Raffaello Lucci. Wandering Walls

Raffaello Lucci, A Rembrandt

 

Dal 09 Maggio 2015 al 30 Giugno 2015

Cortona | Arezzo

Luogo: Oratorio del Convento di San Francesco

Indirizzo: via Berrettini 4

Orari: 9-18

Enti promotori:

  • Comune di Cortona

Costo del biglietto: ingresso gratuito

E-Mail info: marco.botti9@gmail.com


Dal 9 maggio al 30 giugno 2015 l’Oratorio del Convento di San Francesco, in via Berrettini 4 a Cortona (AR), ospita “Wandering Walls”, mostra personale di Raffaello Lucci.
L’esposizione, a ingresso libero e gratuito, sarà visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 18.
Sabato 9 maggio, alle ore 18,15, l’inaugurazione alla presenza dell’artista.
La mostra, patrocinata dal Comune di Cortona, è in collaborazione con Provincia Toscana delle Ss. Stimmate dei Frati Minori Conventuali di Firenze e Ordinului Fratilor Minori Conventuali Provincia Sfantul Iosif din Romania.

Nell’attigua chiesa di San Francesco è inoltre ammirabile il ciclo di calcografie “Il Coro e l’Evento”, dedicato a Frate Elia, che Lucci ha inaugurato lo scorso aprile e che sta riscuotendo un notevole riscontro di critica e pubblico.

L’esposizione del noto pittore aretino comprende 30 opere tra pittura con tecnica mista e grafica, di cui 21 nuove e 9 appartenenti all’omonima mostra presentata nel 2010 alla Galleria Comunale di Arte Contemporanea di Arezzo.
“Wandering Walls” è una mostra-viaggio: immaginiamo infatti un treno che, al posto dei finestrini delle carrozze, ha quadri chiusi da ante apribili da ipotetici viaggiatori, per vedere e riflettere sui “paesaggi possibili” lasciati da personaggi famosi in ambito umanitario, letterario, scientifico e artistico.
Tutti loro, in qualche modo, hanno contribuito a formare la visione artistica e di vita di Lucci: da Rembrandt a Einstein, da Chopin a Ipazia, passando per le nuove opere dedicate a Bertrand Russell, Goya, De André, Padre Balducci, Don Milani, Socrate.
«Il fatto che ogni quadro sia chiuso da pannelli imitanti muri, sui quali quindi è possibile aprire finestre – spiega l’artista – rimanda all’aspetto formale e concettuale di tutti i miei lavori, al pensiero costituente e portante che sta dietro al mio percorso artistico: il quadro come vero e proprio muro, materialmente costituito da intonaco, antistante una seconda dimensione metafisica, spirituale, sul quale esprimere, attraverso segni, graffi e colori, la contemporaneità».
Il viaggio su questo convoglio immaginario eppure denso di incontri continua, in orario, lungo il percorso del progetto espositivo del pittore e grafico aretino che, attraverso la sua interpretazione artistica, rende omaggio e gratitudine a chi «il possibile l’ha indicato, raggiunto, testimoniato».

Raffaello Lucci nasce nel 1948 ad Arezzo, città dove vive e dove ha lo studio in piazza San Domenico.
Diplomato in chimica industriale, inizia la sua attività artistica nel 1976, da autodidatta, studiando e sperimentando la tecnica dell’acquaforte, della pittura a olio e facendo pratica del disegno dal vero, eseguendo copie e studi dai grandi del Rinascimento italiano. Contemporaneamente realizza diversi ritratti a sanguigna, in stile classico, mutuati sull’esempio delle grandi opere di Raffaello e di Leonardo.
In seguito studia e sperimenta le tecniche dell’acquarello, della litografia su zinco e su pietra; in questo contesto ha l’opportunità di conoscere e lavorare accanto a grandi maestri internazionali.
Dal 1980 inizia a esporre in mostre, sia in Italia sia all’estero, e partecipa a concorsi internazionali di “Ex Libris” o di grafica in generale. Dal 1986 propone lavori sempre più autonomi, eseguiti con tecniche miste, proseguendo nella sua ricerca personale che attraversa una fase figurativa di intensa tematica sociale, per giungere a lavori dove il disegno è segno o lacerazione e l’espressività è resa dalla materia e dal colore.
«Perché le opere di Lucci emozionano? Perché attraverso gli occhi, arrivano direttamente alla fantasia e al cuore. Mettono in moto sentimenti (questo vuol dire il verbo ‘emozionare’), ci fanno sognare e ci fanno felici. Essendo la contemplazione del mondo, che diventa colore e figura, niente altro che una forma di appagamento e quindi di felicità».
(Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani) 

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