A Roma dal 25 maggio al 25 agosto

Le identità del mondo in una mostra. A Palazzo Bonaparte trionfa il colore con un inedito Mario Testino

Mario Testino, Kenya, 2023, Fotografia, 180 x 120 cm © Mario Testino
 

Samantha De Martin

24/05/2024

Roma - “Sono pazzo del colore. A quasi settant’anni, prossimo alla pensione, trovo importante continuare a creare”.
Da Palazzo Bonaparte, dove partecipa all’inaugurazione della sua ultima mostra, A Beautiful World, presentata in anteprima assoluta a Roma, Mario Testino racconta il suo nuovo progetto, per la prima volta interamente ideato e creato dal fotografo peruviano di origini irlandesi e italiane e che ha scelto Noto come casa.
Dal 25 maggio al 25 agosto in questo progetto patrocinato dal Comune di Roma, prodotto e organizzato da Arthemisia in collaborazione con Domus Artium Reserve, con il supporto dell’Uzbekistan Art and Culture Development Foundation, non vedremo sfilare il nuovo ma quello che abbiamo dimenticato: cosa eravamo.
Testino sgombera la sua passerella di dive e modelle per fare spazio a un'umanità sconosciuta, ma che racchiude una nuova bellezza e che ha ugualmente tanto da raccontare.


Mario Testino, Myanmar, 2018, Fotografia, 60 x 90 cm © Mario Testino

"Fin dall'inizio di questo progetto ho sentito di doverlo chiamare A Beautiful World perché stavo scoprendo nuovi tipi di bellezza in luoghi che non avevo mai cercato prima” confessa.
E se finora il fotografo di moda aveva trovato la sua ispirazione nei modelli di Louis Vuitton, Burberry, Gucci, Dolce & Gabbana, oltre che tra le star della musica e del cinema, adesso si rivolge a un piano più intimo, cercando nella diversità dei costumi tradizionali e innovativi indossati con orgoglio da diverse popolazioni incontrate in oltre 30 paesi, un discorso che indaga la natura dell’identità, tra sacro, invisibile, proibito.

“Quando iniziai a scattare foto per A Beautiful World pensavo di essere spinto prima di tutto dalla curiosità e in secondo luogo dal desiderio di documentare tradizioni che stavano scomparendo. Man mano che il progetto evolveva ho capito di essere mosso da un desiderio di comprendere il concetto di appartenenza. La nostra identità ci è data innanzitutto dal luogo dove nasciamo e cresciamo a prescindere che lo ammettiamo o meno. Infatti indipendentemente da dove andiamo ce lo porteremo sempre con noi. Ma la vera bellezza del mondo ci si rivela ritrovandoci negli altri”.


Mario Testino, Myanmar, 2018, Fotografia, 60 x 90 cm © Mario Testino

Così negli ultimi sette anni Testino si è spinto oltre i confini del mondo della moda spostando la sua attenzione su un nuovo percorso creativo. Già accennato nelle immagini nel 2007, ha trovato ispirazione nelle identità culturali e nel costume dei paesi in cui tipicamente ha ambientato i suoi servizi fotografici delle nuove collezioni. Dal 2017 ha attraversato diversi paesi, concentrando la sua arte sull'esplorazione dell'unicità culturale e tradizionale che ancora si trova in un mondo rapidamente globalizzato.

Ed eccola la bellezza racchiusa tra le 70 opere esposte in un percorso espositivo a cura di Patrick Kinmonth, un itinerario che risulta perfettamente compiuto, dall’allestimento alla scelta delle musiche, dagli apparati didascalici al prezioso video che descrive il modo di lavorare di Testino in una sorta di backstage fotografico ai confini del mondo.

“Da giovane andavo pazzo per la moda. Indossavo pantaloni enormi e colorati. Nei vestiti ho sempre trovato la libertà del mio essere” confessa. Il lavoro di Testino non poteva quindi non partire dagli abiti tradizionali e dalla cultura del vestire in continua evoluzione accanto a un' incombente tendenza all’omologazione che cancella identità e comunità in ogni angolo del pianeta. Testino reagisce a questo conformismo cercando, ovunque vada, abiti e costumi originali e immutabili che descrivano approcci artistici unici legati al ruolo, all'identità e al potere di appartenenza. È nel vestito la chiave di volta: il vestito decontestualizzato perché la concentrazione sia ancora di più su quella sorta di seconda pelle. L’abito tradizionale diventa una sorta di codice a barre da leggere per “identificare” un popolo e portarne alla luce le caratteristiche più intime.


Mario Testino, Ethiopia, 2019, Fotografia, 120 x 180 cm © Mario Testino

Colpisce in mostra la scelta (vincente) di esporre vicine le fotografie di popoli anche lontanissimi. Una donna sarda vestita per la festa di Sant’Efisio affianca una donna dei Turkana, bambini dei Kara ammiccano a un lottatore di Kurash, la tensione dei Lottatori di Laamb, unti ritualmente con il latte, lascia spazio alle pose imperturbabili di un asceta indiano. Incontriamo una sposa bukhara, i devoti dell’Orisha Obatalá, i partecipanti al carnevale in costume Bate-Bola di Rio, tutti iniseme riuniti in una sorta di processione ideale dove è il colore a tenere le fila. Il colore cattura, è magnetico. Come gli sguardi che sembrano scrutare gli ospiti di Palazzo Bonaparte, interrogandoli e rivelandosi.
È il colore il vero protagonista di questo viaggio guidato da un Testino quasi antropologo dell’estetica. E il visitatore è coinvolto, viene a conoscenza di popoli di cui non ha mai sentito parlare, spinto a viaggiare tra Colombia, Messico, Giappone, Myanmar, Mongolia, Kenya per apprendere attraverso la lettura e l’analisi dei costumi tradizionali gli atteggiamenti dei vari popoli, i tratti comuni, i loro contrasti.


Mario Testino, Perù, 2022, Fotografia, 60 x 90 cm © Mario Testino

In questo suo viaggio/analisi Testino scorpora e isola l’identità dei soggetti astraendoli dal loro ambiente, collocandoli nel suo studio portatile da cui prorompe la loro appartenenza comunitaria attraverso gli abiti che indossano, quelli della loro storia, e trasformando la fotografia in un uno strumento di comprensione e di conoscenza.

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