Dal 16 giugno la biennale itinerante fa tappa nella Capitale della Cultura 2018
Presto a Palermo, il Giardino Planetario di Manifesta 12
Courtesy OMA |
Veduta di Palermo, Francesco Lojacono, 1875, Manifesta 12 Palermo Atlas, 2017
Francesca Grego
29/11/2017
Palermo - Prende forma a Palermo il progetto di Manifesta 12, la biennale itinerante di arte e cultura contemporanea che esplora il mutevole DNA dell’Europa del XXI secolo.
Dopo Lubiana, Trentino e Südtirol e San Pietroburgo, l’edizione 2018 si inserisce tra gli appuntamenti di spicco dell’anno in cui il capoluogo siciliano sarà Capitale Italiana della Cultura.
È “Il Giardino Planetario” la metafora programmatica dell’evento, costruito intorno al tema della coesistenza. Attraverso progetti di ricerca, sperimentazione artistica e mediazione culturale, la prossima biennale indagherà questioni chiave dell’attualità globale a partire da un punto di vista privilegiato, quello di una città che, dalla sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, è dalla notte dei tempi crocevia di scambi, commerci e migrazioni.
A fornire lo spunto alla direttrice Edwig Fijen e al team curatoriale composta da Bregtje van der Haak, Andrés Jaque, Ippolito Pestellini Laparelli e Mirjam Varadinis, è proprio lo storico Orto Botanico di Palermo, creato nel lontano 1789 con lo scopo di coltivare, studiare e integrare in un nuovo ambiente specie vegetali venute da lontano.
Un progetto esemplificato al meglio nel quadro Veduta di Palermo di Francesco Lojacono (1875), conservato nella Galleria d’Arte Moderna cittadina e promosso a icona della manifestazione. Contro ogni pretesa di autenticità autoctona, nella soleggiata campagna siciliana ogni pianta ha un’origine diversa e remota: gli alberi di ulivo provengono dall’Asia, i pioppi tremuli dal Medio Oriente, l’eucalipto dall’Australia, i fichi d’India dal Messico e il nespolo dal Giappone.
Nella rigogliosa varietà del mondo tocca all’umanità intera assumere le funzioni di “giardiniere”, sulla scorta delle riflessioni del botanico francese Gilles Clément: un compito delicato che richiede equilibrio e consapevolezza della propria dipendenza dagli altri attori del sistema, nel confrontarsi con le vorticose trasformazioni in atto dall’ambiente ai flussi migratori, dalla digitalizzazione all’economia.
Per sviluppare il progetto sono previste quattro sezioni, specchio di un team di Creative Mediator multidisciplinare che spazia dall’arte contemporanea al cinema e al giornalismo, dall’architettura all’innovazione politica.
“Garden of Flows”, all’Orto Botanico, si concentrerà sulla vita delle piante in relazione ai beni comuni del pianeta; “Out of Control Room”, indagherà sui poteri delocalizzati e invisibili che governano il mondo attuale; “City on Stage” lavorerà sulle energie del centro e delle periferie della città, per portare avanti progetti interrotti o rimasti sulla carta; “Teatro Garibaldi” catalizzerà l’attenzione sullo storico edificio da poco riaperto al pubblico, facendone il cuore pulsante dell’evento.
Set della manifestazione, il centralissimo quartiere La Kalsa, con la chiesa dei Santi Euno e Giuliano, Palazzo Butera, piazza Magione e le location già citate. Ma di qui Manifesta si espande verso le periferie, come il problematico quartiere ZEN, e verso i luoghi degradati della costa.
Proprio con l’obiettivo di rivitalizzare e valorizzare, nascono anche i diversi Parcours della biennale: itinerari tematici da percorrere in poche ore o vere e proprie spedizioni alla scoperta del patrimonio materiale e immateriale del territorio, concepiti con la scommessa di lasciare il segno.
Mentre i progetti artistici sono ancora in fieri, sono già decollati diversi programmi di ricerca. In primis il Palermo Atlas, l’importante ricognizione preliminare che per la prima volta Manifesta ha affidato a uno studio di architettura internazionale. Si tratta di OMA, fondato 42 anni fa da Rem Koolhas, che si è impegnato in un'esplorazione a tutto tondo delle strutture e delle risorse della città, per arrivare a leggere le trasformazioni contemporanee “con gli occhi di Palermo”.
“Palermo Atlas – spiega l’architetto italiano e partner di OMA Ippolito Pestellini Laparelli– è uno studio sulla città passata e presente, una raccolta di modelli, percezioni, storie e testimonianze raccolte sul terreno e supportate da dati.
Da un lato, Palermo è punto di partenza per raccontare la storia del Mediterraneo e dell’Europa in generale; dall’altra è una riflessione sulle caratteristiche specifiche della città.
Condotti da artisti e professionisti palermitani, abbiamo camminato per le sue strade, visitando oltre 100 siti che hanno forte rilevanza storica, culturale, civile e sociale. La raccolta di viaggi, storie e incontri ci ha permesso di avvicinarci ai tanti contesti esistenti all’interno di Palermo e di iniziare ad accertarne la complessità.
M12 intende collaborare con la città per mobilitare la cittadinanza e lasciare un’eredità duratura”.
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• È Palermo la Capitale Italiana della Cultura 2018
Dopo Lubiana, Trentino e Südtirol e San Pietroburgo, l’edizione 2018 si inserisce tra gli appuntamenti di spicco dell’anno in cui il capoluogo siciliano sarà Capitale Italiana della Cultura.
È “Il Giardino Planetario” la metafora programmatica dell’evento, costruito intorno al tema della coesistenza. Attraverso progetti di ricerca, sperimentazione artistica e mediazione culturale, la prossima biennale indagherà questioni chiave dell’attualità globale a partire da un punto di vista privilegiato, quello di una città che, dalla sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, è dalla notte dei tempi crocevia di scambi, commerci e migrazioni.
A fornire lo spunto alla direttrice Edwig Fijen e al team curatoriale composta da Bregtje van der Haak, Andrés Jaque, Ippolito Pestellini Laparelli e Mirjam Varadinis, è proprio lo storico Orto Botanico di Palermo, creato nel lontano 1789 con lo scopo di coltivare, studiare e integrare in un nuovo ambiente specie vegetali venute da lontano.
Un progetto esemplificato al meglio nel quadro Veduta di Palermo di Francesco Lojacono (1875), conservato nella Galleria d’Arte Moderna cittadina e promosso a icona della manifestazione. Contro ogni pretesa di autenticità autoctona, nella soleggiata campagna siciliana ogni pianta ha un’origine diversa e remota: gli alberi di ulivo provengono dall’Asia, i pioppi tremuli dal Medio Oriente, l’eucalipto dall’Australia, i fichi d’India dal Messico e il nespolo dal Giappone.
Nella rigogliosa varietà del mondo tocca all’umanità intera assumere le funzioni di “giardiniere”, sulla scorta delle riflessioni del botanico francese Gilles Clément: un compito delicato che richiede equilibrio e consapevolezza della propria dipendenza dagli altri attori del sistema, nel confrontarsi con le vorticose trasformazioni in atto dall’ambiente ai flussi migratori, dalla digitalizzazione all’economia.
Per sviluppare il progetto sono previste quattro sezioni, specchio di un team di Creative Mediator multidisciplinare che spazia dall’arte contemporanea al cinema e al giornalismo, dall’architettura all’innovazione politica.
“Garden of Flows”, all’Orto Botanico, si concentrerà sulla vita delle piante in relazione ai beni comuni del pianeta; “Out of Control Room”, indagherà sui poteri delocalizzati e invisibili che governano il mondo attuale; “City on Stage” lavorerà sulle energie del centro e delle periferie della città, per portare avanti progetti interrotti o rimasti sulla carta; “Teatro Garibaldi” catalizzerà l’attenzione sullo storico edificio da poco riaperto al pubblico, facendone il cuore pulsante dell’evento.
Set della manifestazione, il centralissimo quartiere La Kalsa, con la chiesa dei Santi Euno e Giuliano, Palazzo Butera, piazza Magione e le location già citate. Ma di qui Manifesta si espande verso le periferie, come il problematico quartiere ZEN, e verso i luoghi degradati della costa.
Proprio con l’obiettivo di rivitalizzare e valorizzare, nascono anche i diversi Parcours della biennale: itinerari tematici da percorrere in poche ore o vere e proprie spedizioni alla scoperta del patrimonio materiale e immateriale del territorio, concepiti con la scommessa di lasciare il segno.
Mentre i progetti artistici sono ancora in fieri, sono già decollati diversi programmi di ricerca. In primis il Palermo Atlas, l’importante ricognizione preliminare che per la prima volta Manifesta ha affidato a uno studio di architettura internazionale. Si tratta di OMA, fondato 42 anni fa da Rem Koolhas, che si è impegnato in un'esplorazione a tutto tondo delle strutture e delle risorse della città, per arrivare a leggere le trasformazioni contemporanee “con gli occhi di Palermo”.
“Palermo Atlas – spiega l’architetto italiano e partner di OMA Ippolito Pestellini Laparelli– è uno studio sulla città passata e presente, una raccolta di modelli, percezioni, storie e testimonianze raccolte sul terreno e supportate da dati.
Da un lato, Palermo è punto di partenza per raccontare la storia del Mediterraneo e dell’Europa in generale; dall’altra è una riflessione sulle caratteristiche specifiche della città.
Condotti da artisti e professionisti palermitani, abbiamo camminato per le sue strade, visitando oltre 100 siti che hanno forte rilevanza storica, culturale, civile e sociale. La raccolta di viaggi, storie e incontri ci ha permesso di avvicinarci ai tanti contesti esistenti all’interno di Palermo e di iniziare ad accertarne la complessità.
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