La prima monografica in Italia dedicata al pittore fiammingo
Il mistero di Matthias Stom, caravaggesco senza volto

Matthias Stom, Esaù vende la primogenitura a Giacobbe, olio su tela, cm 51 x 84, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo (in deposito da una collezione privata) © Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia/Fotostudio Rapuzzi
Piero Muscarà
13/09/2025
Brescia - Chi era Matthias Stom? Per molti un nome oscuro, appena una nota a piè di pagina nella lunga storia del Seicento. Eppure, dietro questa apparente marginalità si nasconde un pittore capace di interpretare con forza la rivoluzione luministica di Caravaggio, declinandola con uno stile personale che ha lasciato tracce importanti in Italia e nelle Fiandre. La Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia sceglie di restituirgli spazio con la prima rassegna monografica italiana, in programma dal 18 settembre 2025 al 15 febbraio 2026, curata da Gianni Papi.
Il percorso raccoglie quasi tutte le opere conservate in Lombardia, compresi capolavori provenienti da Bergamo e dall’Accademia Carrara, insieme a tele custodite in chiese e collezioni private. È un’occasione rara per osservare da vicino un artista che visse tra Anversa, Utrecht e Roma, passando poi per Napoli, Palermo e Venezia, prima di sparire dalle cronache intorno alla metà del secolo.
Il cuore della sua pittura è la luce: scene notturne rischiarate da candele, figure a grandezza naturale immerse in chiaroscuri drammatici, volti intensi e vulnerabili. Rispetto ad altri caravaggeschi nordici, come Honthorst o Baburen, Stom conserva una tensione cupa e introspettiva, lontana dal gusto conviviale e mondano. Nelle sue tele l’ombra non è solo un espediente tecnico, ma diventa materia narrativa, capace di trasmettere inquietudine e pathos.
Dipinti come l’Incredulità di san Tommaso o il Cristo fra i dottori mostrano il suo talento nel raccontare il dubbio e il conflitto interiore, mentre la monumentale tela con Vespasiano che libera Giuseppe Flavio dalle catene rivela l’ambizione di una pittura storica a grande respiro. La concentrazione di tante opere in Lombardia testimonia quanto questo linguaggio, nato a Roma sull’onda del Caravaggio, abbia trovato terreno fertile anche lontano dai grandi centri.
La mostra invita così a riconsiderare cosa significhi essere “minore” nella storia dell’arte. Il Seicento non è stato solo il secolo di geni consacrati come Rubens o Rembrandt, ma anche di pittori meno celebrati che hanno saputo declinare una grammatica comune con risultati originali e intensi. Stom appartiene a questa costellazione: un artista coerente, fedele alla lezione caravaggesca ma capace di piegarla alla propria sensibilità.
Portarlo oggi al centro di una rassegna non significa soltanto recuperare un tassello mancante, ma proporre al pubblico un’altra prospettiva sul barocco europeo. Una scelta coerente con la vocazione di Brescia Musei che con la direzione di Stefano Karadjov ha spesso esplorato i confini della storia dell'arte, dando spazio ad artisti anche minori, per riportarli - pensiamo alla straordinaria mostra su Giacomo Ceruti che da Brescia è andata poi a Los Angeles al Getty Museum nel 2023 - nuovamente alla ribalta. Così questa mostra di Matthias Stom sembra promettere una nuova riscoperta. Le biografie frammentarie, i dipinti dispersi, le ombre che avvolgono la vita del pittore fiammingo alimentano la suggestione e rendono più affascinante l’incontro con un artista che, pur restando enigmatico, sa ancora parlare con forza attraverso la luce.
Il percorso raccoglie quasi tutte le opere conservate in Lombardia, compresi capolavori provenienti da Bergamo e dall’Accademia Carrara, insieme a tele custodite in chiese e collezioni private. È un’occasione rara per osservare da vicino un artista che visse tra Anversa, Utrecht e Roma, passando poi per Napoli, Palermo e Venezia, prima di sparire dalle cronache intorno alla metà del secolo.
Il cuore della sua pittura è la luce: scene notturne rischiarate da candele, figure a grandezza naturale immerse in chiaroscuri drammatici, volti intensi e vulnerabili. Rispetto ad altri caravaggeschi nordici, come Honthorst o Baburen, Stom conserva una tensione cupa e introspettiva, lontana dal gusto conviviale e mondano. Nelle sue tele l’ombra non è solo un espediente tecnico, ma diventa materia narrativa, capace di trasmettere inquietudine e pathos.
Dipinti come l’Incredulità di san Tommaso o il Cristo fra i dottori mostrano il suo talento nel raccontare il dubbio e il conflitto interiore, mentre la monumentale tela con Vespasiano che libera Giuseppe Flavio dalle catene rivela l’ambizione di una pittura storica a grande respiro. La concentrazione di tante opere in Lombardia testimonia quanto questo linguaggio, nato a Roma sull’onda del Caravaggio, abbia trovato terreno fertile anche lontano dai grandi centri.
La mostra invita così a riconsiderare cosa significhi essere “minore” nella storia dell’arte. Il Seicento non è stato solo il secolo di geni consacrati come Rubens o Rembrandt, ma anche di pittori meno celebrati che hanno saputo declinare una grammatica comune con risultati originali e intensi. Stom appartiene a questa costellazione: un artista coerente, fedele alla lezione caravaggesca ma capace di piegarla alla propria sensibilità.
Portarlo oggi al centro di una rassegna non significa soltanto recuperare un tassello mancante, ma proporre al pubblico un’altra prospettiva sul barocco europeo. Una scelta coerente con la vocazione di Brescia Musei che con la direzione di Stefano Karadjov ha spesso esplorato i confini della storia dell'arte, dando spazio ad artisti anche minori, per riportarli - pensiamo alla straordinaria mostra su Giacomo Ceruti che da Brescia è andata poi a Los Angeles al Getty Museum nel 2023 - nuovamente alla ribalta. Così questa mostra di Matthias Stom sembra promettere una nuova riscoperta. Le biografie frammentarie, i dipinti dispersi, le ombre che avvolgono la vita del pittore fiammingo alimentano la suggestione e rendono più affascinante l’incontro con un artista che, pur restando enigmatico, sa ancora parlare con forza attraverso la luce.
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