Fino al 4 luglio a Palazzo Roverella
Note su tela. A Rovigo la musica incontra l'arte, dal Simbolismo alle Avanguardie
Giacomo Balla, Bozzetto per il balletto di sole luci “Feu d’Artifice”, 1917, Milano, Museo Teatrale alla Scala © Giacomo Balla, by SIAE 2021
Samantha De Martin
07/04/2021
Rovigo - Esiste un modo di rappresentare la musica o di ascoltarla con gli occhi? E in che maniera gli artisti hanno depositato sulla tela, ma anche nella scultura o nella grafica, l’influsso delle note?
A ripercorrere la lunga storia fatta di intrecci, relazioni, corrispondenze tra musica e arte, enfatizzandone le infinite, originali sfaccettature, è una mostra spettacolo pronta a colorare Palazzo Roverella a partire da aprile, non appena le disposizioni in vigore in materia di contenimento del Covid-19 ne consentiranno la riapertura.
Fino al 4 luglio un percorso a cura di Paolo Bolpagni, frutto della collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi, passerà in rassegna le molteplici relazioni tra le due sfere espressive, dalla stagione simbolista fino agli anni Trenta del Novecento.
A scandire il percorso saranno 170 capolavori provenienti da quaranta musei e altrettanti prestatori privati.
Vasilij Kandinskij, La grande porta (Nella capitale Kiev), 1928, Colonia, Theaterwissenschaftliche Sammlung der Universität
Profondamente affascinato dalle dimensioni più profonde e misteriose dell’esistenza, il Simbolismo ambiva a sprigionare emozioni e stati d’animo analoghi a quelli suscitati dalla musica. Paesaggi ispirati ai “notturni” di Chopin o ai “chiari di Luna” di Beethoven, dove la realtà fisica si traduce in immagini che avvolgono luoghi e figure in un’unità di armonie e “sinfonie cromatiche”, si intrecciano al mito del musicista, eroe travagliato e folle. Titanico come Richard Wagner, maledetto come Beethoven.
E così, alla fine del XIX secolo, l’Europa assiste al fiorire di un filone artistico che si ispira alle opere e alle teorie estetiche di Wagner. La potenza evocativa dei suoi drammi, il suo ideale di “opera d’arte totale”, la stessa personalità del compositore ispirano un’ampia produzione di quadri, stampe, incisioni, sculture e illustrazioni. I miti nibelungici, la leggenda di Tristano e Isotta, l’epopea del Graal diventano temi perfetti da trasferire sulla tela.
La situazione muta dal primo decennio del Novecento, quando la riscoperta di Johann Sebastian Bach e il fascino scaturito dalla purezza dei suoi contrappunti prendono il posto del modello wagneriano, e non soltanto in campo musicale. L’aspirazione della pittura a raggiungere l’immaterialità delle fughe di Bach inaugura così il cammino verso l’astrattismo, trovando un perfetto riscontro nelle opere di maestri come Vasilij Kandinskij, Paul Klee, Frantisek Kupka, Félix Del Marle. Ne sono un esempio, in mostra, La grande porta (Nella capitale Kiev) di Vasilij Kandinskij, o At night, acquarello su carta realizzato da Paul Klee nel 1921.
Nel periodo delle avanguardie storiche la componente musicale viene assorbita nelle arti visive e le influenza in modalità diverse. Se i pittori del Cubismo e del successivo Purismo - da Pablo Picasso al giovane Le Corbusier - mirano a prediligere violini e chitarre come temi di partenza delle loro opere, forse per la loro capacità di introdurre nel quadro le dimensioni della vibrazione acustica e dello scorrere del tempo, anche nella Vienna di inizio Novecento Gustav Klimt, Oskar Kokoschka e Koloman Moser trovano nella musica un riferimento importante.
L’elemento sonoro raggiunge anche le tele dei futuristi, arrivando ad assumere un grande peso. Basti l’esempio di Luigi Russolo, artista visivo e compositore, ideatore di brani suonati da strumenti musicali - gli “intonarumori” - costruiti appositamente per produrre rombi, scoppi, crepitii. Lo stesso Umberto Boccioni, al termine della propria vita, è in stretto rapporto con il celebre pianista Ferruccio Busoni, del quale realizza anche un ritratto, che arriverà a Padova in prestito dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
L’importanza attribuita dal Futurismo ai suoni si evince da Fucina, studio di rumori di Julius Evola. Spetta invece a Giacomo Balla la realizzazione di una consolle con cui gestire le 76 combinazioni di luce colorata che sostituivano i ballerini, nella scenografia ideata dal pittore torinese per un “balletto di sole luci” sulle note di Stravinskij.
Umberto Boccioni, Ritratto del Maestro Busoni, 1916, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea
Bisognerà attendere Vasilij Kandinskij e Paul Klee per vedere la musica farsi paradigma di una pittura che mira a liberarsi dal concetto di rappresentazione. È al tempo del Bauhaus, peraltro, che entrambi, allora colleghi di insegnamento, sperimentano la traduzione grafica di ritmi e melodie, mentre Kandinskij si cimenta come scenografo per l’allestimento dei “Quadri di un’esposizione” del compositore Modest Musorgskij.
Più che sulla musica o sui musicisti, il Cubismo e il Purismo si concentrano sugli strumenti musicali. I Cubisti scelgono roviolini, chitarre e mandolini come temi di partenza per le loro opere, introducendo nella pittura la dimensione del “tempo”, tipicamente associata alla musica. I Puristi auspicano invece che “tutto in un’opera d’arte sia e sembri una risoluzione pura”.
La riscoperta di Johann Sebastian Bach da parte delle Avanguardie spalanca la strada all’astrazione pura. L’idea di un’arte senza oggetto, la rinuncia alla visualità trovano riscontro nell’aspirazione della pittura a raggiungere l’immaterialità e l’astrazione delle sue fughe. Anche il linguaggio astrattista del Neoplasticismo olandese di Theo van Doesburg è impregnato di rimandi costanti al mondo della musica.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale si ritorna a forme espressive più tradizionali. E la musica continua ad essere un’ispirazione. Lo si evince, in Italia, dalle tele di Armando Spadini, dalle nature morte con strumenti musicali di Piero Marussig o dallo studio per il ritratto del violoncellista Gilberto Crepax di Anselmo Bucci.
Se Alberto Savinio rappresenta un caso unico di compositore, letterato e pittore capace di unire classicità e modernità, umano e animale, Gino Severini riesce a far confluire in un equilibrio perfetto Futurismo, Cubismo, armonie lineari neopitagoriche e un colore quasi matissiano.
Il visitatore della mostra Vedere la musica. L’arte dal Simbolismo alle avanguardie sarà invitato, a conclusione del percorso, a indagare anche la grafica. Oltre alle litografie di Georges de Feure e Toulouse-Lautrec, alla copertina del poema lirico-musicale di Debussy, La demoiselle élue, di Maurice Denis, passerà in rassegna le illustrazioni per spartiti, e ritroverà Beethoven celebrato da Dario Neri e Giovanni Costetti, o sbeffeggiato dai dadaisti sulla copertina del loro “Almanach”.
Anselmo Bucci, Studio per il violoncellista Crepax, 1934, Olio su tavola, collezione privata
Leggi anche:
• Dentro Kandinsky, artista "da ascoltare": un progetto svela il volto intimo del pittore russo
• Il 2021 di Rovigo: da Chagall e i teatri del Polesine alla fotografia di Doisneau, Ghirri, Lartigue
A ripercorrere la lunga storia fatta di intrecci, relazioni, corrispondenze tra musica e arte, enfatizzandone le infinite, originali sfaccettature, è una mostra spettacolo pronta a colorare Palazzo Roverella a partire da aprile, non appena le disposizioni in vigore in materia di contenimento del Covid-19 ne consentiranno la riapertura.
Fino al 4 luglio un percorso a cura di Paolo Bolpagni, frutto della collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi, passerà in rassegna le molteplici relazioni tra le due sfere espressive, dalla stagione simbolista fino agli anni Trenta del Novecento.
A scandire il percorso saranno 170 capolavori provenienti da quaranta musei e altrettanti prestatori privati.
Vasilij Kandinskij, La grande porta (Nella capitale Kiev), 1928, Colonia, Theaterwissenschaftliche Sammlung der Universität
Profondamente affascinato dalle dimensioni più profonde e misteriose dell’esistenza, il Simbolismo ambiva a sprigionare emozioni e stati d’animo analoghi a quelli suscitati dalla musica. Paesaggi ispirati ai “notturni” di Chopin o ai “chiari di Luna” di Beethoven, dove la realtà fisica si traduce in immagini che avvolgono luoghi e figure in un’unità di armonie e “sinfonie cromatiche”, si intrecciano al mito del musicista, eroe travagliato e folle. Titanico come Richard Wagner, maledetto come Beethoven.
E così, alla fine del XIX secolo, l’Europa assiste al fiorire di un filone artistico che si ispira alle opere e alle teorie estetiche di Wagner. La potenza evocativa dei suoi drammi, il suo ideale di “opera d’arte totale”, la stessa personalità del compositore ispirano un’ampia produzione di quadri, stampe, incisioni, sculture e illustrazioni. I miti nibelungici, la leggenda di Tristano e Isotta, l’epopea del Graal diventano temi perfetti da trasferire sulla tela.
La situazione muta dal primo decennio del Novecento, quando la riscoperta di Johann Sebastian Bach e il fascino scaturito dalla purezza dei suoi contrappunti prendono il posto del modello wagneriano, e non soltanto in campo musicale. L’aspirazione della pittura a raggiungere l’immaterialità delle fughe di Bach inaugura così il cammino verso l’astrattismo, trovando un perfetto riscontro nelle opere di maestri come Vasilij Kandinskij, Paul Klee, Frantisek Kupka, Félix Del Marle. Ne sono un esempio, in mostra, La grande porta (Nella capitale Kiev) di Vasilij Kandinskij, o At night, acquarello su carta realizzato da Paul Klee nel 1921.
Nel periodo delle avanguardie storiche la componente musicale viene assorbita nelle arti visive e le influenza in modalità diverse. Se i pittori del Cubismo e del successivo Purismo - da Pablo Picasso al giovane Le Corbusier - mirano a prediligere violini e chitarre come temi di partenza delle loro opere, forse per la loro capacità di introdurre nel quadro le dimensioni della vibrazione acustica e dello scorrere del tempo, anche nella Vienna di inizio Novecento Gustav Klimt, Oskar Kokoschka e Koloman Moser trovano nella musica un riferimento importante.
L’elemento sonoro raggiunge anche le tele dei futuristi, arrivando ad assumere un grande peso. Basti l’esempio di Luigi Russolo, artista visivo e compositore, ideatore di brani suonati da strumenti musicali - gli “intonarumori” - costruiti appositamente per produrre rombi, scoppi, crepitii. Lo stesso Umberto Boccioni, al termine della propria vita, è in stretto rapporto con il celebre pianista Ferruccio Busoni, del quale realizza anche un ritratto, che arriverà a Padova in prestito dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
L’importanza attribuita dal Futurismo ai suoni si evince da Fucina, studio di rumori di Julius Evola. Spetta invece a Giacomo Balla la realizzazione di una consolle con cui gestire le 76 combinazioni di luce colorata che sostituivano i ballerini, nella scenografia ideata dal pittore torinese per un “balletto di sole luci” sulle note di Stravinskij.
Umberto Boccioni, Ritratto del Maestro Busoni, 1916, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea
Bisognerà attendere Vasilij Kandinskij e Paul Klee per vedere la musica farsi paradigma di una pittura che mira a liberarsi dal concetto di rappresentazione. È al tempo del Bauhaus, peraltro, che entrambi, allora colleghi di insegnamento, sperimentano la traduzione grafica di ritmi e melodie, mentre Kandinskij si cimenta come scenografo per l’allestimento dei “Quadri di un’esposizione” del compositore Modest Musorgskij.
Più che sulla musica o sui musicisti, il Cubismo e il Purismo si concentrano sugli strumenti musicali. I Cubisti scelgono roviolini, chitarre e mandolini come temi di partenza per le loro opere, introducendo nella pittura la dimensione del “tempo”, tipicamente associata alla musica. I Puristi auspicano invece che “tutto in un’opera d’arte sia e sembri una risoluzione pura”.
La riscoperta di Johann Sebastian Bach da parte delle Avanguardie spalanca la strada all’astrazione pura. L’idea di un’arte senza oggetto, la rinuncia alla visualità trovano riscontro nell’aspirazione della pittura a raggiungere l’immaterialità e l’astrazione delle sue fughe. Anche il linguaggio astrattista del Neoplasticismo olandese di Theo van Doesburg è impregnato di rimandi costanti al mondo della musica.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale si ritorna a forme espressive più tradizionali. E la musica continua ad essere un’ispirazione. Lo si evince, in Italia, dalle tele di Armando Spadini, dalle nature morte con strumenti musicali di Piero Marussig o dallo studio per il ritratto del violoncellista Gilberto Crepax di Anselmo Bucci.
Se Alberto Savinio rappresenta un caso unico di compositore, letterato e pittore capace di unire classicità e modernità, umano e animale, Gino Severini riesce a far confluire in un equilibrio perfetto Futurismo, Cubismo, armonie lineari neopitagoriche e un colore quasi matissiano.
Il visitatore della mostra Vedere la musica. L’arte dal Simbolismo alle avanguardie sarà invitato, a conclusione del percorso, a indagare anche la grafica. Oltre alle litografie di Georges de Feure e Toulouse-Lautrec, alla copertina del poema lirico-musicale di Debussy, La demoiselle élue, di Maurice Denis, passerà in rassegna le illustrazioni per spartiti, e ritroverà Beethoven celebrato da Dario Neri e Giovanni Costetti, o sbeffeggiato dai dadaisti sulla copertina del loro “Almanach”.
Anselmo Bucci, Studio per il violoncellista Crepax, 1934, Olio su tavola, collezione privata
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