Dal 26 settembre alla Basilica della Pietrasanta
Andy Warhol torna a Napoli

Arthemisia |
Andy Warhol, Marilyn
Francesca Grego
23/09/2019
Napoli - È il 1975 quando Andy Warhol visita per la prima volta Napoli, invitato dal gallerista Lucio Amelio. Dalla Grande Mela di Leo Castelli il guru della Pop Art è partito alla conquista dell'Europa e la metropoli partenopea ribolle di fermenti creativi: una “città bazar”, che a Warhol ricorda New York “soprattutto per i tanti travestiti e i rifiuti per strada”.
Sono passati 44 anni e Napoli dedica una grande mostra al suo irriverente ospite. Dal prossimo 26 settembre al 23 febbraio 2020 la Basilica della Pietrasanta accoglierà oltre 200 opere dell'artista in un percorso concepito per riviverne l'intera carriera. Un posto speciale è occupato da quelle che testimoniano il suo rapporto con l'Italia e con la città: dal celebre Vesuvius del 1985 al Ritratto di Beuys, realizzato nel 1980 in occasione dell'esposizione presso la Galleria Amelio.
In arrivo dipinti, serigrafie, polaroid e disegni, pronti ad evidenziare ancora una volta come Warhol abbia stravolto ogni preesistente definizione di arte: le intramontabili Campbell's Soup e i volti dello star system da Marilyn a Sylvester Stallone, i celebri Flowers e le icone dell'arte (Man Ray, Edvard Munch, Keith Haring e la Gioconda), i personaggi storici – Mao, Lenin – che Warhol trasformò in popstar del presente, i protagonisti della scena musicale (Velvet Underground, Mick Jagger, Stevie Wonder, Grace Jones), i grandi stilisti del made in Italy (Armani, Versace, Valentino) e infine gli indimenticabili Self Portrait con la parrucca color argento.
Spazio anche a un Andy Warhol meno conosciuto: una serie di disegni raccontano i tempi in cui la Pop Art non era ancora stata inventata e il nostro si guadagnava da vivere lavorando come illustratore per le riviste di moda. Disegnava anelli, orecchini, pietre preziose. Ma sappiamo bene che non gli sarebbe bastato.
Leggi anche:
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Spazio anche a un Andy Warhol meno conosciuto: una serie di disegni raccontano i tempi in cui la Pop Art non era ancora stata inventata e il nostro si guadagnava da vivere lavorando come illustratore per le riviste di moda. Disegnava anelli, orecchini, pietre preziose. Ma sappiamo bene che non gli sarebbe bastato.
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