Il Bello chiama il Bello. Da de Pisis a Sironi: grandi Maestri del Novecento nella collezione Rimoldi
Il Bello chiama il Bello - locandina
Dal 10 Luglio 2011 al 06 Novembre 2011
Cortina d'Ampezzo | Belluno
Luogo: Ciasa de ra Regoles
Indirizzo: Via del Parco, 1
Sono passati 70 anni da quando nel 1941 a Cortina venne inaugurata la prima Mostra Internazionale del Collezionista e in quell’occasione a fare da "primo attore" fu Mario Rimoldi, con la sua collezione che già all’epoca contava circa 700 opere.
Allora Giovanni Comisso, presentando la raccolta dell’amico cortinese appassionato d’arte ma lontano dalle sirene del mercato e delle mode, ebbe ad affermare “Il bello chiama il bello”, ravvisando nei luoghi e nel paesaggio in cui Rimoldi era vissuto una delle ragioni, forse, di tanta passione e attenzione verso le diverse forme ed espressioni artistiche.
Quella passione che aveva portato Rimoldi, albergatore nella vivace Cortina dei primi decenni del XX secolo, a instaurare una fruttuosa amicizia con artisti come de Pisis, De Chirico, Sironi, Campigli e Music, frequentatori della conca ampezzana, e lo aveva indotto a sostenere i più giovani talenti.
Quella passione che riemerge ora fortissima nel ripercorrere la storia e la personalità del collezionista e i capolavori da lui raccolti, nella mostra che, dal 10 luglio al 6 novembre, il Comune di Cortina d’Ampezzo, le Regole d’Ampezzo e il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi gli dedicano, esponendo un nucleo stupefacente d’opere altrimenti conservate nei depositi del museo, per mancanza di spazi espositivi.
Il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi è stato inaugurato nel 1974 a seguito della cospicua donazione pervenuta alle Regole d'Ampezzo da parte di Rosa Braun, vedova di Mario Rimoldi che tanto sognava una galleria pubblica nella sua città, e in via permanente espone circa ottanta opere della prestigiosa e ricchissima collezione donata.
Una raccolta che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dichiarato d’interesse culturale per essere l'esito di un'attività collezionistica sviluppatasi in un cinquantennio, tale da costituire uno degli insiemi più significativi in Italia per l'arte del XX secolo; per la presenza di alcuni capolavori di autori come Savinio, Garbari, Depero, Guttuso; per quei consistenti nuclei che risultano imprescindibili per lo studio di de Pisis, Sironi, De Chirico, Semeghini, Tomea, Tosi, Campigli.
Insomma i grandi Maestri del Novecento.
Le oltre 150 opere presentate complessivamente in occasione della mostra “Il bello chiama il bello” - curata da Alessandra de Bigontina e allestita nei tre piani della Ciasa de ra Regoles grazie alla collaborazione e alla disponibilità del Comune di Cortina d’Ampezzo - ricondurranno dunque nel pieno del fervore artistico del secolo passato, consentendoci di incontrare i protagonisti di quegli anni e di riscoprirli attraverso gli occhi e la sensibilità di Mario Rimoldi, di cui la mostra ricorda anche la singolare avventura e la figura, curiosa ed eclettica, attraverso alcuni degli oggetti d’arte da lui raccolti (dai Brustolon alle ceramiche di Capodimonte), i carteggi con de Pisis, Comisso e il Ministro Bottai, le foto d’epoca, le sue testimonianze.
Anche le immagini sbiadite della mostra del ’41 e una selezione delle opere della collezione che lo stesso Rimoldi aveva scelto come rappresentative della sua raccolta, e dunque del suo gusto personale, ci danno il segno del percorso compiuto da questo anomalo mecenate, capace di costruire nel tempo una rappresentazione davvero moderna dell’arte contemporanea italiana e dei suoi sviluppi.
Nel 1941 la sua collezione è già delineata: spiccano i Morandi, i Semeghini, i Rosai, i Campigli, i Sironi, il Garbari, il Severini, il Tosi e il Guidi.
Soprattutto i già tantissimi lavori di de Pisis, il poeta artista ferrarese che Rimoldi conosce nel ‘29 e che diviene subito l’autore più presente nella sua raccolta, l’aggancio con l’ambiente artistico parigino, nonché una preziosa fonte di informazione per gli acquisti alla Biennale di Venezia.
Nel dopoguerra entrano nella collezione di Rimoldi le opere sperimentali di artisti già rappresentati con quadri figurativi.
Il collezionista s'interessa ad artisti legati al filone figurativo e all'ambiente veneto, come Cadorin, Cesetti, Saetti, Tomea e Depero, con aperture anche verso nuovi movimenti che si vanno formando fuori dal Veneto.
La collezione si arricchisce di opere dei protagonisti della nuova sperimentazione, come Corpora, Crippa, Dova, Morlotti, Music, Santomaso, Vedova; Rimoldi scopre anche artisti stranieri, come Kokoschka, Leger, Villon, Zadkine, e si accosta ai protagonisti delle neoavanguardie, agli astratti degli anni Cinquanta.
Se dunque nell'esposizione permanente del museo spiccano già la Chiesa di Cortina e il Soldatino francese di de Pisis, le Bagnanti di Carena, lo Squero di San Travaso sotto la neve di Semeghini, che è uno dei memorabili paesaggi di Venezia del nostro secolo, la Zolfara di Guttuso, il San Sebastiano di Garbari, l'Ile des charmes di Savinio – tra le “città trasparenti” del ciclo decorativo realizzato nel ’28 per il gallerista francese Léonce Rosenberg - e, opera di magistrale compostezza, il Concerto di Campigli del ’43, in questa occasione il pubblico potrà ammirare per tutta l’estate e nel primo autunno, nel cuore della splendida cittadina dolomitica, ulteriori, affascinanti testimonianze dell’arte del Novecento.
Da un Paesaggio di Achille Funi del ’30 all’Isola di San Giorgio di De Chirico e alla bellissima Spiaggia di Campigli datata ’36 le proposte si rincorrono:
Gli Amanti del ’52 grande dipinto dell’ultimo Carrà, una bellissima natura morta di Carena, un piccolo e prezioso pastello su carta in cui Kokoshka raffigura nel 1948 Venezia, l’Etet di Severini. E, ancora: Depero, Funi, Picasso, Ligabue, Pirandello con lo struggente e mesto “Ritratto del figlio” e altre 15 opere di de Pisis scelte nel corpus unico di suoi lavori della collezione.
Il progetto artistico di Mario Rimoldi risulta dunque sempre più chiaro nelle scelte libere e autonome compiute, che gli fanno privilegiare dipinti emozionali ed espressivi; una pittura ricca di una componente visionaria e soprattutto anti-realista; scelte svincolate da condizionamenti di mercato ma anche da dettami di regime.
Lo si evince bene nelle opere di Mario Sironi che pur essendo artista di dichiarata fede fascista nei dipinti acquistati da Rimoldi si mostra autore di eccezionale espressività pittorica e dalla forte personalità. Opere come Due figure del ‘31 circa o Paesaggio invernale del ’56, che la mostra permette di vedere, rivelano così il dramma intimo ed esistenziale dell’artista.
Espressioni dello stato d’animo e partecipazione emotiva che connotano anche i 5 intensi lavori di Rosai esposti ora, così come Colle dei Messi Soffici, ma che motivano anche le presenze straordinarie nell’area della cosiddetta pittura veneta – Guidi, Semeghini, Ravenna, Music nella quale Rimoldi ritrova le atmosfere, i sentimenti, i paesaggi a lui più vicini.
“Quando un uomo preso dalla cerchia della sua quotidiana fatica riesce a fare in questa una breccia con la sua fede nelle opere dello spirito – così scriveva Comisso nel ’41 – quell’uomo è salvo nel tempo, e deve avere il suo trionfo”.
Allora Giovanni Comisso, presentando la raccolta dell’amico cortinese appassionato d’arte ma lontano dalle sirene del mercato e delle mode, ebbe ad affermare “Il bello chiama il bello”, ravvisando nei luoghi e nel paesaggio in cui Rimoldi era vissuto una delle ragioni, forse, di tanta passione e attenzione verso le diverse forme ed espressioni artistiche.
Quella passione che aveva portato Rimoldi, albergatore nella vivace Cortina dei primi decenni del XX secolo, a instaurare una fruttuosa amicizia con artisti come de Pisis, De Chirico, Sironi, Campigli e Music, frequentatori della conca ampezzana, e lo aveva indotto a sostenere i più giovani talenti.
Quella passione che riemerge ora fortissima nel ripercorrere la storia e la personalità del collezionista e i capolavori da lui raccolti, nella mostra che, dal 10 luglio al 6 novembre, il Comune di Cortina d’Ampezzo, le Regole d’Ampezzo e il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi gli dedicano, esponendo un nucleo stupefacente d’opere altrimenti conservate nei depositi del museo, per mancanza di spazi espositivi.
Il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi è stato inaugurato nel 1974 a seguito della cospicua donazione pervenuta alle Regole d'Ampezzo da parte di Rosa Braun, vedova di Mario Rimoldi che tanto sognava una galleria pubblica nella sua città, e in via permanente espone circa ottanta opere della prestigiosa e ricchissima collezione donata.
Una raccolta che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dichiarato d’interesse culturale per essere l'esito di un'attività collezionistica sviluppatasi in un cinquantennio, tale da costituire uno degli insiemi più significativi in Italia per l'arte del XX secolo; per la presenza di alcuni capolavori di autori come Savinio, Garbari, Depero, Guttuso; per quei consistenti nuclei che risultano imprescindibili per lo studio di de Pisis, Sironi, De Chirico, Semeghini, Tomea, Tosi, Campigli.
Insomma i grandi Maestri del Novecento.
Le oltre 150 opere presentate complessivamente in occasione della mostra “Il bello chiama il bello” - curata da Alessandra de Bigontina e allestita nei tre piani della Ciasa de ra Regoles grazie alla collaborazione e alla disponibilità del Comune di Cortina d’Ampezzo - ricondurranno dunque nel pieno del fervore artistico del secolo passato, consentendoci di incontrare i protagonisti di quegli anni e di riscoprirli attraverso gli occhi e la sensibilità di Mario Rimoldi, di cui la mostra ricorda anche la singolare avventura e la figura, curiosa ed eclettica, attraverso alcuni degli oggetti d’arte da lui raccolti (dai Brustolon alle ceramiche di Capodimonte), i carteggi con de Pisis, Comisso e il Ministro Bottai, le foto d’epoca, le sue testimonianze.
Anche le immagini sbiadite della mostra del ’41 e una selezione delle opere della collezione che lo stesso Rimoldi aveva scelto come rappresentative della sua raccolta, e dunque del suo gusto personale, ci danno il segno del percorso compiuto da questo anomalo mecenate, capace di costruire nel tempo una rappresentazione davvero moderna dell’arte contemporanea italiana e dei suoi sviluppi.
Nel 1941 la sua collezione è già delineata: spiccano i Morandi, i Semeghini, i Rosai, i Campigli, i Sironi, il Garbari, il Severini, il Tosi e il Guidi.
Soprattutto i già tantissimi lavori di de Pisis, il poeta artista ferrarese che Rimoldi conosce nel ‘29 e che diviene subito l’autore più presente nella sua raccolta, l’aggancio con l’ambiente artistico parigino, nonché una preziosa fonte di informazione per gli acquisti alla Biennale di Venezia.
Nel dopoguerra entrano nella collezione di Rimoldi le opere sperimentali di artisti già rappresentati con quadri figurativi.
Il collezionista s'interessa ad artisti legati al filone figurativo e all'ambiente veneto, come Cadorin, Cesetti, Saetti, Tomea e Depero, con aperture anche verso nuovi movimenti che si vanno formando fuori dal Veneto.
La collezione si arricchisce di opere dei protagonisti della nuova sperimentazione, come Corpora, Crippa, Dova, Morlotti, Music, Santomaso, Vedova; Rimoldi scopre anche artisti stranieri, come Kokoschka, Leger, Villon, Zadkine, e si accosta ai protagonisti delle neoavanguardie, agli astratti degli anni Cinquanta.
Se dunque nell'esposizione permanente del museo spiccano già la Chiesa di Cortina e il Soldatino francese di de Pisis, le Bagnanti di Carena, lo Squero di San Travaso sotto la neve di Semeghini, che è uno dei memorabili paesaggi di Venezia del nostro secolo, la Zolfara di Guttuso, il San Sebastiano di Garbari, l'Ile des charmes di Savinio – tra le “città trasparenti” del ciclo decorativo realizzato nel ’28 per il gallerista francese Léonce Rosenberg - e, opera di magistrale compostezza, il Concerto di Campigli del ’43, in questa occasione il pubblico potrà ammirare per tutta l’estate e nel primo autunno, nel cuore della splendida cittadina dolomitica, ulteriori, affascinanti testimonianze dell’arte del Novecento.
Da un Paesaggio di Achille Funi del ’30 all’Isola di San Giorgio di De Chirico e alla bellissima Spiaggia di Campigli datata ’36 le proposte si rincorrono:
Gli Amanti del ’52 grande dipinto dell’ultimo Carrà, una bellissima natura morta di Carena, un piccolo e prezioso pastello su carta in cui Kokoshka raffigura nel 1948 Venezia, l’Etet di Severini. E, ancora: Depero, Funi, Picasso, Ligabue, Pirandello con lo struggente e mesto “Ritratto del figlio” e altre 15 opere di de Pisis scelte nel corpus unico di suoi lavori della collezione.
Il progetto artistico di Mario Rimoldi risulta dunque sempre più chiaro nelle scelte libere e autonome compiute, che gli fanno privilegiare dipinti emozionali ed espressivi; una pittura ricca di una componente visionaria e soprattutto anti-realista; scelte svincolate da condizionamenti di mercato ma anche da dettami di regime.
Lo si evince bene nelle opere di Mario Sironi che pur essendo artista di dichiarata fede fascista nei dipinti acquistati da Rimoldi si mostra autore di eccezionale espressività pittorica e dalla forte personalità. Opere come Due figure del ‘31 circa o Paesaggio invernale del ’56, che la mostra permette di vedere, rivelano così il dramma intimo ed esistenziale dell’artista.
Espressioni dello stato d’animo e partecipazione emotiva che connotano anche i 5 intensi lavori di Rosai esposti ora, così come Colle dei Messi Soffici, ma che motivano anche le presenze straordinarie nell’area della cosiddetta pittura veneta – Guidi, Semeghini, Ravenna, Music nella quale Rimoldi ritrova le atmosfere, i sentimenti, i paesaggi a lui più vicini.
“Quando un uomo preso dalla cerchia della sua quotidiana fatica riesce a fare in questa una breccia con la sua fede nelle opere dello spirito – così scriveva Comisso nel ’41 – quell’uomo è salvo nel tempo, e deve avere il suo trionfo”.
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