Patrizia Deambrogio. Pita
Dal 07 Settembre 2014 al 28 Settembre 2014
Conzano | Alessandria
Luogo: Villa Vidua
Indirizzo: via Don Francesco Oddone 5
Orari: sabato e domenica 10-12 / 15-19
Enti promotori:
- Comune di Conzano
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0142 925132
E-Mail info: comune@conzano.org
Sito ufficiale: http://www.comune.conzano.al.it
A Conzano (Al) le sale settecentesche di Villa Vidua accolgono dal 7 al 28 settembre 2014 una mostra antologica di Patrizia Deambrogio, per tutti Pita. E PITA non poteva che essere il titolo dell’esposizione, la sintesi del percorso, breve ma intenso, di un’artista che ha saputo raccontare con le tecniche più disparate la fragilità dei nostri tempi, filtrandoli attraverso la lettura disincantata delle proprie inquietudini e dei propri sogni.
La mostra patrocinata dal Comune di Conzano con il supporto di Magico Teatro, Associazione Culturale onlus Elegguà e Il Labirinto, è a cura di Maria Giulia Alemanno, Francesco Cusanno, Angioletta Deambrogio e Massimo Olivetti.Le riproduzioni fotografiche e il progetto grafico del catalogo sono di Chiara Catellani.
Nata a Varallo Sesia nel 1952, Patrizia Deambrogio trascorre la giovinezza a Casale Monferrato e frequenta nella seconda metà degli anni ‘60 lo storico Liceo Artistico di Via Accademia Albertina a Torino in un clima di grande fermento sociale e culturale che coinvolge studenti e professori. Due insegnanti in particolare, Mauro Chessa e Francesco Casorati, lasciano in lei un segno indelebile.
Trasferitasi a Milano si laurea in Architettura e si dedica all’insegnamento. Entra in contatto con il movimento femminista ed inizia ad interpretare, attraverso il disegno, la complessa realtà del momento. Le sue strisce essenziali e fulminanti sul mondo femminile, che non ha mai smesso di esplorare, le valgono nel 1987 il 1° premio disegnatrici umoristiche “Leggere donna” a Ferrara.
Nei primi anni 80 è a Pienza dove inizia a sperimentare nuove forme espressive nella bottega di ceramica aperta dal marito, Dino Cusanno. La Toscana l’incanta ma al contempo sente il peso della perfezione che la circonda. Inizia a parlarne in forma di racconto e in quadri di dilatata solitudine. Nel 1987 torna a Casale ed è quello il momento più prolifico. Lavora assiduamente con il Magico Teatro, si dedica ai laboratori per ragazzi, allestisce mostre, progetta installazioni. Il suo buen retiro è la vecchia casa di famiglia di Frassinello, irrinunciabile crogiuolo di affetti e creatività. Tutto finisce nel 2004.
Questo scarno riassunto di una vita si rende necessario per inquadrare i vari periodi della sua ricerca, ognuno strettamente legato ad un luogo. Torino, Milano, Pienza, Casale Monferrato sono state per Pita tappe fondamentali, snodi d’esistenza. Ed è seguendo questo stesso percorso che si articola la mostra di Villa Vidua, un viaggio a ritroso compiuto con lei e grazie a lei, tra segni e colori, carte trasparenti e sovrapposte, tele grezze, materiali di recupero utilizzati con estrema levità ed eleganza. Pita riusciva a dare dignità ad una tessera di mosaico, ad uno spartito strappato, ad un chiodo arrugginito. Non collezionava, raccoglieva. E lo faceva in modo sistematico, privilegiando ciò che gli altri avrebbero scartato. Come dal cilindro del prestigiatore estraeva da scatole e cassetti pochi elementi, li assemblava e ne faceva un’opera, spesso accompagnata da brevi pensieri mai descrittivi, sempre integranti.
Scrive il critico d’arte Massimo Olivetti nella presentazione in catalogo: “La parola che più sento vicina a definirla è poetessa, una poetessa che cercava di dipanare i fili del proprio essere dentro una trama pluridimensionale. Guardava la Luna dentro il pozzo e si stupiva che pur così vicina fosse irraggiungibile. Così si può capire come non fosse possibile per lei sottostare ad una sola forma espressiva, ad un’unica tecnica, ad un solo linguaggio.”
I molteplici linguaggi di Pita riproposti a Villa Vidua comprendono – e non è che un elenco sommario - i fogli che indagano ora con ironia, ora con amarezza, il rapporto uomo – donna, le tavole della “Settima Luna” ispirate alla canzone di Lucio Dalla, la tenera favola del Porcospino, le scatole che ospitano storie surreali sospese su tele quasi astratte, le sirene dalla coda bifida, simbolo di un femminile diviso tra istinto e ragione, i quadri dei tavoli e delle teiere volanti, le tele verticali, così essenziali da escludere persino il telaio. E ancora ceramiche e piatti dipinti, un teatrino istoriato per il Magico Teatro, la riproposta di un’installazione ed “il Pendolo del Non Tempo” che scandisce soltanto le ore dell’ispirazione e della pittura.
La mostra è integrata da una sezione multimediale, in cui verranno proiettati il primo lavoro video di ricerca di Patrizia e due libri illustrati sfogliati virtualmente altrimenti di difficile consultazione per il pubblico.
Per meglio conoscere Pita si consiglia di entrare nel blog, ideato da Francesco Cusanno, autore del testo “Mia mamma era un’artista”.
La mostra patrocinata dal Comune di Conzano con il supporto di Magico Teatro, Associazione Culturale onlus Elegguà e Il Labirinto, è a cura di Maria Giulia Alemanno, Francesco Cusanno, Angioletta Deambrogio e Massimo Olivetti.Le riproduzioni fotografiche e il progetto grafico del catalogo sono di Chiara Catellani.
Nata a Varallo Sesia nel 1952, Patrizia Deambrogio trascorre la giovinezza a Casale Monferrato e frequenta nella seconda metà degli anni ‘60 lo storico Liceo Artistico di Via Accademia Albertina a Torino in un clima di grande fermento sociale e culturale che coinvolge studenti e professori. Due insegnanti in particolare, Mauro Chessa e Francesco Casorati, lasciano in lei un segno indelebile.
Trasferitasi a Milano si laurea in Architettura e si dedica all’insegnamento. Entra in contatto con il movimento femminista ed inizia ad interpretare, attraverso il disegno, la complessa realtà del momento. Le sue strisce essenziali e fulminanti sul mondo femminile, che non ha mai smesso di esplorare, le valgono nel 1987 il 1° premio disegnatrici umoristiche “Leggere donna” a Ferrara.
Nei primi anni 80 è a Pienza dove inizia a sperimentare nuove forme espressive nella bottega di ceramica aperta dal marito, Dino Cusanno. La Toscana l’incanta ma al contempo sente il peso della perfezione che la circonda. Inizia a parlarne in forma di racconto e in quadri di dilatata solitudine. Nel 1987 torna a Casale ed è quello il momento più prolifico. Lavora assiduamente con il Magico Teatro, si dedica ai laboratori per ragazzi, allestisce mostre, progetta installazioni. Il suo buen retiro è la vecchia casa di famiglia di Frassinello, irrinunciabile crogiuolo di affetti e creatività. Tutto finisce nel 2004.
Questo scarno riassunto di una vita si rende necessario per inquadrare i vari periodi della sua ricerca, ognuno strettamente legato ad un luogo. Torino, Milano, Pienza, Casale Monferrato sono state per Pita tappe fondamentali, snodi d’esistenza. Ed è seguendo questo stesso percorso che si articola la mostra di Villa Vidua, un viaggio a ritroso compiuto con lei e grazie a lei, tra segni e colori, carte trasparenti e sovrapposte, tele grezze, materiali di recupero utilizzati con estrema levità ed eleganza. Pita riusciva a dare dignità ad una tessera di mosaico, ad uno spartito strappato, ad un chiodo arrugginito. Non collezionava, raccoglieva. E lo faceva in modo sistematico, privilegiando ciò che gli altri avrebbero scartato. Come dal cilindro del prestigiatore estraeva da scatole e cassetti pochi elementi, li assemblava e ne faceva un’opera, spesso accompagnata da brevi pensieri mai descrittivi, sempre integranti.
Scrive il critico d’arte Massimo Olivetti nella presentazione in catalogo: “La parola che più sento vicina a definirla è poetessa, una poetessa che cercava di dipanare i fili del proprio essere dentro una trama pluridimensionale. Guardava la Luna dentro il pozzo e si stupiva che pur così vicina fosse irraggiungibile. Così si può capire come non fosse possibile per lei sottostare ad una sola forma espressiva, ad un’unica tecnica, ad un solo linguaggio.”
I molteplici linguaggi di Pita riproposti a Villa Vidua comprendono – e non è che un elenco sommario - i fogli che indagano ora con ironia, ora con amarezza, il rapporto uomo – donna, le tavole della “Settima Luna” ispirate alla canzone di Lucio Dalla, la tenera favola del Porcospino, le scatole che ospitano storie surreali sospese su tele quasi astratte, le sirene dalla coda bifida, simbolo di un femminile diviso tra istinto e ragione, i quadri dei tavoli e delle teiere volanti, le tele verticali, così essenziali da escludere persino il telaio. E ancora ceramiche e piatti dipinti, un teatrino istoriato per il Magico Teatro, la riproposta di un’installazione ed “il Pendolo del Non Tempo” che scandisce soltanto le ore dell’ispirazione e della pittura.
La mostra è integrata da una sezione multimediale, in cui verranno proiettati il primo lavoro video di ricerca di Patrizia e due libri illustrati sfogliati virtualmente altrimenti di difficile consultazione per il pubblico.
Per meglio conoscere Pita si consiglia di entrare nel blog, ideato da Francesco Cusanno, autore del testo “Mia mamma era un’artista”.
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