A Roma dal 29 novembre al 17 febbraio
Villa Borghese con gli occhi di Giacomo Balla
Giacomo Balla, Alberi e siepe a Villa Borghese, 1905 circa, olio su tela, 100,8 X 101 cm. Collezione della Fondazione Cariverona
Samantha De Martin
28/11/2018
Roma - Alcuni di quei tronchi “che cantano tra la luce della sera” non ci sono più. Ma ci piace immaginare che le statue, la Fontana raffigurata in un pastello, le ombre sul prato, gli alberi, le siepi del ridente giardino romano, siano gli stessi sfiorati dallo sguardo di Giacomo Balla che tra questi viali amava passeggiare, cercando la verità nella semplicità di una strada, di una fronda mossa dal vento, degli alberi sottili oltre il balcone.
Perché dal balcone delle sue stanze-cella dell’antico monastero di via Parioli 6 (attuale via Paisiello, all’angolo di via Nicolò Porpora) dove nel 1904 si era trasferito dopo il matrimonio con Elisa Marcucci, Balla poteva godere di questo felice angolo di natura. E perdendosi e camminando tra i viali della Villa il maestro cercava atmosfere, sensazioni, ammirando anche l’immensa Cupola svettante.
La mostra Balla a Villa Borghese, in corso fino al 17 febbraio, è una puntuale fotografia di tutto questo. A cura della storica dell’arte Elena Gigli, impegnata da anni nella catalogazione dell’opera dell'artista, l’antologica, incentrata esclusivamente sulle opere dipinte nella Villa, vede riuniti oltre trenta lavori.
Ed eccola la Cupola di San Pietro nell’olio su tela Villa Borghese vista dal balcone, in prestito da una collezione privata o Alberi e siepe a Villa Borghese della Fondazione Cariverona, o ancora Maggio, trittico in prestito dal Palazzo della Consulta, Nel prato, Germogli primaverili, dove in un evidente astrattismo anche la firma del pittore sembra liquefarsi.
Fino al 1910, anno del grande polittico Villa Borghese, il tema della natura ai confini della città diventa per Balla ciò che è per Paul Cézanne la “Montagne Sainte-Victoire”: materia da indagare, da provare e riprovare, da scarnire fino all’astrazione.
Ad attualizzare la mostra - che, come ha spiegato la stessa curatrice Elena Gigli, «vuole essere anche un omaggio all’artista, nell’anno in cui ricorre il sessantesimo anniversario dalla morte» - nelle sale del primo piano del Museo sfilano gli scatti del fotografo Mario Ceppi.
Si tratta di fotografie realizzate negli stessi luoghi dei dipinti in mostra. Il pensiero di Ceppi parla ai visitatori da una parete lungo il percorso espositivo, al secondo piano del Museo Bilotti.
“Studiare Balla mi ha aperto un mondo, consentendomi anche di scoprire un universo nel quale il maestro maneggiava con esperta disinvoltura il linguaggio fotografico e pittorico riuscendo a ottenere da ciascuno di essi ciò che la sua continua ricerca chiedeva; un mondo dove il Principe della pittura era anche il signore della luce.
In mostra sarà proiettato il film di Jack Clemente, Balla e il Futurismo, vincitore del premio Leone d’Argento alla Biennale di Venezia del 1972 nella sezione documentari d’arte.
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• Balla a Villa Borghese
Perché dal balcone delle sue stanze-cella dell’antico monastero di via Parioli 6 (attuale via Paisiello, all’angolo di via Nicolò Porpora) dove nel 1904 si era trasferito dopo il matrimonio con Elisa Marcucci, Balla poteva godere di questo felice angolo di natura. E perdendosi e camminando tra i viali della Villa il maestro cercava atmosfere, sensazioni, ammirando anche l’immensa Cupola svettante.
La mostra Balla a Villa Borghese, in corso fino al 17 febbraio, è una puntuale fotografia di tutto questo. A cura della storica dell’arte Elena Gigli, impegnata da anni nella catalogazione dell’opera dell'artista, l’antologica, incentrata esclusivamente sulle opere dipinte nella Villa, vede riuniti oltre trenta lavori.
Ed eccola la Cupola di San Pietro nell’olio su tela Villa Borghese vista dal balcone, in prestito da una collezione privata o Alberi e siepe a Villa Borghese della Fondazione Cariverona, o ancora Maggio, trittico in prestito dal Palazzo della Consulta, Nel prato, Germogli primaverili, dove in un evidente astrattismo anche la firma del pittore sembra liquefarsi.
Fino al 1910, anno del grande polittico Villa Borghese, il tema della natura ai confini della città diventa per Balla ciò che è per Paul Cézanne la “Montagne Sainte-Victoire”: materia da indagare, da provare e riprovare, da scarnire fino all’astrazione.
Ad attualizzare la mostra - che, come ha spiegato la stessa curatrice Elena Gigli, «vuole essere anche un omaggio all’artista, nell’anno in cui ricorre il sessantesimo anniversario dalla morte» - nelle sale del primo piano del Museo sfilano gli scatti del fotografo Mario Ceppi.
Si tratta di fotografie realizzate negli stessi luoghi dei dipinti in mostra. Il pensiero di Ceppi parla ai visitatori da una parete lungo il percorso espositivo, al secondo piano del Museo Bilotti.
“Studiare Balla mi ha aperto un mondo, consentendomi anche di scoprire un universo nel quale il maestro maneggiava con esperta disinvoltura il linguaggio fotografico e pittorico riuscendo a ottenere da ciascuno di essi ciò che la sua continua ricerca chiedeva; un mondo dove il Principe della pittura era anche il signore della luce.
In mostra sarà proiettato il film di Jack Clemente, Balla e il Futurismo, vincitore del premio Leone d’Argento alla Biennale di Venezia del 1972 nella sezione documentari d’arte.
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