Fino al 25 giugno a Centrale Montemartini
I colori dei Romani. Viaggio nell'arte del mosaico
"Colori dei Romani. I mosaici dalle Collezioni Capitoline". Mosaico dalla Domus di Claudius Claudianus
Francesca Grego
15/03/2023
Roma - i completa con un’ultima, grande tappa il percorso Colori dei Romani, il progetto espositivo che da aprile 2021 racconta l’antica arte del mosaico nella suggestiva cornice della Centrale Montemartini, sede staccata dei Musei Capitolini. Proprio come in un mosaico, di volta in volta nuove sezioni si sono aggiunte alle precedenti restituendo l’immagine dinamica di un sapere e di un gusto in continua evoluzione. Da sempre espressione di lusso e prestigio, mosaici di varie epoche sono inseriti nel loro contesto, tra affreschi e sculture che arredavano gli edifici di provenienza, per un vero e proprio viaggio nel tempo. Accanto ai tesori dell’antichità, inoltre, scorre la storia della loro scoperta tra Ottocento e Novecento, quando la città si espandeva per far fronte alla sua nuova funzione di capitale d’Italia e dagli scavi per strade e palazzi emergevano le vestigia del passato, come artisti e amatori hanno ampiamente documentato con acquerelli e disegni.
In mostra fino al prossimo 25 giugno, l’ultimo capitolo di Colori dei Romani. I mosaici dalle Collezioni Capitoline è dedicato a un ramo particolarmente spettacolare dell’arte musiva: parliamo dei manufatti in marmo e dell’opus sectile, una delle tecniche decorative più raffinate e prestigiose usate dagli antichi artigiani, destinata a una fortuna lunga molti secoli. Siamo negli anni di massima espansione dell’Impero, quando l’uso dei marmi policromi diventa una consuetudine in sontuose dimore così come nell’architettura pubblica, sia sacra che civile. Nei vasti territori dominati dai Romani, la notevole disponibilità di marmi colorati e l’abbondanza di scarti di lavorazione dai grandi cantieri favorisce la nascita dei mosaici pavimentali a grandi tessere realizzati con materiali preziosi: porfido, serpentino, portasanta, giallo antico. Lavorarli non è per niente facile: il marmo va sezionato in fogli sottili (crustae) e sagomato con precisione, mentre l’alchimia tra colori, brillantezza e venature è determinante nel disegno complessivo.
“L’opus sectile è una tecnica che si sviluppa a partire dal III-IV secolo d.C. ed è adoperata soprattutto nei grandi ambienti”, spiega Claudio Parisi Presicce, curatore della mostra insieme a Nadia Agnoli e Serena Guglielmi: “I marmi colorati diventano una modalità per rappresentare la vita dei committenti e dei proprietari delle residenze, proprio per assecondare il loro bisogno di esprimere il lusso e le proprie possibilità di possedere materiali preziosi”. Appartengono a questa categoria i mosaici provenienti dalle terme di Diocleziano: frammenti di tessellato a rara combinazione di marmi e porfidi rinvenuti nel corso di scavi condotti nel 1873. In mostra li ammireremo insieme ad altre 16 opere appena restaurate e mai esposte prima, tra cui spicca un grande mosaico con motivi vegetali e uccelli rinvenuto nel 1926 in una sepoltura della necropoli della via Portuense. Il mosaico è presentato insieme alle iscrizioni funerarie ritrovate nel sepolcreto, preziose testimonianza sugli “inquilini” di queste tombe, alcuni dei quali arrivarono a Roma da molto lontano.
Ma quali passi portarono i Romani a delle realizzazioni tanto complesse? Le altre quattro sezioni della mostra lo spiegano a perfezione. Dopo un primo capitolo dedicato alla storia, alle tecniche e ai diversi motivi usati nelle decorazioni musive, un lungo viaggio nel tempo conduce i visitatori tra ville sfarzose, templi e necropoli, spaziando da Villa Casali sul Celio alla Domus di Claudius Claudianus, sul Quirinale, fino alla Basilica Hilariana, dedicata al culto di Cibele e Attis da un ricco mercante di perle, e allo straordinario mosaico con pavoni, carico di simboli esoterici, ritrovato in una prestigiosa tomba di famiglia sulla Via Appia.
In mostra fino al prossimo 25 giugno, l’ultimo capitolo di Colori dei Romani. I mosaici dalle Collezioni Capitoline è dedicato a un ramo particolarmente spettacolare dell’arte musiva: parliamo dei manufatti in marmo e dell’opus sectile, una delle tecniche decorative più raffinate e prestigiose usate dagli antichi artigiani, destinata a una fortuna lunga molti secoli. Siamo negli anni di massima espansione dell’Impero, quando l’uso dei marmi policromi diventa una consuetudine in sontuose dimore così come nell’architettura pubblica, sia sacra che civile. Nei vasti territori dominati dai Romani, la notevole disponibilità di marmi colorati e l’abbondanza di scarti di lavorazione dai grandi cantieri favorisce la nascita dei mosaici pavimentali a grandi tessere realizzati con materiali preziosi: porfido, serpentino, portasanta, giallo antico. Lavorarli non è per niente facile: il marmo va sezionato in fogli sottili (crustae) e sagomato con precisione, mentre l’alchimia tra colori, brillantezza e venature è determinante nel disegno complessivo.
“L’opus sectile è una tecnica che si sviluppa a partire dal III-IV secolo d.C. ed è adoperata soprattutto nei grandi ambienti”, spiega Claudio Parisi Presicce, curatore della mostra insieme a Nadia Agnoli e Serena Guglielmi: “I marmi colorati diventano una modalità per rappresentare la vita dei committenti e dei proprietari delle residenze, proprio per assecondare il loro bisogno di esprimere il lusso e le proprie possibilità di possedere materiali preziosi”. Appartengono a questa categoria i mosaici provenienti dalle terme di Diocleziano: frammenti di tessellato a rara combinazione di marmi e porfidi rinvenuti nel corso di scavi condotti nel 1873. In mostra li ammireremo insieme ad altre 16 opere appena restaurate e mai esposte prima, tra cui spicca un grande mosaico con motivi vegetali e uccelli rinvenuto nel 1926 in una sepoltura della necropoli della via Portuense. Il mosaico è presentato insieme alle iscrizioni funerarie ritrovate nel sepolcreto, preziose testimonianza sugli “inquilini” di queste tombe, alcuni dei quali arrivarono a Roma da molto lontano.
Ma quali passi portarono i Romani a delle realizzazioni tanto complesse? Le altre quattro sezioni della mostra lo spiegano a perfezione. Dopo un primo capitolo dedicato alla storia, alle tecniche e ai diversi motivi usati nelle decorazioni musive, un lungo viaggio nel tempo conduce i visitatori tra ville sfarzose, templi e necropoli, spaziando da Villa Casali sul Celio alla Domus di Claudius Claudianus, sul Quirinale, fino alla Basilica Hilariana, dedicata al culto di Cibele e Attis da un ricco mercante di perle, e allo straordinario mosaico con pavoni, carico di simboli esoterici, ritrovato in una prestigiosa tomba di famiglia sulla Via Appia.
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