William Eugene Smith . Ritratto di una città industriale

© William Eugene Smith / Magnum Photos | William Eugene Smith, Operaio di un’acciaieria che prepara le bobine, 
1955-1957. Stampa ai sali d’argento, 22.86 x 34.61 cm. Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection

 

Dal 17 Maggio 2018 al 16 Settembre 2018

Bologna

Luogo: Fondazione MAST

Indirizzo: via Speranza 42

Orari: da Martedì a Domenica 10-19

Curatori: Urs Stahel

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Sito ufficiale: http://www.mast.org/



La Fondazione MAST presenta per la prima volta in Italia una mostra interamente dedicata all’opera che il fotografo americano W. Eugene Smith (1918-1978) ha realizzato a partire dal 1955 su Pittsburgh, (Pennsylvania, USA), la città industriale più famosa del primo Novecento.

A cento anni dalla nascita di uno dei protagonisti della fotografia mondiale, la mostra al MAST presenta una selezione ricca e significativa del lavoro su Pittsburgh, che W. Eugene Smith ha realizzato lasciandoci il ritratto grandioso e autentico di questa dinamica città americana al culmine del suo sviluppo economico e alcune delle immagini più profondamente umane nella storia della fotografia.

L’esposizione al MAST, a cura di Urs Stahel, propone il nucleo principale di questo lavoro magnifico e sofferto: 170 stampe vintage provenienti dalla collezione del Carnegie Museum of Art di Pittsburghsulla città e insieme sull’America degli anni cinquanta, tra luci, ombre e promesse di felicità e progresso.

Il progetto, considerato da Smith l’impresa più ambiziosa della propria carriera, segnò un momento di svolta nella vita professionale e personale del fotografo. A trentasei anni, dopo i successi e la notorietà ottenuti documentando come fotoreporter alcuni dei principali avvenimenti della seconda guerra mondiale per “Life”, Smith decise di chiudere con la rivista e con i mal tollerati vincoli imposti dai media per dedicarsi alla fotografia con una maggiore libertà espressiva.

Come spiega Urs Stahel, “W. Eugene Smith lottava per rappresentare l’assoluto. Ben lungi dall’accontentarsi di documentare il mondo, voleva catturare, afferrare, almeno in alcune immagini, niente di meno che l’essenza stessa della vita umana.”

Il primo incarico che Smith accettò fu di realizzare in un paio di mesi un centinaio di fotografie su Pittsburgh per una pubblicazione celebrativa sul bicentenario della sua fondazione. La città era in pieno boom economico grazie alla crescita dell’industria siderurgica e in particolare delle sue acciaierie, che garantivano lavoro e attiravano operai da tutto il mondo.

Smith rimase affascinato dalla città dell’acciaio, dai volti dei lavoratori, dalle sue strade, dalle fabbriche, dagli infiniti particolari e dalle contraddizioni del tessuto sociale, registrandoli meticolosamente per comporre il ritratto di una città a tutto tondo. Questo semplice mandato si trasformò così in uno dei progetti più importanti della sua vita. In circa tre anni realizzò instancabilmente 20.000 negativi, 2.000masterprint e per tutta la vita cercò, senza riuscirci mai completamente, di produrre il saggio definitivo che avrebbe rivelato l’anima della città senza lasciare fuori nulla, un’opera senza precedenti nella storia della fotografia. Solo una piccola parte di questo lavoro venne conosciuto dal grande pubblico, tramite il “Photography Annual” del 1959, l’unica rivista su cui Smith accettò di pubblicare le sue foto perché gli garantì il controllo assoluto sulle 36 pagine intitolate Labyrinthian Walk, rifiutando importanti offerte economiche da “Life”. Il risultato non fu all’altezza delle aspettative di Smith, che continuò per anni ad avere come priorità la pubblicazione di un intero libro su Pittsburgh.
La selezione di immagini esposta nella PhotoGallery del MAST offre un quadro intenso e rappresentativo di questo progetto di cui lo stesso Smith, riconoscendo le difficoltà incontrate nel comporre in un’unica opera i contrasti di una città così complessa, affermava: “Penso che il problema principale sia che non c’è fine ad un soggetto come Pittsburgh e non ci sia modo di portarlo a compimento”.

La mostra è curata da Urs Stahel e organizzata dalla Fondazione MAST in collaborazione con Carnegie Museum of Art, Pittsburgh, Pennsylvania.
William Eugene Smith nasce a Wichita, Kansas (USA), nel 1918.
Studia fotografia all’Università di Notre Dame, nell’Indiana, e nel 1937 si trasferisce a New York, dove lavora come fotoreporter per “Newsweek”, “Collier’s”, “Parade”, “Time”, “Fortune”, “Look” e “Life”. Durante la Seconda guerra mondiale è corrispondente dalle isole di Saipan, Iwo Jima, e Okinawa, in Giappone, dove viene ferito gravemente da una granata.
Nel 1947 entra nell’organico di “Life”, su cui pubblica servizi di grande successo: Un medico di campagna(1948), Vita senza germi (1949), La levatrice (1951), Un uomo compassionevole (1954).
Nel 1955 la mostra “Family of Man”, al Museum of Modern Art di New York, presenta quattro sue immagini. Nello stesso anno, entrato a far parte dell’agenzia Magnum, accetta di realizzare un saggio fotografico su Pittsburgh. Nel 1959 solo una parte di quell’impresa ambiziosa e sofferta arriva al pubblico: Pittsburgh—W. Eugene Smith’s Monumental Poem to a City, la più ricca versione del lavoro, con un layout di 36 pagine dello stesso Smith, appare sulle pagine di “Photography Annual”, annuario della rivista “Popular Photography”.
Nel 1971 presenta a New York e poi a Tokyo “Let Truth Be the Prejudice”, grande mostra di oltre 400 fotografie curata da lui stesso.
Dal 1971 al 1975 vive in Giappone, dove si avvicina alle associazioni che si battono contro l’inquinamento industriale nella città di Minamata. È del 1973 la personale a Tokyo “Minamata: Vita—sacro e profano”, che due anni dopo sarà esposta all’International Center for Photography, New York.
Nel 1977 si trasferisce a Tucson, Arizona, dove gli viene assegnata una cattedra universitaria. Il suo ricchissimo archivio entra a far parte della collezione del Center for Creative Photography dell’Università dell’Arizona.
Muore a Tucson il 15 ottobre 1978.

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