In mostra dal 10 giugno
Sfidare la storia: Wangechi Mutu in arrivo alla Galleria Borghese
Wangechi Mutu, Suspended Playtime, 2008 I Courtesy Galleria Borghese
Francesca Grego
29/04/2025
Roma - Dopo Giuseppe Penone e Louise Bourgeois, la Galleria Borghese torna ad aprire le porte al contemporaneo con l’artista keniota-americana Wangechi Mutu. Prima donna vivente a esporre in quella che fu la residenza del Cardinal Scipione, con un curriculum che spazia dal MoMa di New York alla Tate di Londra o al Centre Pompidou di Parigi, dal prossimo 10 giugno Mutu ci inviterà a guardare il museo romano con occhi nuovi dalle sale alla facciata, fino ai Giardini segreti. La mostra in arrivo è concepita come un ampio intervento site specific, una sfida alla tradizione classica e alla macchina museale attraverso un dialogo a più livelli con la storia del luogo e con il linguaggio dell’arte antica che qui è di casa da sempre, da quando il celebre cardinale mecenate concepì la villa come scrigno per la sua leggendaria collezione.
In programma per tutta l’estate fino al prossimo 14 settembre, Wangechi Mutu. Poemi della terra nera intreccia mito e poesia - temi ricorrenti nel percorso permanente della Galleria Borghese - declinandoli al presente. Opere sospese, forme frammentate, nuove mitologie immaginarie prenderanno vita con leggerezza nelle sale senza celare i capolavori del passato: un invito a trascendere le prospettive fisse e a cambiare il nostro sguardo per scoprire più narrazioni coesistenti, ad abitare il museo in modo diverso, guardando non solo ciò che esposto, ma anche ciò che nel tempo è stato rimosso, messo a tacere o reso invisibile. Non più solo spazio di memoria, la Galleria diventa così luogo di immaginazione e trasformazione, anticipando il tema del programma espositivo del 2026, la metamorfosi.
Sculture, installazioni e immagini in movimento sono i mezzi scelti dall’artista per interrogare il dispositivo museale, sfidando gerarchie e significati fissi nel segno della fluidità e della frammentazione. Bronzo, legno, piume, carta, terra, acqua, cera irromperanno in un contesto storicamente dominato da marmi, stucchi, ori. Il bronzo si spoglia dei suoi significati tradizionali per diventare veicolo di memoria ancestrale, di recupero e molteplicità. La terra nera citata nel titolo della mostra, ricca e malleabile sotto la pioggia, è tra i fili conduttori dell’itinerario e dispiegherà tutta la sua potenza nei Giardini segreti. Da questa terra le sculture sembrano emergere come modellate da una forza primordiale, dando vita a storie, miti, ricordi e poesie. La metafora sottolinea la forza generativa e trasformativa del lavoro di Mutu, radicato nella materia, ma aperto a molteplici interpretazioni future.
Il linguaggio del video aggiunge una dimensione temporale e immersiva alla continua esplorazione del mito portata avanti dall’artista keniota-americana: forme ibride tra l’umano e il mitologico che attingono alle tradizioni dell’Africa orientale, alle cosmologie globali, ma anche alla storia coloniale e post-coloniale, dispiegheranno tra le architetture della facciata e dei giardini un contrappunto all’ordine classico del sito, minando le forme lineari della narrazione a favore dell’ambiguo, dell’altro, del molteplice.
In programma per tutta l’estate fino al prossimo 14 settembre, Wangechi Mutu. Poemi della terra nera intreccia mito e poesia - temi ricorrenti nel percorso permanente della Galleria Borghese - declinandoli al presente. Opere sospese, forme frammentate, nuove mitologie immaginarie prenderanno vita con leggerezza nelle sale senza celare i capolavori del passato: un invito a trascendere le prospettive fisse e a cambiare il nostro sguardo per scoprire più narrazioni coesistenti, ad abitare il museo in modo diverso, guardando non solo ciò che esposto, ma anche ciò che nel tempo è stato rimosso, messo a tacere o reso invisibile. Non più solo spazio di memoria, la Galleria diventa così luogo di immaginazione e trasformazione, anticipando il tema del programma espositivo del 2026, la metamorfosi.
Sculture, installazioni e immagini in movimento sono i mezzi scelti dall’artista per interrogare il dispositivo museale, sfidando gerarchie e significati fissi nel segno della fluidità e della frammentazione. Bronzo, legno, piume, carta, terra, acqua, cera irromperanno in un contesto storicamente dominato da marmi, stucchi, ori. Il bronzo si spoglia dei suoi significati tradizionali per diventare veicolo di memoria ancestrale, di recupero e molteplicità. La terra nera citata nel titolo della mostra, ricca e malleabile sotto la pioggia, è tra i fili conduttori dell’itinerario e dispiegherà tutta la sua potenza nei Giardini segreti. Da questa terra le sculture sembrano emergere come modellate da una forza primordiale, dando vita a storie, miti, ricordi e poesie. La metafora sottolinea la forza generativa e trasformativa del lavoro di Mutu, radicato nella materia, ma aperto a molteplici interpretazioni future.
Il linguaggio del video aggiunge una dimensione temporale e immersiva alla continua esplorazione del mito portata avanti dall’artista keniota-americana: forme ibride tra l’umano e il mitologico che attingono alle tradizioni dell’Africa orientale, alle cosmologie globali, ma anche alla storia coloniale e post-coloniale, dispiegheranno tra le architetture della facciata e dei giardini un contrappunto all’ordine classico del sito, minando le forme lineari della narrazione a favore dell’ambiguo, dell’altro, del molteplice.
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