Vinicius Pradella. La bellezza invisibile

Vinicius Pradella. La bellezza invisibile, Sala Birolli, Verona
Dal 27 February 2014 al 6 March 2014
Verona
Luogo: Sala Birolli
Indirizzo: via Macello 17
Orari: 10-12 / 15-19
Curatori: Licia Massella
Enti promotori:
- Provincia di Verona
- Comune di Verona
Telefono per informazioni: +39 348 7560462
E-Mail info: info@galleriamassella.com
Sito ufficiale: http://www.viniciuspradella.com
La bellezza invisibile, mostra antologica di Vinicius Pradella, a cura di Licia Massella. Dal 27 febbraio al 6 marzo 2014, presso la Sala Birolli, via Macello 17 a Verona. Inaugurazione domenica 2 marzo, ore 17.
Nato il 24 agosto del 1926, dal 1952 al 1957 l'artista che, oltre a dipingere, lavorava come disegnatore per una società italo-americana, visse tra Buenos Aires e Rio de Janeiro.
Anima detonante e produttiva, Pradella, trasferitosi nel 1963 a San Paolo, progettò un piccolo paese da costruire ai margini dell'inospitale Amazzonia. E diresse egli stesso i lavori. "E' stata un'esperienza surreale" commenta oggi ricordando quei giorni da pioniere al cospetto della maestà verde della più grande foresta del mondo. A San Paolo l'artista veronese trovò un ambiente cosmopolita che gli permise di ampliare le sue conoscenze e di far conoscere la sua eccellente pittura. Venne nominato direttore del Centro culturale italo-brasiliano e partecipò alla IX e X Biennale.
Ma il richiamo della patria si faceva spesso irresistibile. Nel 1971 ritornò in Italia ed espose a Verona, Padova, Brescia, Roma, Gardone, Torino e Genova. Fu un periodo di grande fertilità creativa, ma un nomade nello spirito obbedisce a richiami che alle creature stanziali possono sembrare irrazionali. Ed eccolo quindi nuovamente imbarcato sull'"Eugenio C." con destinazione il Brasile. Pradella lasciò definitivamente i Tropici e tornò a Verona dove espone nella Galleria della Società Belle Arti.
Da anni vive e lavora a Pescantina nella sua casa con le finestre aperte sull'azzurrognolo un tantino malinconico dei nostri monti. Nel viso è ad un tempo Socrate, Chabrier e il dottor Florand, con una barba da Gran Senusso. Veste spesso alla Lincoln e potrebbe essere scambiato per un personaggio fluviale de "L'uomo di fiducia" di Melville. Nessuna meraviglia se si mettesse improvvisamente a parlare in versi come un padre nobile del teatro classico o a divorare fiammiferi come Andrè Breton. A vederlo mentre si aggira nel pantheon delle sue papesse, sotto i seni turgidi di Johanna che è un po' Mary Stuart e un po' Jane di San Faustino, non si può fare a meno di pensare all'istrionesco Salvador Dalì, lo scomunicato esponente dei Surrealisti.
Nato il 24 agosto del 1926, dal 1952 al 1957 l'artista che, oltre a dipingere, lavorava come disegnatore per una società italo-americana, visse tra Buenos Aires e Rio de Janeiro.
Anima detonante e produttiva, Pradella, trasferitosi nel 1963 a San Paolo, progettò un piccolo paese da costruire ai margini dell'inospitale Amazzonia. E diresse egli stesso i lavori. "E' stata un'esperienza surreale" commenta oggi ricordando quei giorni da pioniere al cospetto della maestà verde della più grande foresta del mondo. A San Paolo l'artista veronese trovò un ambiente cosmopolita che gli permise di ampliare le sue conoscenze e di far conoscere la sua eccellente pittura. Venne nominato direttore del Centro culturale italo-brasiliano e partecipò alla IX e X Biennale.
Ma il richiamo della patria si faceva spesso irresistibile. Nel 1971 ritornò in Italia ed espose a Verona, Padova, Brescia, Roma, Gardone, Torino e Genova. Fu un periodo di grande fertilità creativa, ma un nomade nello spirito obbedisce a richiami che alle creature stanziali possono sembrare irrazionali. Ed eccolo quindi nuovamente imbarcato sull'"Eugenio C." con destinazione il Brasile. Pradella lasciò definitivamente i Tropici e tornò a Verona dove espone nella Galleria della Società Belle Arti.
Da anni vive e lavora a Pescantina nella sua casa con le finestre aperte sull'azzurrognolo un tantino malinconico dei nostri monti. Nel viso è ad un tempo Socrate, Chabrier e il dottor Florand, con una barba da Gran Senusso. Veste spesso alla Lincoln e potrebbe essere scambiato per un personaggio fluviale de "L'uomo di fiducia" di Melville. Nessuna meraviglia se si mettesse improvvisamente a parlare in versi come un padre nobile del teatro classico o a divorare fiammiferi come Andrè Breton. A vederlo mentre si aggira nel pantheon delle sue papesse, sotto i seni turgidi di Johanna che è un po' Mary Stuart e un po' Jane di San Faustino, non si può fare a meno di pensare all'istrionesco Salvador Dalì, lo scomunicato esponente dei Surrealisti.
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