Antonio Joli. Tra Napoli, Roma e Madrid
Antonio Joli. Tra Napoli, Roma e Madrid, Reggia di Caserta
Dal 14 Giugno 2012 al 14 Ottobre 2012
Caserta
Luogo: Reggia di Caserta
Indirizzo: via Douhet 22
Orari: 8.30- 19; chiuso il martedì
Costo del biglietto: intero 13.20; ridotto 6.60 (Mostra, Appartamenti, Parco, Giardini)
Telefono per informazioni: +39 0823 448084
E-Mail info: caserta@civitamusea.it
Sito ufficiale: http://www.reggiadicaserta.beniculturali.it
Giovedì 14 giugno alle ore 12, negli Appartamenti Storici della Reggia di Caserta si inaugura la mostra dedicata ad Antonio Joli (Modena 1700 ca. - Napoli 1777), organizzata dalla Soprintendenza in collaborazione con Civita.
Il progetto espositivo ricostruisce attraverso trentanove opere il periodo della maturità del pittore modenese, quello della sua attività madrilena (1749-1754) ed in seguito, più approfonditamente, quello dal 1759 fino al 1777 presso la corte borbonica napoletana.
Il percorso allestito nella Sala delle Guardie del Corpo e retrostanze, si articola in 4 sezioni:
le vedute spagnole, le vedute di Napoli e dintorni, le scenografie e le vedute di Roma.
Le vedute spagnole
Costituita da tre vedute madrilene e da una veduta di Aranjuez con la flotta del Tajo, illustrata minuziosamente nel manoscritto autografo del Farinelli conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid (un’altra copia del manoscritto, di minor pregio è conservata presso il Collegio di Spagna di Bologna). La flotta fu probabilmente ideata dallo Joli ed una conferma a questa ipotesi è il fatto che nel 1740, durante il suo periodo veneziano (1732-1746), disegnò quattro imbarcazioni per la regata sul Canal Grande in onore del principe Federico Cristiano di Sassonia.
Le vedute di Napoli e dintorni
Costituita da opere conservate sia presso la Reggia vanvitelliana sia presso il Museo di San Martino. Tra queste spiccano: il dipinto raffigurante L’inaugurazione della cascata del Parco, eventoorganizzato in occasione delle nozze di Ferdinando IV con la regina Maria Carolina nel maggio del 1768e la tela con l’ Interno del Tempio di Poseidone a Paestum, realizzata nel 1759, dopo che il pittore si era recato personalmente nell’antica città per ammirarne le vestigia.
Esposto in mostra anche un dipinto raffigurante l’ Arco di Traiano a Benevento, risultato pendant di una tela, di identico soggetto, recentemente acquisita dal museo del Prado di Madrid.
Le scenografie
E’ la sezione più innovativa, costituita da dipinti conservati a Caserta, uno dei quali può sicuramente riconnettersi alla scenografia dell’Alessandro nelle Indie opera già messa in scena al teatro San Giovanni Crisostomo di Venezia durante il Carnevale del 1738 e riproposta nello spettacolo del 29 maggio 1768 presso il San Carlo di Napoli.
Di questa sezione è parte integrante, anche se a distanza, la visita del Teatro di Corte nel quale è documentato che lo Joli realizzò alcune scenografie di opere liriche.
Le vedute di Roma
In questa sezione saranno esposti i dipinti conservati presso la Reggia, messi a confronto con opere di Michele Marieschi (1710- 1743) provenienti dal Museo Filangieri di Napoli e di Bernardo Bellotto (1722-1780) dal Museo Civico di Asolo, opere che si riconnettono sia alla formazione dell’artista sia ai soggetti romani esposti.
Tra i dipinti casertani spicca una splendida Veduta del Tevere con Castel Sant’Angelo e San Pietro e una Veduta di Piazza del Popolo di cui lo Joli realizza diverse versioni, trattandosi di un soggetto particolarmente gradito ai viaggiatori del Grand Tour.
Ma il pittore guardò all’ Urbs Romana anche come città antica, simbolo del mondo classico. Questa fu l’idea che sottese alla realizzazione delle diverse versioni del Campo vaccino e dei Paesaggio con ruderi dipinti, nei quali il pittore opera a metà tra capriccio e veduta.
Nell’esecuzione di questo tema lo Joli non poté trascurare l’illustre opera del veneziano Giovan Battista Piranesi, le cui incisioni rappresentano, per la maggior parte, proprio monumenti dell’antica Roma.
Un sostanzioso incipit della mostra è nella sala delle Guardie del corpodove sarà collocata una Veduta di Gaspar Van Wittel (Luigi Vanvitelli in una lettera al fratello Urbano rileva una notevole affinità tra le vedute dello Joli e quelle del padre) affiancata dalle due grandi tele dello Joli che documentano, da mare e da terra, la partenza di re Carlo per la Spagna.
Nella stessa sala delle Guardie del corpo il grande dipinto di Giovanni Paolo Pannini (1691-1795), maestro dello Joli durante il periodo romano, raffigurante Carlo di Borbone visita la basilica di San Pietro, oggi al Museo di Capodimonte, sarà messo a confronto con quello realizzato da Joli - Arrivo al Palazzo del Quirinale di Alvise Mocenigo - proveniente da Venezia.
Infine in mostra anche due Vedute di Napoli da Portici, di grandi dimensioni una delle quali di proprietà di Banca Intesa Sanpaolo.
Biografia
Antonio Joli (Modena 1700 ca. - Napoli 1777), dopo un inizio a Modena presso il bibienesco Raffaello Menia Rinaldi, si trasferì a Roma nel 1720 prendendo contatti col Pannini, dal quale rilevò il gusto per la veduta con inserti archeologici. Nel 1725 è di nuovo a Modena, poi a Venezia nel 1740, dove sarebbe stato influenzato dai modi del Canaletto e dal Bellotto. Nel 1746 dipinse varie vedute di città e di monumenti tedeschi. Già nel 1744 aveva avviato comunque anche una fortunata attività di scenografo, prima in Inghilterra dove restò fino al 1749, e subito dopo in Spagna(dal 1749 al 1754) dove fu chiamato a servizio della corte di Fernando VI e Barbara di Braganza su segnalazione del famose cantante d’opera Farinelli, organizzatore a Madrid di feste di corte e spettacoli teatrali. Nel ruolo di scenografo collaborò con Farinelli alla messa in scena nel teatro del Coliseo del Buen Retiro: Armida Placata (1750), Demofonte (1750), Demetrio (1750), Asilo d’Amore (1750), Festa cinese (1751), Didone abbandonata (1752), Siroe (1752), La nascita di Giove (1752),L’isola deserta (1753), Le mode (1753), L’eroe cinese (1753). Quanto fossero fastose le sue scenografie lo documenta Leandro Fernandez de Moratin descrivendo quella dell’Armida Placata rappresentata nell’ambito dei festeggiamenti per le nozze di Maria Luisa Fernanda figlia di Elisabetta Farnese e di Filippo V, con il principe di Piemonte il futuro Amedeo III di Savoia. Racconta il Moratin: “si vide un delizioso sito tutto di cristallo con 8 fonti d’acqua naturale e una tra quelle aveva uno zampillo che arrivava a 60 piedi d’altezza. Negli alberi cantavano una moltitudine di uccelli”. L’azione teatrale si svolgeva appunto in un tempio classico tutto di cristallo il tempio del Sole, con 8 fontane, 120 colonne, 200 lampadari e sfere trasparenti che giravano continuamente. Le migliaia di pezzi di cristalli di vari colori Farinelli li aveva commissionati due anni prima alla Real Fabbrica della Granja di San Ildefonso, forse pensando alle indicazioni di Metastasio che voleva la reggia “magnifica, luminosa quanto mai si voglia”. Anche per il deciso apporto delle fastosissime scenografie di Joli, l’opera ebbe un successo strepitoso.
Inoltre con ogni probabilità Joli contribuì alla progettazione delle navi della Flotta del Tajo(la prima uscita della flotta è registrata al 1752), ampiamente descritte nella seconda parte del manoscritto autografo del Farinelli.
Tornato in Italia nel 1754, si trasferì nuovamente a Venezia, dove nel 1755 fu tra i fondatori dell’Accademia di pittura e scultura. Nel 1759 è documentato per la prima volta a Napoli, dove riprese varie fasi della partenza di Carlo di Borbone per la Spagna in una serie di tele più volte da lui stesso replicate e poi spedite presso le maggiori corti europee. A Napoli è registrato poi in pianta stabile (vi rimane fino al 1777, anno della sua morte) dal 1762 quando subentrò a Vincenzo Re nell’incarico di scenografo del teatro San Carlo e organizzatore di feste di corte. Per il San Carlo, e talvolta anche per il teatrino del Palazzo Reale di Napoli, mise in scena le seguenti opere: Antigone (1762), Armida (1763), Didone abbandonata (1764), Il re pastore (1765), Lucio Vero (1766), Semiramide (1767), Alessandro nelle indie (1768), Merope (1769), Demofonte (1770), Ezio (1771), La Clemenza di Tito (1772), Il Trionfo di Clelia (1773), Artaferse (1774), Il natale di Apollo (1775), Creso (1776), Arianna e Teseo (1777).
Dal 1759 in avanti comunque dipinse molte vedute di Napoli e dintorni. Sue opere, con le vedute di varie città dove ebbe modo di soggiornare, ma sopratutto con l’indicazione quasi topografica e comunque analiticamente descrittiva di vari aspetti del paesaggio urbano napoletano, spesso popolato con la presenza dei sovrani e della corte, si conservano presso numerose raccolte pubbliche e private italiane e straniere (Vienna, Londra, Madrid).
Il progetto espositivo ricostruisce attraverso trentanove opere il periodo della maturità del pittore modenese, quello della sua attività madrilena (1749-1754) ed in seguito, più approfonditamente, quello dal 1759 fino al 1777 presso la corte borbonica napoletana.
Il percorso allestito nella Sala delle Guardie del Corpo e retrostanze, si articola in 4 sezioni:
le vedute spagnole, le vedute di Napoli e dintorni, le scenografie e le vedute di Roma.
Le vedute spagnole
Costituita da tre vedute madrilene e da una veduta di Aranjuez con la flotta del Tajo, illustrata minuziosamente nel manoscritto autografo del Farinelli conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid (un’altra copia del manoscritto, di minor pregio è conservata presso il Collegio di Spagna di Bologna). La flotta fu probabilmente ideata dallo Joli ed una conferma a questa ipotesi è il fatto che nel 1740, durante il suo periodo veneziano (1732-1746), disegnò quattro imbarcazioni per la regata sul Canal Grande in onore del principe Federico Cristiano di Sassonia.
Le vedute di Napoli e dintorni
Costituita da opere conservate sia presso la Reggia vanvitelliana sia presso il Museo di San Martino. Tra queste spiccano: il dipinto raffigurante L’inaugurazione della cascata del Parco, eventoorganizzato in occasione delle nozze di Ferdinando IV con la regina Maria Carolina nel maggio del 1768e la tela con l’ Interno del Tempio di Poseidone a Paestum, realizzata nel 1759, dopo che il pittore si era recato personalmente nell’antica città per ammirarne le vestigia.
Esposto in mostra anche un dipinto raffigurante l’ Arco di Traiano a Benevento, risultato pendant di una tela, di identico soggetto, recentemente acquisita dal museo del Prado di Madrid.
Le scenografie
E’ la sezione più innovativa, costituita da dipinti conservati a Caserta, uno dei quali può sicuramente riconnettersi alla scenografia dell’Alessandro nelle Indie opera già messa in scena al teatro San Giovanni Crisostomo di Venezia durante il Carnevale del 1738 e riproposta nello spettacolo del 29 maggio 1768 presso il San Carlo di Napoli.
Di questa sezione è parte integrante, anche se a distanza, la visita del Teatro di Corte nel quale è documentato che lo Joli realizzò alcune scenografie di opere liriche.
Le vedute di Roma
In questa sezione saranno esposti i dipinti conservati presso la Reggia, messi a confronto con opere di Michele Marieschi (1710- 1743) provenienti dal Museo Filangieri di Napoli e di Bernardo Bellotto (1722-1780) dal Museo Civico di Asolo, opere che si riconnettono sia alla formazione dell’artista sia ai soggetti romani esposti.
Tra i dipinti casertani spicca una splendida Veduta del Tevere con Castel Sant’Angelo e San Pietro e una Veduta di Piazza del Popolo di cui lo Joli realizza diverse versioni, trattandosi di un soggetto particolarmente gradito ai viaggiatori del Grand Tour.
Ma il pittore guardò all’ Urbs Romana anche come città antica, simbolo del mondo classico. Questa fu l’idea che sottese alla realizzazione delle diverse versioni del Campo vaccino e dei Paesaggio con ruderi dipinti, nei quali il pittore opera a metà tra capriccio e veduta.
Nell’esecuzione di questo tema lo Joli non poté trascurare l’illustre opera del veneziano Giovan Battista Piranesi, le cui incisioni rappresentano, per la maggior parte, proprio monumenti dell’antica Roma.
Un sostanzioso incipit della mostra è nella sala delle Guardie del corpodove sarà collocata una Veduta di Gaspar Van Wittel (Luigi Vanvitelli in una lettera al fratello Urbano rileva una notevole affinità tra le vedute dello Joli e quelle del padre) affiancata dalle due grandi tele dello Joli che documentano, da mare e da terra, la partenza di re Carlo per la Spagna.
Nella stessa sala delle Guardie del corpo il grande dipinto di Giovanni Paolo Pannini (1691-1795), maestro dello Joli durante il periodo romano, raffigurante Carlo di Borbone visita la basilica di San Pietro, oggi al Museo di Capodimonte, sarà messo a confronto con quello realizzato da Joli - Arrivo al Palazzo del Quirinale di Alvise Mocenigo - proveniente da Venezia.
Infine in mostra anche due Vedute di Napoli da Portici, di grandi dimensioni una delle quali di proprietà di Banca Intesa Sanpaolo.
Biografia
Antonio Joli (Modena 1700 ca. - Napoli 1777), dopo un inizio a Modena presso il bibienesco Raffaello Menia Rinaldi, si trasferì a Roma nel 1720 prendendo contatti col Pannini, dal quale rilevò il gusto per la veduta con inserti archeologici. Nel 1725 è di nuovo a Modena, poi a Venezia nel 1740, dove sarebbe stato influenzato dai modi del Canaletto e dal Bellotto. Nel 1746 dipinse varie vedute di città e di monumenti tedeschi. Già nel 1744 aveva avviato comunque anche una fortunata attività di scenografo, prima in Inghilterra dove restò fino al 1749, e subito dopo in Spagna(dal 1749 al 1754) dove fu chiamato a servizio della corte di Fernando VI e Barbara di Braganza su segnalazione del famose cantante d’opera Farinelli, organizzatore a Madrid di feste di corte e spettacoli teatrali. Nel ruolo di scenografo collaborò con Farinelli alla messa in scena nel teatro del Coliseo del Buen Retiro: Armida Placata (1750), Demofonte (1750), Demetrio (1750), Asilo d’Amore (1750), Festa cinese (1751), Didone abbandonata (1752), Siroe (1752), La nascita di Giove (1752),L’isola deserta (1753), Le mode (1753), L’eroe cinese (1753). Quanto fossero fastose le sue scenografie lo documenta Leandro Fernandez de Moratin descrivendo quella dell’Armida Placata rappresentata nell’ambito dei festeggiamenti per le nozze di Maria Luisa Fernanda figlia di Elisabetta Farnese e di Filippo V, con il principe di Piemonte il futuro Amedeo III di Savoia. Racconta il Moratin: “si vide un delizioso sito tutto di cristallo con 8 fonti d’acqua naturale e una tra quelle aveva uno zampillo che arrivava a 60 piedi d’altezza. Negli alberi cantavano una moltitudine di uccelli”. L’azione teatrale si svolgeva appunto in un tempio classico tutto di cristallo il tempio del Sole, con 8 fontane, 120 colonne, 200 lampadari e sfere trasparenti che giravano continuamente. Le migliaia di pezzi di cristalli di vari colori Farinelli li aveva commissionati due anni prima alla Real Fabbrica della Granja di San Ildefonso, forse pensando alle indicazioni di Metastasio che voleva la reggia “magnifica, luminosa quanto mai si voglia”. Anche per il deciso apporto delle fastosissime scenografie di Joli, l’opera ebbe un successo strepitoso.
Inoltre con ogni probabilità Joli contribuì alla progettazione delle navi della Flotta del Tajo(la prima uscita della flotta è registrata al 1752), ampiamente descritte nella seconda parte del manoscritto autografo del Farinelli.
Tornato in Italia nel 1754, si trasferì nuovamente a Venezia, dove nel 1755 fu tra i fondatori dell’Accademia di pittura e scultura. Nel 1759 è documentato per la prima volta a Napoli, dove riprese varie fasi della partenza di Carlo di Borbone per la Spagna in una serie di tele più volte da lui stesso replicate e poi spedite presso le maggiori corti europee. A Napoli è registrato poi in pianta stabile (vi rimane fino al 1777, anno della sua morte) dal 1762 quando subentrò a Vincenzo Re nell’incarico di scenografo del teatro San Carlo e organizzatore di feste di corte. Per il San Carlo, e talvolta anche per il teatrino del Palazzo Reale di Napoli, mise in scena le seguenti opere: Antigone (1762), Armida (1763), Didone abbandonata (1764), Il re pastore (1765), Lucio Vero (1766), Semiramide (1767), Alessandro nelle indie (1768), Merope (1769), Demofonte (1770), Ezio (1771), La Clemenza di Tito (1772), Il Trionfo di Clelia (1773), Artaferse (1774), Il natale di Apollo (1775), Creso (1776), Arianna e Teseo (1777).
Dal 1759 in avanti comunque dipinse molte vedute di Napoli e dintorni. Sue opere, con le vedute di varie città dove ebbe modo di soggiornare, ma sopratutto con l’indicazione quasi topografica e comunque analiticamente descrittiva di vari aspetti del paesaggio urbano napoletano, spesso popolato con la presenza dei sovrani e della corte, si conservano presso numerose raccolte pubbliche e private italiane e straniere (Vienna, Londra, Madrid).
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