A Milano dal 2 aprile al 3 agosto
Il Novecento e gli Etruschi, un racconto da scoprire alla Fondazione Rovati
Etruschi del Novecento, Allestimento | Foto: © Portanome per Fondazione Luigi Rovati
Samantha De Martin
02/04/2025
Milano - Gli askoi etruschi, i contenitori nei quali gli antichi custodivano i liquidi oleosi, rivivono nei vasi in oro e porcellana che Gio Ponti realizzò negli anni Venti, mentre il Leone Urlante di Mirko Basaldella (1957), chimera del Novecento, incarna il legame tra l’arte etrusca e le sperimentazioni.
Sono solo alcuni dei dialoghi di Etruschi del Novecento, un progetto realizzato in collaborazione con il Mart di Rovereto, che la Fondazione Luigi Rovati di Milano ospita da oggi, 2 aprile, al 30 agosto, portando avanti il percorso avviato dal Mart di Rovereto in una nuova tappa distinta e complementare.
Una selezione di opere iconiche mette in luce l'influenza esercitata dalla cultura etrusca sugli artisti italiani del Novecento. Così La passeggiata archeologica di Gio Ponti e Libero Andreotti - realizzata nella seconda metà degli anni Venti e in prestito dal Museo Poldi Pezzoli di Milano - fa eco a una cista etrusca, contenitore per riporre gioielli e cosmetici in bronzo dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma.
L’opera di Leoncillo Leonardi incarna invece una potente e drammatica reinterpretazione del celebre Sarcofago degli sposi di Villa Giulia, collocato accanto al prezioso Coperchio di urna cineraria, in prestito dal Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia.

Etruschi del Novecento, Allestimento | Foto: © Portanome per Fondazione Luigi Rovati
Se la Sala Warhol del Piano Nobile ripercorre la fortuna degli Etruschi attraverso rari volumi d’arte, riviste, opere grafiche e manifesti dedicati alla cultura etrusca pubblicati dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta del Novecento, lo Spazio Bianco espone per la prima volta integralmente la serie Etruschi di Paolo Gioli (1984) e Copertine (1985) di Alighiero Boetti, opera inedita della collezione della Fondazione Luigi Rovati.
Gioli utilizza le sue polaroid per ricreare l'identità dei volti etruschi raffigurati sulle urne cinerarie dando nuova vitalità a visi in marmo privi di colore, mentre Boetti ridisegna accuratamente le copertine di importanti testate internazionali, creando una mappa degli eventi storici dell’anno.
“La Fondazione Luigi Rovati - commenta Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione - pone al centro del proprio progetto culturale la civiltà etrusca nella sua complessità e modernità. La mostra Etruschi del Novecento si inserisce in questa complessità e dimostra come questa civiltà, spesso considerata marginale rispetto alla cultura classica, sia invece, proprio per il suo “anticlassicismo”, fonte di ispirazione per gli artisti che ricercano un linguaggio originale lontano dai canoni esteti ci più tradizionali”.
Etruschi del Novecento, Allestimento | Foto: © Portanome per Fondazione Luigi Rovati
L'esposizione si apre anche a due importanti collaborazioni con Villa Necchi Campiglio e con il Museo del Novecento di Milano. Per motivi conservativi, L’amante morta di Arturo Martini (1921-22) e il Popolo di Marino Marini (1929) - opere che rientrano pienamente nella riflessione sull'influenza degli etruschi nel Novecento - non sono esposte nelle sedi della mostra ma sono parte del progetto, rimanendo collocate negli abituali spazi che le ospitano.
“Tutto il Novecento - commenta Vittorio Sgarbi, presidente del Mart - è percorso da una 'febbre etrusca' che va da Martini a Serafini e che indica un percorso non classico, ma espressionistico, deformante dell’arte del Novecento, una vera e propria estetica della deformazione senza tempo”.
Sono solo alcuni dei dialoghi di Etruschi del Novecento, un progetto realizzato in collaborazione con il Mart di Rovereto, che la Fondazione Luigi Rovati di Milano ospita da oggi, 2 aprile, al 30 agosto, portando avanti il percorso avviato dal Mart di Rovereto in una nuova tappa distinta e complementare.
Una selezione di opere iconiche mette in luce l'influenza esercitata dalla cultura etrusca sugli artisti italiani del Novecento. Così La passeggiata archeologica di Gio Ponti e Libero Andreotti - realizzata nella seconda metà degli anni Venti e in prestito dal Museo Poldi Pezzoli di Milano - fa eco a una cista etrusca, contenitore per riporre gioielli e cosmetici in bronzo dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma.
L’opera di Leoncillo Leonardi incarna invece una potente e drammatica reinterpretazione del celebre Sarcofago degli sposi di Villa Giulia, collocato accanto al prezioso Coperchio di urna cineraria, in prestito dal Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia.

Etruschi del Novecento, Allestimento | Foto: © Portanome per Fondazione Luigi Rovati
Se la Sala Warhol del Piano Nobile ripercorre la fortuna degli Etruschi attraverso rari volumi d’arte, riviste, opere grafiche e manifesti dedicati alla cultura etrusca pubblicati dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta del Novecento, lo Spazio Bianco espone per la prima volta integralmente la serie Etruschi di Paolo Gioli (1984) e Copertine (1985) di Alighiero Boetti, opera inedita della collezione della Fondazione Luigi Rovati.
Gioli utilizza le sue polaroid per ricreare l'identità dei volti etruschi raffigurati sulle urne cinerarie dando nuova vitalità a visi in marmo privi di colore, mentre Boetti ridisegna accuratamente le copertine di importanti testate internazionali, creando una mappa degli eventi storici dell’anno.
“La Fondazione Luigi Rovati - commenta Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione - pone al centro del proprio progetto culturale la civiltà etrusca nella sua complessità e modernità. La mostra Etruschi del Novecento si inserisce in questa complessità e dimostra come questa civiltà, spesso considerata marginale rispetto alla cultura classica, sia invece, proprio per il suo “anticlassicismo”, fonte di ispirazione per gli artisti che ricercano un linguaggio originale lontano dai canoni esteti ci più tradizionali”.
Etruschi del Novecento, Allestimento | Foto: © Portanome per Fondazione Luigi Rovati
L'esposizione si apre anche a due importanti collaborazioni con Villa Necchi Campiglio e con il Museo del Novecento di Milano. Per motivi conservativi, L’amante morta di Arturo Martini (1921-22) e il Popolo di Marino Marini (1929) - opere che rientrano pienamente nella riflessione sull'influenza degli etruschi nel Novecento - non sono esposte nelle sedi della mostra ma sono parte del progetto, rimanendo collocate negli abituali spazi che le ospitano.
“Tutto il Novecento - commenta Vittorio Sgarbi, presidente del Mart - è percorso da una 'febbre etrusca' che va da Martini a Serafini e che indica un percorso non classico, ma espressionistico, deformante dell’arte del Novecento, una vera e propria estetica della deformazione senza tempo”.
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