Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552

Alessandro Bonvicino il Moretto, Fortunato Martinengo, 1540-1545 ca. Londra National Gallery

 

Dal 18 Ottobre 2024 al 16 Febbraio 2025

Brescia

Luogo: Museo di Santa Giulia

Indirizzo: Via dei Musei 81 b

Curatori: i Roberta D’Adda, Filippo Piazza, Enrico Valseriati


Come si viveva nel Cinquecento in una delle città più popolose dell’Europa moderna? Quali sentimenti muovevano gli animi? Quali mode erano in auge?
Come si metteva a fuoco e fiamme una città, con quali armi?
A quali santi si era devoti? A chi si chiedeva protezione? Come ci si informava?
Come ci si vestiva e come ci si faceva ritrarre? Come ci si sposava? E il ruolo delle donne? Quali libri si leggevano, che musica si ascoltava?
Quale il rapporto con la natura e con l’antico? E l’amore? E la morte da che parte stava? Cosa rese la pittura bresciana straordinaria?
E cosa la pose come base della rivoluzione artistica di Caravaggio?
Chi fu Fortunato Martinengo?

Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552, la nuova mostra di Fondazione Brescia Musei, a cura di Roberta D’Adda, Filippo Piazza e Enrico Valseriati, cerca di rispondere a queste domande attraverso oltre 50 opere d’arte, con prestiti nazionali e internazionali, provando a restituire al pubblico di oggi lo spirito di un’epoca.
Troppo spesso il Cinquecento bresciano con Moretto (1498 circa – 1554), Romanino (1484/1487 – 1560) e Savoldo (1480 circa – post 1548) è stato raccontato come un episodio isolato, confinato nella storia dell’arte: questo progetto dimostra ben altro e cioè una risultanza di fatti, sentimenti e di un contesto che lega la storia degli uomini e delle donne, la politica, la cultura e la religione all’arte. In particolare, dimostra come e perché la pittura raggiunse risultati sorprendenti, facendosi linguaggio precursore di maestri come Moroni e Caravaggio, base della straordinaria tradizione della cosiddetta pittura della realtà.
Il Cinquecento a Brescia è eccentrico, tormentato da tensioni religiose e dai drammi della guerra, alla ricerca dell’armonia, tra il lusso delle famiglie nobiliari di una città ricca e potente, l’operosità di molti e il fermento culturale.
In mostra: dipinti, oggetti, libri, armi, strumenti musicali diventano testimoni di un periodo che si apre con il brutale Sacco della città (1512), la crisi sociale, economica, morale che ne consegue e prosegue con la rinascita, colma di inquietudine così come di desiderio verso un nuovo tempo di pace e prosperità.
Brescia nel 1506 è una città di circa 60.000 abitanti, tra le venti città più popolose del continente 1 europeo, più di Roma e più di Madrid; è uno dei centri nevralgici della Repubblica di Venezia in terraferma, un grande emporio commerciale e produttivo.   Questi dati non solo danno conto della convergenza di interessi esistenti su Brescia, uno dei maggiori centri economici, sociali e culturali dell’Europa del tempo, ma fanno meglio intendere cosa significò il 1512 quando le truppe francesi, condotte da Gaston de Foix, saccheggiarono la città uccidendo circa 8.000 uomini e donne, incendiando e distruggendo, e cosa ne conseguì.
La notizia divenne ben presto globale e si trasformò in spavento collettivo. Una tragica anticipazione di quello che sarebbe stato, di lì a pochi anni, il più violento e simbolico saccheggio dell'Europa moderna, il Sacco di Roma (1527).
Un capovolgimento dell’ordine costituito che ebbe ripercussioni immediate a Brescia: migliaia di vittime, distruzione di case, chiese e patrimonio, violenze e stupri, fuga di molti, interruzione di cantieri e il rallentamento brutale dell’economia; ovunque, in termini di paura.
Diverse anche le conseguenze a lungo termine: la città non tornò più a essere altrettanto popolata (assestandosi intorno ai 40.000 abitanti, venendo presto superata da altri centri europei) e conobbe un periodo di profonda crisi sociale, morale, religiosa, seppur mossa da energie in risposta a tutta quella devastazione.
Un trauma che, come capita, generò fermento: si avviò infatti un ‘nuovo clima’ che questa mostra vuole raccontare attraverso le opere, perlopiù pittoriche, e gli artisti che vissero in quegli anni tanto complessi quanto intensi.
Difficile oggi comprendere appieno un’epoca lontana 500 anni, possibile ed affascinante però viaggiare lungo la storia grazie a una serie di testimonianze, in particolare artistiche, molti indizi e diverse suggestioni, anche per comprendere quali e quanti sentimenti siano, a tutt’oggi, attuali ma soprattutto avere consapevolezza che tutto è connesso: società, cultura, religione, politica.
Il volto di questo progetto ma anche il termine cronologico, è Fortunato Martinengo: il nobile bresciano nasce infatti in quel 1512 e muore nel 1552. Fortunato Martinengo è un conte, scrive poesie, è un musicista, fonda l’Accademia dei Dubbiosi, prende parte ai movimenti ereticali dell’epoca. Vedovo in giovane età, il suo ritratto dipinto da Moretto - in mostra grazie allo straordinario prestito dalla National Gallery di Londra - è uno dei più affascinanti del Cinquecento, con una posa che ricorda la tradizione della melanconia, trasognata e misteriosa e riesce a sintetizzare lo spirito del tempo.
Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552. Oltre al luogo di nascita, molti i punti di contatto tra i tre maestri così come molte le diversità. Savoldo è il più anziano e quello che forse più si distacca dagli altri due, anche per la sua lunga permanenza a Venezia, sviluppando un linguaggio poetico non sempre di facile lettura e raffinate ricerche illuministiche. Romanino è certamente l’interprete più spontaneo e, con l’andar del tempo, più ruvido della scena artistica anche grazie alla sua capacità di mettere in scena contesti di verità di popolo e scene affollate. Moretto viene celebrato da Vasari come “delicatissimo ne colori e tanto amico della diligenza”, straordinario interprete del naturalismo lombardo, come Romanino, riceve e recepisce stimoli provenienti dalla cultura figurativa nordica, padana, toscana e veneta. ù A Brescia il ’500 è un'epoca in cui, oltre agli artisti, risaltano personalità carismatiche, anche in ambito religioso e intellettuale. Sono gli anni di Angela Merici (amica di Moretto e in contatto con Romanino), fondatrice nel 1535 della Compagnia di Sant'Orsola, della poetessa Veronica Gambara, e di Agostino Gallo che teorizza il rapporto armonico con la natura, rispecchiato in molti dipinti.
Fuori Brescia: Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, / le cortesie, l'audaci imprese io canto scrive Ariosto nel 1516: il periodo è appassionante, sono gli anni precedenti al Concilio di Trento, delle grandi inquietudini religiose, gli anni di Pietro Bembo e di Tiziano e del soggiorno a Bergamo di Lorenzo Lotto che in una lettera chiama Moretto, nel 1528, fratello.
La mostra ospitata presso il Museo di Santa Giulia, accompagnata da una serie di itinerari in città, si propone come occasione per immergersi in un periodo storico comprendendone gli aspetti artistici e umani. Un percorso tra arte, storia, filosofia e religione che svela un Rinascimento che ha saputo celebrare le donne, che ha identificato nella natura uno spazio di armonia e una fonte di possibile sviluppo, che non è rimasto indifferente ai primi fermenti di riforma religiosa e che è stato segnato da una immane tragedia ma ha saputo superarla. È il racconto di una città che indaga la sua storia e la sua identità attraverso i capolavori della sua più grande stagione pittorica.
L’esposizione è resa straordinaria grazie alla presenza di prestiti provenienti da alcune tra le più importanti istituzioni internazionali come: MET di New York, National Gallery di Washington, Getty Museum di Los Angeles, oltre a New Orleans, Allentown, National Gallery di Londra, Kunsthistorisches di Vienna e Szépművészeti di Budapest.
Dall’Italia: Pinacoteca di Brera, Castello Sforzesco, Accademia Carrara di Bergamo, Museo di Castelvecchio di Verona, Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli, insieme a prestiti dal territorio lombardo e, in mostra, parte del patrimonio di Pinacoteca Tosio Martinengo e della Diocesi di Brescia che conservano alcuni tra i più importanti corpora di opere di Moretto, Romanino e Savoldo. I visitatori sono infatti invitati a completare l’immersione nel Cinquecento bresciano sia grazie a un percorso in città, tra edifici sacri e non solo, tra questi, la Chiesa dei Santi Nazaro e Celso che conserva il Polittico Averoldi di Tiziano – giunto a Brescia nel 1522 - sia nelle sale della Pinacoteca cittadina con le grandi pale d’altare di Moretto e Romanino.
Il progetto permette inoltre ad alcune opere, dopo secoli, di tornare in città: è il caso dello Stendardo dei Disciplini dipinto da Moretto, in prestito da Possagno, già di proprietà di Antonio Canova, anche oggetto di un restauro realizzato in occasione della mostra.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira con testi di Letizia Barozzi, Barbara Bettoni, Marco Bizzarrini, Roberta D'Adda, Marco Faini, Querciolo Mazzonis, Fabrizio Pagnoni, Ester Pietrobon, Alessandra Quaranta, Barbara Maria Savy, Elisabetta Selmi.
Dipinti Sensazionali, Chi cerca trova, Rinascimento in Musica, Una città «geniale», La Scienza dei Colori, sono solo alcuni dei titoli delle attività educative previste per scuole di ogni ordine e grado, famiglie e adulti. Laboratori, workshop, una fitta programmazione di visite guidate, percorsi tematici permettono di conoscere il Cinquecento, con tante informazioni, fascino e divertimento, a tutti i pubblici. CUP Centro Unico Prenotazini t. 030 8174200 - cup@bresciamusei.com page3image4216430080

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