Intervista alla fotografa e art director Brigitte Niedermair
L'arte ispira la moda. Le artiste del Surrealismo sotto la lente di Dior
Dior Haute Couture, Autumn/Winter 2021, Look Book | © Brigitte Niedermair / Cristian Dior
Francesca Grego
24/07/2020
Mondo - “Il Surrealismo è la magica sorpresa di trovare un leone in quell’armadio da cui volevi prendere una camicia”, disse una volta Frida Kahlo. Non ci sono leoni, ma abiti per sirene, ninfe, fanciulle-albero e donne-chiocciola nel guardaroba del prossimo autunno firmato da Maria Grazia Chiuri per Christian Dior, che si ispira all’immaginario dei surrealisti. O, meglio, delle surrealiste: Lee Miller, Dora Maar, Leonor Fini, Leonora Carrington, Jacqueline Lamba, Dorothea Tanning sono le protagoniste di un viaggio al femminile dedicato al potere del sogno.
Fantastic Women. Surreal Worlds from Meret Oppenheim to Frida Kahlo, Schirn Kunsthalle Frankfurt, 13 febbraio - 5 luglio 2020, Dorothea Tanning, Voltage, 1942, Olio su tela, Collezione Ulla und Heiner Pietzsch, Berlin |© The Estate of Dorothea Tanning/VG Bild-Kunst, Bonn 2020 | Foto: Jochen Littkemann, Berlin | Courtesy of SCHIRN
Una riscoperta tutt’altro che casuale: a Francoforte ha appena chiuso i battenti la mostra Fantastic Woman. Surreal Worlds from Meret Oppenheim to Frida Kahlo e la grande retrospettiva su Dora Maar è stata tra gli eventi clou dello scorso inverno alla Tate Modern, mentre la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia si prepara a stupirci con Surrealismo e Magia. Da Max Ernst a Leonora Carrington (dall’8 maggio al 13 settembre 2021).
Modelle, muse, amanti, compagne, le donne del Surrealismo tornano alla ribalta finalmente nel ruolo che è loro proprio: quello di artiste. Ma dove nasce l’idea di farne il fulcro di una collezione di haute couture? Lo abbiamo chiesto a Brigitte Niedermair, fotografa e art director della campagna targata Dior. Anche Brigitte è un’artista a tutto tondo: ama la fotografia come mestiere, detesta le etichette, lavora con la moda, ma ha reinterpretato nei suoi scatti i quadri di Giorgio Morandi e le creazioni di Sol LeWitt.
“La nuova collezione si ispira al Théâtre de la Mode, una mostra che nel 1945 girò l’Europa e l’America con le miniature degli abiti dei più grandi stilisti dell’epoca. Erano gli anni del Surrealismo”, racconta Niedermair. “Per entrare nell’atmosfera ho guardato le fotografie di Man Ray, di Bert Stern, ma soprattutto le opere di tante artiste finora trascurate dalla storia dell’arte. Sono rimasta affascinata dalla mostra su Dora Maar alla Tate. Il passo successivo è stato trasportare queste memorie nel nostro tempo”.
Dora Maar, Untitled (Hand-Shell), 1934 | Dora Maar, 20 novembre 2019 - 15 marzo 2020, Tate, London | © Estate of Dora Maar / DACS 2019, All Rights Reserved
Perché a suo parere queste artiste stanno tornando alla ribalta?
“Il mondo sta cambiando sensibilità. D’altronde, fino a tre-quattro anni fa anche la fotografia di moda era completamente in mano agli uomini. Poi è arrivato il Me Too e ha cancellato una sfilza di contratti: si è creato spazio per noi, che fino ad allora eravamo le ‘fotografe delle briciole’ indipendentemente dal talento. Da Dior prima dell’arrivo di Maria Grazia Chiuri era impensabile affidare una campagna di moda a una donna. Quello che è successo è assolutamente innovativo. Pensiamo che le due più grandi fotografe di moda nel mondo - Annie Leibovitz e Brigitte Lacombe - sono ancora considerate delle ritrattiste”.
Molte artiste surrealiste hanno usato il mezzo fotografico. Come mai?
“Probabilmente perché è un mezzo giovane rispetto alla storia dell’arte. Per centinaia di anni le donne sono rimaste in silenzio: quando è arrivato il momento di farsi sentire hanno scelto un’arte nuova. La fotografia è immediata, spontanea - anche se nel non mio caso - ed è un mestiere in cui non ti senti troppo osservata. Credo che sia un mezzo legato alla rinascita femminile”.
Dior Haute Couture, Autumn/Winter 2021, Scenography | © Cristian Dior
“Grazie alle immagini surreali, l’invisibile diventa visibile. Sono appassionata di misteri e di magia, che rappresentano peraltro un modo per esorcizzare l’incertezza del futuro”, ha detto Maria Grazia Chiuri a proposito della nuova collezione.
Atmosfere che ritroviamo nel cortometraggio Le Mythe Dior realizzato per l’occasione da Matteo Garrone, che strizza l’occhio al Surrealismo ma anche ai Preraffaelliti e ai maestri del Rinascimento. Qui ninfe, fauni e creature fantastiche sono i destinatari del baule colmo di abiti che due portantini trasportano in un bosco incantato: anche una statua si risveglia alla loro vista, solo lo sdegnoso Narciso è in grado di resistere.
Guardare le foto di questa campagna è come entrare in un sogno. E' questo il vero punto di contatto tra la maison Dior e il Surrealismo? Che valore ha oggi un sogno a occhi aperti?
“Ogni uomo che crea lascia delle idee, dei sentimenti e delle energie dietro di sè. Il sogno fa parte del dna di Dior, di quella base che ha permesso di sviluppare per 70 anni un marchio che funziona. Il nostro compito è entrare nel nido del creatore dove tutto è già scritto: basta riprenderlo e riportarlo in vita in un nuovo contesto. Il sogno ci aiuta a vivere meglio in una realtà non sempre rosea”.
Dalle collaborazioni di Salvador Dalì con Elsa Schiaparelli alle fotografie di Man Ray per celebri riviste e couturier, la liaison tra moda e Surrealismo ha prodotto grandi cose. All’originale lavoro del fotografo statunitense è dedicata Man Ray and Fashion, in programma dal 23 settembre al Musée du Luxembourg di Parigi con le immagini di Lee Miller ben in evidenza. E l’onda non accenna ad affievolirsi: Yayoi Kusama, Jeff Koons, Vanessa Beecroft, Marina Abramović, Jenny Holzer, Tracey Emin, Cindy Sherman sono solo alcuni degli artisti contemporanei che hanno sconfinato nel regno dell’abito.
Man Ray, Lee Miller, le visage peint, 1930 circa / 1980 épreuve gélatino argentique, Tirage tardif 30.9 x 22.1 cm, Milano, Fondazione Marconi | © Collection particulière | Courtesy Fondazione Marconi © Man Ray 2015 Trust / Adagp, Paris 2020
Perché la moda guarda sempre più spesso all’arte quando è in cerca di ispirazione?
“Penso che la moda sia un’espressione artistica come la pittura o il design, le divisioni non hanno più senso. Il vestito è una seconda pelle, espressione diretta della personalità di chi lo indossa e di chi lo crea. I grandi pittori del Rinascimento lavoravano per la Chiesa, i creativi di oggi per la moda e per il capitalismo. Abbiamo solo cambiato religione”.
La prima a riprendere il Théâtre de la Mode è stata Cindy Sherman, che non a caso è una delle artiste più amate dalla moda contemporanea. Come mai?
“Perché il mondo è fatto di selfie e lei è stata la prima artista a servirsene. Cindy Sherman ha usato il selfie per riflettere sul femminile. Oggi la rappresentazione dell’ego è soprattutto narcisismo e funziona bene a fini commerciali. Ma non è il caso di lasciarsi ingannare dalle apparenze: quello della moda è un mestiere molto serio, fatto di di grande know-how, di un enorme giro d’affari, di molti posti di lavoro, di vite, persone e famiglie. Ogni prodotto è frutto di tante mani concentrate nella volontà di dare il massimo”.
Oggi questo lavoro collettivo incontra l’eredità delle artiste surrealiste. I capi della collezione Dior portano i loro nomi: Frida ritorna in un tailleur con passamanerie artigianali, Meret Oppenheim è un vestito da ballo bordato di piume, Lee Miller un peplo plissettato, Gala Dalì nei riflessi d’oro di un abito lungo, mentre i colori brillanti di Leonora Carrington e Dorothea Tanning prendono forma in morbide silhouette. C’è anche Rrose Sélavy, l’alter ego femminile di Marcel Duchamp, che rivive in un vestito bustier illuminato da micro-paillettes. Tutte insieme per celebrare l’alba di un’arte e di una femminilità nuove.
Dior Haute Couture, Autumn/Winter 2021, Look Book | © Brigitte Niedermair / Cristian Dior
Fantastic Women. Surreal Worlds from Meret Oppenheim to Frida Kahlo, Schirn Kunsthalle Frankfurt, 13 febbraio - 5 luglio 2020, Dorothea Tanning, Voltage, 1942, Olio su tela, Collezione Ulla und Heiner Pietzsch, Berlin |© The Estate of Dorothea Tanning/VG Bild-Kunst, Bonn 2020 | Foto: Jochen Littkemann, Berlin | Courtesy of SCHIRN
Una riscoperta tutt’altro che casuale: a Francoforte ha appena chiuso i battenti la mostra Fantastic Woman. Surreal Worlds from Meret Oppenheim to Frida Kahlo e la grande retrospettiva su Dora Maar è stata tra gli eventi clou dello scorso inverno alla Tate Modern, mentre la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia si prepara a stupirci con Surrealismo e Magia. Da Max Ernst a Leonora Carrington (dall’8 maggio al 13 settembre 2021).
Modelle, muse, amanti, compagne, le donne del Surrealismo tornano alla ribalta finalmente nel ruolo che è loro proprio: quello di artiste. Ma dove nasce l’idea di farne il fulcro di una collezione di haute couture? Lo abbiamo chiesto a Brigitte Niedermair, fotografa e art director della campagna targata Dior. Anche Brigitte è un’artista a tutto tondo: ama la fotografia come mestiere, detesta le etichette, lavora con la moda, ma ha reinterpretato nei suoi scatti i quadri di Giorgio Morandi e le creazioni di Sol LeWitt.
“La nuova collezione si ispira al Théâtre de la Mode, una mostra che nel 1945 girò l’Europa e l’America con le miniature degli abiti dei più grandi stilisti dell’epoca. Erano gli anni del Surrealismo”, racconta Niedermair. “Per entrare nell’atmosfera ho guardato le fotografie di Man Ray, di Bert Stern, ma soprattutto le opere di tante artiste finora trascurate dalla storia dell’arte. Sono rimasta affascinata dalla mostra su Dora Maar alla Tate. Il passo successivo è stato trasportare queste memorie nel nostro tempo”.
Dora Maar, Untitled (Hand-Shell), 1934 | Dora Maar, 20 novembre 2019 - 15 marzo 2020, Tate, London | © Estate of Dora Maar / DACS 2019, All Rights Reserved
Perché a suo parere queste artiste stanno tornando alla ribalta?
“Il mondo sta cambiando sensibilità. D’altronde, fino a tre-quattro anni fa anche la fotografia di moda era completamente in mano agli uomini. Poi è arrivato il Me Too e ha cancellato una sfilza di contratti: si è creato spazio per noi, che fino ad allora eravamo le ‘fotografe delle briciole’ indipendentemente dal talento. Da Dior prima dell’arrivo di Maria Grazia Chiuri era impensabile affidare una campagna di moda a una donna. Quello che è successo è assolutamente innovativo. Pensiamo che le due più grandi fotografe di moda nel mondo - Annie Leibovitz e Brigitte Lacombe - sono ancora considerate delle ritrattiste”.
Molte artiste surrealiste hanno usato il mezzo fotografico. Come mai?
“Probabilmente perché è un mezzo giovane rispetto alla storia dell’arte. Per centinaia di anni le donne sono rimaste in silenzio: quando è arrivato il momento di farsi sentire hanno scelto un’arte nuova. La fotografia è immediata, spontanea - anche se nel non mio caso - ed è un mestiere in cui non ti senti troppo osservata. Credo che sia un mezzo legato alla rinascita femminile”.
Dior Haute Couture, Autumn/Winter 2021, Scenography | © Cristian Dior
“Grazie alle immagini surreali, l’invisibile diventa visibile. Sono appassionata di misteri e di magia, che rappresentano peraltro un modo per esorcizzare l’incertezza del futuro”, ha detto Maria Grazia Chiuri a proposito della nuova collezione.
Atmosfere che ritroviamo nel cortometraggio Le Mythe Dior realizzato per l’occasione da Matteo Garrone, che strizza l’occhio al Surrealismo ma anche ai Preraffaelliti e ai maestri del Rinascimento. Qui ninfe, fauni e creature fantastiche sono i destinatari del baule colmo di abiti che due portantini trasportano in un bosco incantato: anche una statua si risveglia alla loro vista, solo lo sdegnoso Narciso è in grado di resistere.
Guardare le foto di questa campagna è come entrare in un sogno. E' questo il vero punto di contatto tra la maison Dior e il Surrealismo? Che valore ha oggi un sogno a occhi aperti?
“Ogni uomo che crea lascia delle idee, dei sentimenti e delle energie dietro di sè. Il sogno fa parte del dna di Dior, di quella base che ha permesso di sviluppare per 70 anni un marchio che funziona. Il nostro compito è entrare nel nido del creatore dove tutto è già scritto: basta riprenderlo e riportarlo in vita in un nuovo contesto. Il sogno ci aiuta a vivere meglio in una realtà non sempre rosea”.
Dalle collaborazioni di Salvador Dalì con Elsa Schiaparelli alle fotografie di Man Ray per celebri riviste e couturier, la liaison tra moda e Surrealismo ha prodotto grandi cose. All’originale lavoro del fotografo statunitense è dedicata Man Ray and Fashion, in programma dal 23 settembre al Musée du Luxembourg di Parigi con le immagini di Lee Miller ben in evidenza. E l’onda non accenna ad affievolirsi: Yayoi Kusama, Jeff Koons, Vanessa Beecroft, Marina Abramović, Jenny Holzer, Tracey Emin, Cindy Sherman sono solo alcuni degli artisti contemporanei che hanno sconfinato nel regno dell’abito.
Man Ray, Lee Miller, le visage peint, 1930 circa / 1980 épreuve gélatino argentique, Tirage tardif 30.9 x 22.1 cm, Milano, Fondazione Marconi | © Collection particulière | Courtesy Fondazione Marconi © Man Ray 2015 Trust / Adagp, Paris 2020
Perché la moda guarda sempre più spesso all’arte quando è in cerca di ispirazione?
“Penso che la moda sia un’espressione artistica come la pittura o il design, le divisioni non hanno più senso. Il vestito è una seconda pelle, espressione diretta della personalità di chi lo indossa e di chi lo crea. I grandi pittori del Rinascimento lavoravano per la Chiesa, i creativi di oggi per la moda e per il capitalismo. Abbiamo solo cambiato religione”.
La prima a riprendere il Théâtre de la Mode è stata Cindy Sherman, che non a caso è una delle artiste più amate dalla moda contemporanea. Come mai?
“Perché il mondo è fatto di selfie e lei è stata la prima artista a servirsene. Cindy Sherman ha usato il selfie per riflettere sul femminile. Oggi la rappresentazione dell’ego è soprattutto narcisismo e funziona bene a fini commerciali. Ma non è il caso di lasciarsi ingannare dalle apparenze: quello della moda è un mestiere molto serio, fatto di di grande know-how, di un enorme giro d’affari, di molti posti di lavoro, di vite, persone e famiglie. Ogni prodotto è frutto di tante mani concentrate nella volontà di dare il massimo”.
Oggi questo lavoro collettivo incontra l’eredità delle artiste surrealiste. I capi della collezione Dior portano i loro nomi: Frida ritorna in un tailleur con passamanerie artigianali, Meret Oppenheim è un vestito da ballo bordato di piume, Lee Miller un peplo plissettato, Gala Dalì nei riflessi d’oro di un abito lungo, mentre i colori brillanti di Leonora Carrington e Dorothea Tanning prendono forma in morbide silhouette. C’è anche Rrose Sélavy, l’alter ego femminile di Marcel Duchamp, che rivive in un vestito bustier illuminato da micro-paillettes. Tutte insieme per celebrare l’alba di un’arte e di una femminilità nuove.
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