Dialoghi. Pino Pascali e Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Piero Manzoni
Dal 17 Ottobre 2015 al 24 Gennaio 2016
Polignano a Mare | Bari
Luogo: Fondazione Museo Pino Pascali - Museo d'Arte Contemporanea
Indirizzo: via Parco del Lauro 119
Orari: dal martedì alla domenica 11-13 / 17-21
Curatori: Rosalba Branà, Roberto Lacarbonara
Costo del biglietto: € 2
Telefono per informazioni: +39 080.424.9534
E-Mail info: segreteria@museopinopascali.it
Sito ufficiale: http://www.museopinopascali.it
In occasione dell’80esimo anniversario dalla nascita di Pino Pascali, la Fondazione Pascali propone il 17 ottobre alle ore 18,30 una mostra di carattere storico: “Dialoghi. Pino Pascali e Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Piero Manzoni” a cura di Rosalba Branà e Roberto Lacarbonara.
L’esposizione mette a confronto alcune tra le più importanti personalità dell’arte contemporanea del ‘900, nati a pochi anni di distanza – Pino Pascali (1935/1968), Agostino Bonalumi (1935/2013), Enrico Castellani (1930), Lucio Fontana (1899-1968) e Piero Manzoni (1933/1963) – e formatisi in ambiti linguistici ed espressivi diversi, ma dalla interessante convergenza di ricerca ed esiti formali. È la nuova generazione di artisti che, nata negli anni ’30, stravolge il linguaggio e le regole dell’arte. Su di loro la preziosa influenza e il carisma di Lucio Fontana con le ricerche sullo spazialismo.
Il 1968 è l’anno in cui scompaiono Pascali e Fontana, chiudendo così un’epoca fondamentale per la ricerca e l’innovazione linguistica.
La mostra presenta una ristretta ma significativa selezione di opere necessarie ad avviare una riflessione critica su quanto accadeva tra la fine degli anni ’50 e il decennio successivo tra Milano e Roma.
Dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma giunge a Polignano la grande opera di Pascali ‘La ricostruzione del dinosauro’ (1966) appartenente al ciclo delle finte sculture. L’opera si impone invadendo lo spazio con tutta la sua ampiezza; in modo straordinario, e nella sua massima espressione, con l’opera in tela centinata Pascali svincola la scultura dall’idea di monumentalità, rendendola leggera e modulare, ribaltando concetti peculiari di peso e sacralità.
Pascali riesce a coniugare abilmente le ricerche sull’azzeramento del linguaggio – che in Italia si sviluppano a partire da Fontana – con il suo personale immaginario di origine mediterranea nel quale la semplicità delle forme e l’arcaicismo primitivo di un rinnovato “bestiario medievale” affiorano dando vita ad un linguaggio assolutamente autonomo.
Tra la fine degli anni ’50 e metà degli anni ’60 l’arte italiana soprattutto a Roma e Milano, vive dunque una stagione particolarmente brillante che vede riunite più generazioni di artisti, operanti fianco a fianco, accomunate dall’attualità di un’apertura sperimentale innovativa nelle più diverse direzioni.
Bonalumi e Castellani danno vita ad un percorso di ricerca sulle infinite possibilità spaziali fornite dall'estroflessione della tela che ha ormai superato i confini della cornice e dilaga nell’ambiente. Manzoni, il più materico e il più concettuale, sceglie come materiale prediletto il cotone e il caolino per realizzare i suoi «Achromes». Fontana taglia e buca la tela per far sì che lo spazio possa invaderla, attraversarla, superarla. Pascali inizia invece a concepire le “finte sculture”: le immagina sin da subito monocrome, bianche o nere, e adopera una tela bianca disposta con una certa tensione sulle centine sottostanti per evidenziarne la struttura, lo scheletro di base. Se Manzoni, Bonalumi e Castellani proseguiranno una ricerca legata all’azzeramento della forma a favore dello spazio, a Pascali toccherà invece il compito di “ricostruire” un nuovo concetto di scultura partendo radicalmente da un punto zero.
L’esposizione mette a confronto alcune tra le più importanti personalità dell’arte contemporanea del ‘900, nati a pochi anni di distanza – Pino Pascali (1935/1968), Agostino Bonalumi (1935/2013), Enrico Castellani (1930), Lucio Fontana (1899-1968) e Piero Manzoni (1933/1963) – e formatisi in ambiti linguistici ed espressivi diversi, ma dalla interessante convergenza di ricerca ed esiti formali. È la nuova generazione di artisti che, nata negli anni ’30, stravolge il linguaggio e le regole dell’arte. Su di loro la preziosa influenza e il carisma di Lucio Fontana con le ricerche sullo spazialismo.
Il 1968 è l’anno in cui scompaiono Pascali e Fontana, chiudendo così un’epoca fondamentale per la ricerca e l’innovazione linguistica.
La mostra presenta una ristretta ma significativa selezione di opere necessarie ad avviare una riflessione critica su quanto accadeva tra la fine degli anni ’50 e il decennio successivo tra Milano e Roma.
Dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma giunge a Polignano la grande opera di Pascali ‘La ricostruzione del dinosauro’ (1966) appartenente al ciclo delle finte sculture. L’opera si impone invadendo lo spazio con tutta la sua ampiezza; in modo straordinario, e nella sua massima espressione, con l’opera in tela centinata Pascali svincola la scultura dall’idea di monumentalità, rendendola leggera e modulare, ribaltando concetti peculiari di peso e sacralità.
Pascali riesce a coniugare abilmente le ricerche sull’azzeramento del linguaggio – che in Italia si sviluppano a partire da Fontana – con il suo personale immaginario di origine mediterranea nel quale la semplicità delle forme e l’arcaicismo primitivo di un rinnovato “bestiario medievale” affiorano dando vita ad un linguaggio assolutamente autonomo.
Tra la fine degli anni ’50 e metà degli anni ’60 l’arte italiana soprattutto a Roma e Milano, vive dunque una stagione particolarmente brillante che vede riunite più generazioni di artisti, operanti fianco a fianco, accomunate dall’attualità di un’apertura sperimentale innovativa nelle più diverse direzioni.
Bonalumi e Castellani danno vita ad un percorso di ricerca sulle infinite possibilità spaziali fornite dall'estroflessione della tela che ha ormai superato i confini della cornice e dilaga nell’ambiente. Manzoni, il più materico e il più concettuale, sceglie come materiale prediletto il cotone e il caolino per realizzare i suoi «Achromes». Fontana taglia e buca la tela per far sì che lo spazio possa invaderla, attraversarla, superarla. Pascali inizia invece a concepire le “finte sculture”: le immagina sin da subito monocrome, bianche o nere, e adopera una tela bianca disposta con una certa tensione sulle centine sottostanti per evidenziarne la struttura, lo scheletro di base. Se Manzoni, Bonalumi e Castellani proseguiranno una ricerca legata all’azzeramento della forma a favore dello spazio, a Pascali toccherà invece il compito di “ricostruire” un nuovo concetto di scultura partendo radicalmente da un punto zero.
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