A Firenze dal 28 maggio al 28 novembre
Gli Uffizi primo museo moderno d'Europa. Una mostra racconta le arti nella Firenze del Settecento

Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi, Allestimento | Courtesy Uffizi
Samantha De Martin
28/05/2025
Firenze - Molti non sono mai stati esposti, altri sono rimasti nascosti allo sguardo dei visitatori per oltre un decennio, a causa dei lavori di ampliamento del percorso espositivo del museo.
Adesso 150 capolavori che raccontano il Settecento, opere di Goya, Tiepolo, Canaletto, Le Brun, Liotard, Mengs, solo per citare alcuni maestri, si mostrano ai visitatori delle Gallerie degli Uffizi.
Una grande mostra intitolata “Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi”, curata dal direttore Simone Verde e dalla responsabile della Pittura del Settecento Alessandra Griffo, riporta agli Uffizi i pennelli più talentuosi del secolo dei Lumi. Da oggi, 28 maggio, fino al 28 novembre, le sale affrescate al piano terreno del museo svelano un’accurata selezione di capolavori, tra dipinti e sculture, mobilia, porcellane, stampe ed un grande arazzo, molte esposte per la prima volta in Galleria, altre non più visibili da oltre dieci anni.
“Firenze e l’Europa - spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde - ha lo scopo di ripercorrere attraverso la sua cultura estetica un secolo estremamente sfaccettato, intrecciando la narrazione generale del contesto alla gestazione degli Uffizi quale primo museo moderno europeo. Un racconto complesso e ricco di sottotesti e sfumature che abbiamo costruito con pazienza e dedizione, mettendo a disposizione del pubblico opere della collezione non viste da molti anni o addirittura mai esposte”.
Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi, Allestimento | Courtesy Uffizi
L’obiettivo dell’esposizione è quello di raccontare un’epoca di cambiamenti cruciali per il pensiero, l’estetica, il gusto occidentale, e anche per gli stessi Uffizi che nel Settecento hanno cambiato volto trasformandosi da scrigno dinastico di collezioni reali nel primo museo moderno al mondo.
Il patto stabilito dall'ultima discendente dei Medici, Anna Maria Luisa ne aveva vincolato lo sterminato giacimento di opere a Firenze "per ornamento dello Stato". Fu Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, il 24 giugno 1769, nel giorno della festa del santo Patrono di Firenze, a permettere ai cittadini di visitare liberamente il museo.
Attraverso questi mutamenti strutturali che si intrecciano alla grande ondata di cambiamento nella politica, nella cultura e nell’estetica in tutta Europa, i Granduchi riescono a trasformare la città e il museo in un microcosmo che vibra del vento nuovo del Continente.
“Le opere in mostra – commenta la curatrice della Pittura del Settecento delle Gallerie degli Uffizi Alessandra Griffo - oltre a essere di grande qualità, hanno il pregio di offrire spunti per conoscere un secolo cruciale per la formazione della mentalità, della sensibilità e persino del gusto moderno. Oggi a Firenze arrivano ogni anno milioni di persone, attratte dal mito del primo Rinascimento; ecco, la riscoperta di questo periodo avvenne proprio nel corso del Settecento”.
Ad aprire il percorso è la produzione artistica al tempo degli ultimi Medici, nei primi decenni del Settecento. Le commissioni affidate a grandi maestri come Giovan Battista Foggini o Sebastiano Ricci dimostrano come in questo periodo la religiosità svolga ancora un ruolo preponderante in una società ancora di stampo feudale. Si investivano grandi risorse artistiche anche nella celebrazione della dinastia uscente, declinata nei ritratti di Cosimo III, del Gran Principe Ferdinando e di Gian Gastone. Di quest'ultimo spicca l'interpretazione di Joan Richter, tipicamente ancien regime, ispirata ai pomposi ritratti di corte francesi. I loro successori, i Lorena, vegliano sul percorso immortalati in busti marmorei, mentre i ritratti di natura meno ‘ufficiale’, opera di maestri come Goya, Elisabeth Vigée Le Brun, Anton Rafael Mengs e Jean Marc Nattier, testimoniano l'ampliamento della platea di modelli e committenti, avvenuto proprio in questo secolo.
L’interesse per le nuove scuole pittoriche, rappresentate in un’intera sezione della mostra, emerge nei dipinti esposti, rappresentativi di ciò che le scuole di tutta Italia producevano. C’è la scuola toscana e ci sono le scuole veneta, emiliana, con nomi di spicco quali Giovanni Domenico Ferretti, Giuseppe Maria Crespi, Canaletto, Francesco Guardi. Tra i bozzetti spicca il lavoro del 1701 di Anton Domenico Gabbiani dedicato alla cupola della chiesa fiorentina di San Frediano in Cestello, raffigurante la Gloria di Santa Maria Maddalena portata in cielo dagli angeli.
Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi, Allestimento | Courtesy Uffizi
La cultura del tempo riscopre i Primitivi, i pittori della cristianità medievale rivalutati negli ambienti anti-illuministi che preparano il Romanticismo, e ancora la moda dell’esotico, espresso in dipinti come la Giovane donna vestita alla turca di Jean-Étienne Liotard o il Ritratto dell’imperatore della Cina Kangxi di Giovanni Gherardini.
Tra le novità dell’esposizione si inserisce il cantiere di restauro “live” del Matrimonio mistico di Santa Caterina de' Ricci di Pierre Subleyras, recente acquisizione delle Gallerie degli Uffizi. Il dipinto, capolavoro del Settecento, bisognoso di un accurato intervento di ripulitura, verrà infatti ‘curato’ in diretta sotto gli occhi del pubblico in visita.
Le sculture di nudo e a tema erotico, categoria artistica che ha vissuto grandi momenti di fortuna durante il Settecento, avanzano nella selezione che ricalca la composizione dell'immaginario gabinetto erotico che il marchese De Sade sul finire del XVIII secolo descrisse nel suo romanzo “Juliette”. Un’efficace sintesi della seduzione carnale che i marmi classici esercitavano sull’immaginario dei suoi contemporanei. Questi lavori, riuniti adesso in una sala, esprimono, secondo la lettura data dal marchese, l’amore virile (il fallo leonino), l’amore contro natura (l’Ermafrodito) e l’amore incestuoso (il gruppo di Caligola e Drusilla).
La nascente categoria estetica del Sublime esplode invece in un’altra sala dove il tipico senso di stupore e sgomento si declina in iconografie di rovine, cascate, picchi innevati. Immagini che si evolveranno di lì a pochi anni nella forma più compiuta del Romanticismo.
Le opere legate al Grand Tour, tra le quali due vedute di Venezia del Canaletto, una spettacolare visione del Vesuvio in Eruzione di Thomas Patch e souvenir a tema chiudono l’itinerario.
Adesso 150 capolavori che raccontano il Settecento, opere di Goya, Tiepolo, Canaletto, Le Brun, Liotard, Mengs, solo per citare alcuni maestri, si mostrano ai visitatori delle Gallerie degli Uffizi.
Una grande mostra intitolata “Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi”, curata dal direttore Simone Verde e dalla responsabile della Pittura del Settecento Alessandra Griffo, riporta agli Uffizi i pennelli più talentuosi del secolo dei Lumi. Da oggi, 28 maggio, fino al 28 novembre, le sale affrescate al piano terreno del museo svelano un’accurata selezione di capolavori, tra dipinti e sculture, mobilia, porcellane, stampe ed un grande arazzo, molte esposte per la prima volta in Galleria, altre non più visibili da oltre dieci anni.
“Firenze e l’Europa - spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde - ha lo scopo di ripercorrere attraverso la sua cultura estetica un secolo estremamente sfaccettato, intrecciando la narrazione generale del contesto alla gestazione degli Uffizi quale primo museo moderno europeo. Un racconto complesso e ricco di sottotesti e sfumature che abbiamo costruito con pazienza e dedizione, mettendo a disposizione del pubblico opere della collezione non viste da molti anni o addirittura mai esposte”.

Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi, Allestimento | Courtesy Uffizi
L’obiettivo dell’esposizione è quello di raccontare un’epoca di cambiamenti cruciali per il pensiero, l’estetica, il gusto occidentale, e anche per gli stessi Uffizi che nel Settecento hanno cambiato volto trasformandosi da scrigno dinastico di collezioni reali nel primo museo moderno al mondo.
Il patto stabilito dall'ultima discendente dei Medici, Anna Maria Luisa ne aveva vincolato lo sterminato giacimento di opere a Firenze "per ornamento dello Stato". Fu Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, il 24 giugno 1769, nel giorno della festa del santo Patrono di Firenze, a permettere ai cittadini di visitare liberamente il museo.
Attraverso questi mutamenti strutturali che si intrecciano alla grande ondata di cambiamento nella politica, nella cultura e nell’estetica in tutta Europa, i Granduchi riescono a trasformare la città e il museo in un microcosmo che vibra del vento nuovo del Continente.
“Le opere in mostra – commenta la curatrice della Pittura del Settecento delle Gallerie degli Uffizi Alessandra Griffo - oltre a essere di grande qualità, hanno il pregio di offrire spunti per conoscere un secolo cruciale per la formazione della mentalità, della sensibilità e persino del gusto moderno. Oggi a Firenze arrivano ogni anno milioni di persone, attratte dal mito del primo Rinascimento; ecco, la riscoperta di questo periodo avvenne proprio nel corso del Settecento”.
Ad aprire il percorso è la produzione artistica al tempo degli ultimi Medici, nei primi decenni del Settecento. Le commissioni affidate a grandi maestri come Giovan Battista Foggini o Sebastiano Ricci dimostrano come in questo periodo la religiosità svolga ancora un ruolo preponderante in una società ancora di stampo feudale. Si investivano grandi risorse artistiche anche nella celebrazione della dinastia uscente, declinata nei ritratti di Cosimo III, del Gran Principe Ferdinando e di Gian Gastone. Di quest'ultimo spicca l'interpretazione di Joan Richter, tipicamente ancien regime, ispirata ai pomposi ritratti di corte francesi. I loro successori, i Lorena, vegliano sul percorso immortalati in busti marmorei, mentre i ritratti di natura meno ‘ufficiale’, opera di maestri come Goya, Elisabeth Vigée Le Brun, Anton Rafael Mengs e Jean Marc Nattier, testimoniano l'ampliamento della platea di modelli e committenti, avvenuto proprio in questo secolo.
L’interesse per le nuove scuole pittoriche, rappresentate in un’intera sezione della mostra, emerge nei dipinti esposti, rappresentativi di ciò che le scuole di tutta Italia producevano. C’è la scuola toscana e ci sono le scuole veneta, emiliana, con nomi di spicco quali Giovanni Domenico Ferretti, Giuseppe Maria Crespi, Canaletto, Francesco Guardi. Tra i bozzetti spicca il lavoro del 1701 di Anton Domenico Gabbiani dedicato alla cupola della chiesa fiorentina di San Frediano in Cestello, raffigurante la Gloria di Santa Maria Maddalena portata in cielo dagli angeli.

Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi, Allestimento | Courtesy Uffizi
La cultura del tempo riscopre i Primitivi, i pittori della cristianità medievale rivalutati negli ambienti anti-illuministi che preparano il Romanticismo, e ancora la moda dell’esotico, espresso in dipinti come la Giovane donna vestita alla turca di Jean-Étienne Liotard o il Ritratto dell’imperatore della Cina Kangxi di Giovanni Gherardini.
Tra le novità dell’esposizione si inserisce il cantiere di restauro “live” del Matrimonio mistico di Santa Caterina de' Ricci di Pierre Subleyras, recente acquisizione delle Gallerie degli Uffizi. Il dipinto, capolavoro del Settecento, bisognoso di un accurato intervento di ripulitura, verrà infatti ‘curato’ in diretta sotto gli occhi del pubblico in visita.
Le sculture di nudo e a tema erotico, categoria artistica che ha vissuto grandi momenti di fortuna durante il Settecento, avanzano nella selezione che ricalca la composizione dell'immaginario gabinetto erotico che il marchese De Sade sul finire del XVIII secolo descrisse nel suo romanzo “Juliette”. Un’efficace sintesi della seduzione carnale che i marmi classici esercitavano sull’immaginario dei suoi contemporanei. Questi lavori, riuniti adesso in una sala, esprimono, secondo la lettura data dal marchese, l’amore virile (il fallo leonino), l’amore contro natura (l’Ermafrodito) e l’amore incestuoso (il gruppo di Caligola e Drusilla).
La nascente categoria estetica del Sublime esplode invece in un’altra sala dove il tipico senso di stupore e sgomento si declina in iconografie di rovine, cascate, picchi innevati. Immagini che si evolveranno di lì a pochi anni nella forma più compiuta del Romanticismo.
Le opere legate al Grand Tour, tra le quali due vedute di Venezia del Canaletto, una spettacolare visione del Vesuvio in Eruzione di Thomas Patch e souvenir a tema chiudono l’itinerario.
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