Paesi perduti. Appunti per un viaggio nell’Italia dimenticata

Silvia Camporesi, Veduta - Buonanotte Vecchio (Abruzzo), 2013 - 2015, dal ciclo 'Atlas Italiae'. Couresty l'artista
Dal 20 November 2022 al 26 February 2023
Trento
Luogo: Galleria Civica Trento
Indirizzo: Via Rodolfo Belenzani 44
Orari: Martedì - Domenica 10.00 - 13.00 / 14.00 - 18.00. Lunedì chiuso
Curatori: Gabriele Lorenzoni. Da un’idea di Vittorio Sgarbi
Costo del biglietto: intero 2 €
Telefono per informazioni: +39 0461 985511
E-Mail info: civica@mart.tn.it
Sito ufficiale: http://www.mart.tn.it
Ciò che oggi so l’ho imparato da solo. Sono, per così dire, un pittore selvaggio, perché sono cresciuto come un selvaggio, senza aiuti né sostegni. […]
Questa fu la mia scuola d’arte: osservare e disegnare»
Adelchi R. Mantovani
«Adelchi, fuori di ogni protezione o ideologia, ha dipinto,
tra serenità, nostalgia e inquietudine. Un sogno senza fine»
Vittorio Sgarbi
Arriva a Rovereto la prima mostra antologica su Adelchi-Riccardo Mantovani, straordinario pittore e disegnatore, noto principalmente in Germania, sua terra d’adozione. Organizzata dal Mart insieme a Ferrara Arte e al Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, la mostra ha avuto una prima tappa a Ferrara, al Castello Estense (5 marzo-9 ottobre).
L’esposizione ripercorre l’intera produzione di Mantovani – dagli esordi agli ultimi lavori – attraverso oltre cento opere, tra dipinti e disegni, che documentano la sua personale interpretazione di un realismo onirico costantemente nutrito dall’osservazione del vero e dalla memoria.
Nato a Ro Ferrarese nel 1942, Mantovani, rimasto orfano del padre, viene affidato alle suore dell’orfanotrofio di Ferrara dal 1946 al 1952 e poi mandato in collegio a seguire i corsi professionali per imparare il mestiere di tornitore. Nel 1964 si trasferisce in Germania e, due anni dopo, si stabilisce a Berlino, dove inizia a lavorare in fabbrica.
Il clima culturale della città lo incoraggia a riscoprire l’attitudine al disegno che si era manifestata ai tempi del collegio. Frequenta le scuole serali di pittura, i corsi di nudo, studia la storia dell’arte ed espone in mostre collettive insieme ad altri artisti. Nel 1979 abbandona i panni dell’operaio per indossare, definitivamente, quelli di pittore.
In questo periodo giunge a piena maturazione la sua singolare ricerca tesa alla creazione di un mondo allegorico e fiabesco, che affonda le radici nell’arte antica (la pittura del Quattrocento padano e il naturalismo fiammingo) e raccoglie al contempo i suggerimenti delle più affascinanti correnti figurative del primo Novecento, dalla Metafisica di de Chirico alla Nuova oggettività tedesca, dal Surrealismo di Delvaux e di Magritte al Realismo magico.
È come se tutta l’opera di Mantovani restasse in equilibrio tra due istanze e ne facesse sintesi: se da un lato c’è l’osservazione quasi maniacale della realtà e la sua fedele rappresentazione, dall’altro ci sono il sogno e quell’evocazione del fantasticosquisitamente ferrarese. Mantovani, che annovera tra i primi e più appassionati sostenitori Vittorio Sgarbi - ferrarese anch’egli - è in qualche modo erede culturale dei cinquecenteschi Ludovico Ariosto e Dosso Dossi e del moderno Giorgio de Chirico.
La mostra ripercorre in ordine cronologico e tematico i momenti del percorso creativo di Mantovani, che, recuperando i valori tradizionali della pittura e del disegno, destabilizza la percezione del dato reale, anche visionario, proiettandolo in atmosfere oniriche e sospese: dalle composizioni del periodo giovanile alle opere di sapore autobiografico e fiabesco degli anni Ottanta e Novanta; dalle immagini di gusto allegorico e popolare alle visioni specificatamente padane, agli ultimi lavori legati al tempo presente. Un viaggio ricco di delicate, intime suggestioni che racconta la vicenda umana e creativa di un uomo che «fin da bambino ha sempre avvertito l’impulso di tradurre pensieri e fantasie in immagini».
Questa fu la mia scuola d’arte: osservare e disegnare»
Adelchi R. Mantovani
«Adelchi, fuori di ogni protezione o ideologia, ha dipinto,
tra serenità, nostalgia e inquietudine. Un sogno senza fine»
Vittorio Sgarbi
Arriva a Rovereto la prima mostra antologica su Adelchi-Riccardo Mantovani, straordinario pittore e disegnatore, noto principalmente in Germania, sua terra d’adozione. Organizzata dal Mart insieme a Ferrara Arte e al Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, la mostra ha avuto una prima tappa a Ferrara, al Castello Estense (5 marzo-9 ottobre).
L’esposizione ripercorre l’intera produzione di Mantovani – dagli esordi agli ultimi lavori – attraverso oltre cento opere, tra dipinti e disegni, che documentano la sua personale interpretazione di un realismo onirico costantemente nutrito dall’osservazione del vero e dalla memoria.
Nato a Ro Ferrarese nel 1942, Mantovani, rimasto orfano del padre, viene affidato alle suore dell’orfanotrofio di Ferrara dal 1946 al 1952 e poi mandato in collegio a seguire i corsi professionali per imparare il mestiere di tornitore. Nel 1964 si trasferisce in Germania e, due anni dopo, si stabilisce a Berlino, dove inizia a lavorare in fabbrica.
Il clima culturale della città lo incoraggia a riscoprire l’attitudine al disegno che si era manifestata ai tempi del collegio. Frequenta le scuole serali di pittura, i corsi di nudo, studia la storia dell’arte ed espone in mostre collettive insieme ad altri artisti. Nel 1979 abbandona i panni dell’operaio per indossare, definitivamente, quelli di pittore.
In questo periodo giunge a piena maturazione la sua singolare ricerca tesa alla creazione di un mondo allegorico e fiabesco, che affonda le radici nell’arte antica (la pittura del Quattrocento padano e il naturalismo fiammingo) e raccoglie al contempo i suggerimenti delle più affascinanti correnti figurative del primo Novecento, dalla Metafisica di de Chirico alla Nuova oggettività tedesca, dal Surrealismo di Delvaux e di Magritte al Realismo magico.
È come se tutta l’opera di Mantovani restasse in equilibrio tra due istanze e ne facesse sintesi: se da un lato c’è l’osservazione quasi maniacale della realtà e la sua fedele rappresentazione, dall’altro ci sono il sogno e quell’evocazione del fantasticosquisitamente ferrarese. Mantovani, che annovera tra i primi e più appassionati sostenitori Vittorio Sgarbi - ferrarese anch’egli - è in qualche modo erede culturale dei cinquecenteschi Ludovico Ariosto e Dosso Dossi e del moderno Giorgio de Chirico.
La mostra ripercorre in ordine cronologico e tematico i momenti del percorso creativo di Mantovani, che, recuperando i valori tradizionali della pittura e del disegno, destabilizza la percezione del dato reale, anche visionario, proiettandolo in atmosfere oniriche e sospese: dalle composizioni del periodo giovanile alle opere di sapore autobiografico e fiabesco degli anni Ottanta e Novanta; dalle immagini di gusto allegorico e popolare alle visioni specificatamente padane, agli ultimi lavori legati al tempo presente. Un viaggio ricco di delicate, intime suggestioni che racconta la vicenda umana e creativa di un uomo che «fin da bambino ha sempre avvertito l’impulso di tradurre pensieri e fantasie in immagini».
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