Il 16 giugno la presentazione al Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli
Antonio Canova, l'uomo e l'artista nell'Epistolario a cura di Giuseppe Pavanello

Antonio Canova, Autoritratto, 1812, Gesso | Courtesy Museo Civico Bassano del Grappa
Samantha De Martin
13/06/2023
Napoli - Dal 30 marzo del 1779, anno del primo documento conosciuto - la «Supplica» per essere aggregato all’Accademia veneziana - fino al 1794, corrono sedici intensi anni di vita di Antonio Canova, nei suoi risvolti umani e nelle innumerevoli attività artistiche.
Sono gli anni di formazione e di crescita, durante il primo soggiorno a Roma, divenuta città d’elezione, che vedono sbocciare le molteplici potenzialità di un artista giovane che riesce rapidamente a imporsi nell’ambiente di spicco in Europa, proprio quando si afferma il gusto neoclassico. Questo periodo intenso per il maestro di Possagno si svela tra le lettere dell’Epistolario (1779-1794) a cura di Giuseppe Pavanello, terzo volume dell’Opera Edizione nazionale delle opere di Antonio Canova.

Cover dell'Epistolario di Antonio Canova (1779-1794), a cura di Giuseppe Pavanello
Il volume, denso di spunti interessanti sulla vita, le abitudini, l’attività dello scultore, sarà al centro di una presentazione venerdì 16 giugno al Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, alla presenza del curatore, di Sylvain Bellenger, direttore generale del Museo e Real Bosco di Capodimonte, e di Gianni Venturi, presidente del Comitato Nazionale delle opere di Antonio Canova.
Con il curatore Guseppe Pavanello, dal 2002, direttore dell’Istituto di Storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, parte del Comitato per l'Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Canova, dell’Istituto di ricerca su Canova e il neoclassicismo di Bassano, del Consiglio scientifico della Fondazione Canova di Possagno, dove dirige il Centro Studi Canoviani, dialogherà la professoressa Rosanna Cioffi, professore emerito di materie letterarie al Dipartimento di Lettere dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.
L’Epistolario è un suggestivo viaggio nel tempo, una sorta di “convivenza virtuale” tra il curatore Pavanello e Canova, che ha consentito di accedere alla sfera personale di tanti personaggi, primo fra tutti, "il nuovo Fidia".
“Non si può che essergli grati: non è stato un genio creatore e basta - si legge nella scheda editoriale -. Il suo epistolario ci ha regalato uno spaccato straordinario non di un mondo soltanto, ma di tanti mondi. A partire dal suo. Quanta umanità trapela da queste lettere: è forse il messaggio più alto, che viene a toccarci nell’intimo. Non solo il primo artista moderno, anche il primo uomo moderno”.
Così, frugando nel volume, tra i tanti aneddoti relativi al poeta del marmo, scopriamo che Canova amava scrivere di sera, nella sua camera, prima di dormire.
“Mi resi alla mia camera ove mi trateni per scrivere; mi morì il lume e ha convenuto che me ne vada a letto” scrive il 9 novembre 1779. E ancora apprendiamo che di sabato aveva l’abitudine di scrivere in gran fretta. “Son più che certo che l’adorabile signor cavalier Zulian averà sentito con piacere di me. Esso mi ama e mi ha amato quando ero un minoribus (se scrivo male il latino e anche l’italiano ricordatevi che fo statue) […] ‘Perdonerà il carattere perché quand’è il sabato son costretto a scrivere in gran fretta” […]”.
Il carteggio è molto più di uno scambio tra mittenti e destinatari: è uno scrigno ricchissimo di nomi che, in vario modo e a diverso titolo, si intrecciano con le vicende del protagonista: ecco allora Antonio D’Este e Martino De Boni, compagni di studi all’Accademia veneziana, uno destinato a diventare una sorta di alter ego di Canova , chiamato a dirigere ben presto lo studio di scultura, il secondo, legatissimo allo scultore e suo insegnante di pittura.

Antonio Canova, Tersicore, 1808. Gesso, 170 x 80 x 55 cm. Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova
Sono gli anni di formazione e di crescita, durante il primo soggiorno a Roma, divenuta città d’elezione, che vedono sbocciare le molteplici potenzialità di un artista giovane che riesce rapidamente a imporsi nell’ambiente di spicco in Europa, proprio quando si afferma il gusto neoclassico. Questo periodo intenso per il maestro di Possagno si svela tra le lettere dell’Epistolario (1779-1794) a cura di Giuseppe Pavanello, terzo volume dell’Opera Edizione nazionale delle opere di Antonio Canova.

Cover dell'Epistolario di Antonio Canova (1779-1794), a cura di Giuseppe Pavanello
Il volume, denso di spunti interessanti sulla vita, le abitudini, l’attività dello scultore, sarà al centro di una presentazione venerdì 16 giugno al Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, alla presenza del curatore, di Sylvain Bellenger, direttore generale del Museo e Real Bosco di Capodimonte, e di Gianni Venturi, presidente del Comitato Nazionale delle opere di Antonio Canova.
Con il curatore Guseppe Pavanello, dal 2002, direttore dell’Istituto di Storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, parte del Comitato per l'Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Canova, dell’Istituto di ricerca su Canova e il neoclassicismo di Bassano, del Consiglio scientifico della Fondazione Canova di Possagno, dove dirige il Centro Studi Canoviani, dialogherà la professoressa Rosanna Cioffi, professore emerito di materie letterarie al Dipartimento di Lettere dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.
L’Epistolario è un suggestivo viaggio nel tempo, una sorta di “convivenza virtuale” tra il curatore Pavanello e Canova, che ha consentito di accedere alla sfera personale di tanti personaggi, primo fra tutti, "il nuovo Fidia".
“Non si può che essergli grati: non è stato un genio creatore e basta - si legge nella scheda editoriale -. Il suo epistolario ci ha regalato uno spaccato straordinario non di un mondo soltanto, ma di tanti mondi. A partire dal suo. Quanta umanità trapela da queste lettere: è forse il messaggio più alto, che viene a toccarci nell’intimo. Non solo il primo artista moderno, anche il primo uomo moderno”.
Così, frugando nel volume, tra i tanti aneddoti relativi al poeta del marmo, scopriamo che Canova amava scrivere di sera, nella sua camera, prima di dormire.
“Mi resi alla mia camera ove mi trateni per scrivere; mi morì il lume e ha convenuto che me ne vada a letto” scrive il 9 novembre 1779. E ancora apprendiamo che di sabato aveva l’abitudine di scrivere in gran fretta. “Son più che certo che l’adorabile signor cavalier Zulian averà sentito con piacere di me. Esso mi ama e mi ha amato quando ero un minoribus (se scrivo male il latino e anche l’italiano ricordatevi che fo statue) […] ‘Perdonerà il carattere perché quand’è il sabato son costretto a scrivere in gran fretta” […]”.
Il carteggio è molto più di uno scambio tra mittenti e destinatari: è uno scrigno ricchissimo di nomi che, in vario modo e a diverso titolo, si intrecciano con le vicende del protagonista: ecco allora Antonio D’Este e Martino De Boni, compagni di studi all’Accademia veneziana, uno destinato a diventare una sorta di alter ego di Canova , chiamato a dirigere ben presto lo studio di scultura, il secondo, legatissimo allo scultore e suo insegnante di pittura.

Antonio Canova, Tersicore, 1808. Gesso, 170 x 80 x 55 cm. Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova
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