In programma per il 2019
A Pompei "riapre" la più grande conceria della città antica
A Pompei, un antico banco da lavoro con i dolia. Courtesy of Parco archeologico di Pompei
Samantha De Martin
18/06/2018
Napoli - L’atmosfera rispetto al I secolo d.C. sarà certo diversa, ma l’emozione di assistere alla lavorazione delle pelli nella più antica conceria di Pompei sarà immensa.
Un’idea progettuale ispirata al modello del “museo diffuso” ha infatti in programma il restauro e il riallestimento - con vetrine espositive, pannellistica e supporti multimediali - dei locali della più grande conceria dell'antica città, al fine di aiutare il visitatore a comprendere le modalità dell’antico processo di lavorazione delle pelli.
Ma per vedere attuato il progetto - frutto della collaborazione tra il Parco archeologico e l’Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC), che prevede anche la risistemazione del cosiddetto vicolo del Conciapelle, al fine di ripristinarne la percorribilità - bisognerà attendere il 2019, quando sarà ultimato l’ intervento di messa in sicurezza che interesserà le Regiones I-II e III, previsto dal Grande Progetto Pompei.
L’impianto era stato installato intorno alla metà del I sec. d.C. al posto di un’abitazione più antica, giungendo ad occupare la quasi totalità dell’insula. A seguito dei danni prodotti dal terremoto del 62 d. C. l’impianto artigianale subì importanti modifiche che lo resero più funzionale, conferendogli l’aspetto attuale.
Riemerso a fine Ottocento e situato nella Regio I degli scavi (Insula 5), l’impianto conciario era stato identificato come tale sulla base delle testimonianze epigrafiche, e grazie agli utensili rinvenuti nel corso dello scavo. Il processo di lavorazione avveniva in settori funzionalmente distinti dell’edificio. Nei dolia - vasi di grandi dimensioni - aveva luogo il lavaggio del pellame, che richiedeva l’impiego di sostanze maleodoranti, mentre la concia vera e propria, con la macerazione delle pelli, avveniva invece nelle quindici grandi vasche cilindriche conservatesi in uno degli ambienti dell’edificio.
Le pelli venivano battute al di sotto dell’area porticata e lavorate nei piccoli ambienti che si susseguono sul lato est del peristilio, divisi tra loro da bassi muretti trasversali.
L’ampio triclinio estivo addossato al muro ovest del peristilio era destinato agli ospiti del coriarius (titolare dell’attività), che aveva la sua residenza all’interno del complesso.
Leggi anche:
• A Pompei riemerge il vicolo dei balconi
• Nuove scoperte a Pompei: ecco la villa di Civita Giuliana
• Riemerge dagli scavi l' "ultimo fuggiasco" di Pompei
Un’idea progettuale ispirata al modello del “museo diffuso” ha infatti in programma il restauro e il riallestimento - con vetrine espositive, pannellistica e supporti multimediali - dei locali della più grande conceria dell'antica città, al fine di aiutare il visitatore a comprendere le modalità dell’antico processo di lavorazione delle pelli.
Ma per vedere attuato il progetto - frutto della collaborazione tra il Parco archeologico e l’Unione Nazionale Industria Conciaria (UNIC), che prevede anche la risistemazione del cosiddetto vicolo del Conciapelle, al fine di ripristinarne la percorribilità - bisognerà attendere il 2019, quando sarà ultimato l’ intervento di messa in sicurezza che interesserà le Regiones I-II e III, previsto dal Grande Progetto Pompei.
L’impianto era stato installato intorno alla metà del I sec. d.C. al posto di un’abitazione più antica, giungendo ad occupare la quasi totalità dell’insula. A seguito dei danni prodotti dal terremoto del 62 d. C. l’impianto artigianale subì importanti modifiche che lo resero più funzionale, conferendogli l’aspetto attuale.
Riemerso a fine Ottocento e situato nella Regio I degli scavi (Insula 5), l’impianto conciario era stato identificato come tale sulla base delle testimonianze epigrafiche, e grazie agli utensili rinvenuti nel corso dello scavo. Il processo di lavorazione avveniva in settori funzionalmente distinti dell’edificio. Nei dolia - vasi di grandi dimensioni - aveva luogo il lavaggio del pellame, che richiedeva l’impiego di sostanze maleodoranti, mentre la concia vera e propria, con la macerazione delle pelli, avveniva invece nelle quindici grandi vasche cilindriche conservatesi in uno degli ambienti dell’edificio.
Le pelli venivano battute al di sotto dell’area porticata e lavorate nei piccoli ambienti che si susseguono sul lato est del peristilio, divisi tra loro da bassi muretti trasversali.
L’ampio triclinio estivo addossato al muro ovest del peristilio era destinato agli ospiti del coriarius (titolare dell’attività), che aveva la sua residenza all’interno del complesso.
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