero luogo concerti, spettacoli di danza, conferenze e letture. Era la prima volta che le varie arti venivano riunite in questo modo come un movimento d'avanguardia. Come nel contesto della avanguardie europee, anche gli artisti in Brasile furono pervasi dal desiderio di superare il canone artistico classico, accademico e istituzionalizzato dominante del XIX secolo. Il loro obiettivo fu pertanto quello di trovare possibili modi per staccarsi dall' orientamento artistico dei colonizzatori portoghesi sviluppando un proprio linguaggio pittorico. Non sorprende che, con questo obiettivo, cercassero un confronto con i contemporanei europei. Così molti artisti brasiliani provenienti da famiglie benestanti iniziarono a viaggiare in Europa per lunghi soggiorni.
Vicente del Rego Monteiro, Donna seduta, 1924, Olio su tela, 145 x 165 cm, Collezione di Luciana e Luis Antonio de Almeida Braga | Foto: Jaime Acioli
Se Anita Malfatti raggiunse Berlino, Tarsila do Amaral, Candido Portinari, Vicente do Rego Monteiro e Geraldo de Barros partirono alla volta di Parigi. L'impegno con l'arte d'avanguardia europea, e in particolare con l'espressionismo, il futurismo e il cubismo, non potè non lasciare tracce nelle loro opere. Eppure, nonostante questi influssi, tornati in Brasile, si sforzarono di dare sviluppo a un'arte brasiliana moderna. Impegnandosi a indagare tradizioni e temi che considerarono come “propri”, maneggiarono le pratiche indigene, le culture afro-brasiliane introdotte dagli schiavi, la pluralità etnica. La storia evolve e l’arte segue il suo corso. Con la Rivoluzione del 1930 e il dittatoriale ‘Estado Novo’ - lo stato corporatista portoghese istituito nel 1933 evolutosi dalla Ditadura Nacional formata dopo il colpo di Stato del 28 maggio 1926 - successivamente introdotto da Getúlio Vargas, l’arte vira su temi quali lo sfruttamento dei lavoratori agricoli e l’ingiustizia sociale, assumendo stili più realistici. A partire dagli anni Cinquanta, dopo la deposizione di Vargas, una seconda generazione di artisti moderni, affronta i temi sociali e culturali dell’etnia, della religione e del mondo del lavoro caratteristici del contesto brasiliano. Essendo molti di questi discendenti di abitanti indigeni o schiavi africani, furono in grado di articolare le disuguaglianze sociali a partire dalla loro personale esperienza. Questi temi riapparvero in seguito nell’Arte Concreta e nel movimento Tropicália, ma anche nell’architettura e nella musica. Il regime militare del 1964 segnò l’inizio di una nuova era in cui gli artisti affrontarono questioni relative all’oppressione politica e sociale.
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