María Ester Joao. Il Posto della luce
Dal 29 Giugno 2014 al 27 Luglio 2014
Sordevolo | Biella
Luogo: Villa Cernigliaro
Indirizzo: via Clemente Vercellone 4
Orari: lunedì, giovedì, venerdì, sabato 19-22; domenica 11-22 e su appuntamento
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 015 2562174
E-Mail info: info@villacernigliaro.it
“Il bianco è il luogo dove la vista comincia a differenziare la forma e la mente costruisce un mondo visivo. È come ritornare al momento in cui un suono rompe
la pienezza del silenzio. È, allo stesso tempo, la negazione e la somma di tutti i colori. Con il bianco sfido il concetto tradizionale del visibile proponendo altre estensioni della
visibilità: forzando l’occhio, si forza la coscienza. Le immagini diventano immacolate attraverso innumerevoli strati di vernice, fino a raggiungere il grado giusto di luminosità”.
Tratto dal Catalogo della mostra Ed. Zero gravità
Testi curatoriali di: Nelly Perazzo, Paola Zorzi
Halos*: pavimenti di sale
L'opera s’impossessa del pavimento, piano di sostentamento dell'uomo, e lo copre con un manto bianco, delicato, di fragili linee. La luce gli dà vita, generando ombre e contrasti.
Il mezzo è il sale, una sostanza essenziale nella dieta dell'uomo ed uno dei conservanti di alimenti più effettivi. In tutte le epoche questo è stato un elemento tanto prezioso quanto costoso:
ha provocato guerre, ha finanziato imperi ed è servito come moneta. Nei rituali religiosi di diverse culture simbolizza la purezza immutabile ed incorruttibile
La realizzazione dell'opera -il tracciato delle forme- si basa sull'antica tecnica giapponese dei giardini secchi di sabbia o karesansui che, associati alla filosofia zen ed al Buddismo,
simboleggiano la precarietá del mondo visibile, la concezione effimera della vita ed il cambiamento continuo. La ripetizione dele forme circolari fanno riferimento al tempo come sistema ciclico, ed alla perfezione.
Si produce così un gioco di opposti tra la qualità del mezzo, conservante, e la condizione effimera* dell'opera; un anacronismo nei procedimenti, molto lontani dalla "tecnologia di punta" attuale.
Nonché una sospensione del tempo nella concrezione del tracciato, che implica meticolosità, controllo ed infinita pazienza, anche estemporanei.
La luce agisce come rivelatore delle forme e, secondo lo spostamento dello spettatore, si vanno succedendo differenti prospettive e nuovi giochi di luci ed ombre.
L'opera rimane tanto quanto la mostra. Rimane il ricordo, alcune sacchi di sale e la promessa di ri-nascere in altri progetti.
*Halos: parola greca che significa sale.
*La condizione effimera si riferisce alla fragilità del tracciato, poiché il sale si cristallizza nel tempo.
María Ester Joao è nata a Buenos Aires nel 1944. È architetto laureata all’Universidad Nacional di Buenos Aires. Nel 1987 comincia a frequentare lo studio di Ana María e Ricardo Martin Crosa.
Realizza la sua prima mostra personale nel 1989 nella Galleria Van Riel di Buenos Aires. Da allora ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in musei, centri culturali e gallerie in Argentina e all’estero. Ha ricevuto importanti riconoscimenti tra cui il primo premio Banco de la Provincia de Buenos Aires, il premio Trabucco di Pittura, il Premio Novartis – Museo Nacional de Bellas Artes e il Premio Fondazione Klemm alle Arti Visive.
Dall’anno 2005 vive e lavora alternativamente a Buenos Aires e Milano.
la pienezza del silenzio. È, allo stesso tempo, la negazione e la somma di tutti i colori. Con il bianco sfido il concetto tradizionale del visibile proponendo altre estensioni della
visibilità: forzando l’occhio, si forza la coscienza. Le immagini diventano immacolate attraverso innumerevoli strati di vernice, fino a raggiungere il grado giusto di luminosità”.
Tratto dal Catalogo della mostra Ed. Zero gravità
Testi curatoriali di: Nelly Perazzo, Paola Zorzi
Halos*: pavimenti di sale
L'opera s’impossessa del pavimento, piano di sostentamento dell'uomo, e lo copre con un manto bianco, delicato, di fragili linee. La luce gli dà vita, generando ombre e contrasti.
Il mezzo è il sale, una sostanza essenziale nella dieta dell'uomo ed uno dei conservanti di alimenti più effettivi. In tutte le epoche questo è stato un elemento tanto prezioso quanto costoso:
ha provocato guerre, ha finanziato imperi ed è servito come moneta. Nei rituali religiosi di diverse culture simbolizza la purezza immutabile ed incorruttibile
La realizzazione dell'opera -il tracciato delle forme- si basa sull'antica tecnica giapponese dei giardini secchi di sabbia o karesansui che, associati alla filosofia zen ed al Buddismo,
simboleggiano la precarietá del mondo visibile, la concezione effimera della vita ed il cambiamento continuo. La ripetizione dele forme circolari fanno riferimento al tempo come sistema ciclico, ed alla perfezione.
Si produce così un gioco di opposti tra la qualità del mezzo, conservante, e la condizione effimera* dell'opera; un anacronismo nei procedimenti, molto lontani dalla "tecnologia di punta" attuale.
Nonché una sospensione del tempo nella concrezione del tracciato, che implica meticolosità, controllo ed infinita pazienza, anche estemporanei.
La luce agisce come rivelatore delle forme e, secondo lo spostamento dello spettatore, si vanno succedendo differenti prospettive e nuovi giochi di luci ed ombre.
L'opera rimane tanto quanto la mostra. Rimane il ricordo, alcune sacchi di sale e la promessa di ri-nascere in altri progetti.
*Halos: parola greca che significa sale.
*La condizione effimera si riferisce alla fragilità del tracciato, poiché il sale si cristallizza nel tempo.
María Ester Joao è nata a Buenos Aires nel 1944. È architetto laureata all’Universidad Nacional di Buenos Aires. Nel 1987 comincia a frequentare lo studio di Ana María e Ricardo Martin Crosa.
Realizza la sua prima mostra personale nel 1989 nella Galleria Van Riel di Buenos Aires. Da allora ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in musei, centri culturali e gallerie in Argentina e all’estero. Ha ricevuto importanti riconoscimenti tra cui il primo premio Banco de la Provincia de Buenos Aires, il premio Trabucco di Pittura, il Premio Novartis – Museo Nacional de Bellas Artes e il Premio Fondazione Klemm alle Arti Visive.
Dall’anno 2005 vive e lavora alternativamente a Buenos Aires e Milano.
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