Inge Morath. L’occhio e l’anima

© Magnum/Inge Morath Estate courtesy Fotohof Archiv | Inge Morath, Salone di bellezza sulla Fifth Avenue, New York City, USA, 1958

 

Dal 19 Ottobre 2023 al 01 Aprile 2024

Caraglio | Cuneo

Luogo: Il Filatoio

Indirizzo: Via Matteotti 40

Orari: Giovedì e venerdì dalle ore 15.00 alle 19.00 Sabato, domenica e festivi dalle ore 10.00 alle 19.00. Chiusura biglietteria ore 18.30

Curatori: Brigitte Blüml-Kaindl, Kurt Kaindl e Marco Minuz

Enti promotori:

  • Fondazione Artea

Prolungata: fino al 1 aprile 2024

Costo del biglietto: intero: € 12 (esclusi i diritti di prevedita) ridotto: € 9 (esclusi i diritti di prevedita) gratuito bambini fino ai 6 anni, soci ICOM, persone con disabilità + 1 accompagnatore; possessori di “Abbonamento Musei Piemonte e Valle d’Aosta” o di “Abbonamento Musei Formula Extra”; guide turistiche abilitate del territorio piemontese; giornalisti (con tesserino); residenti in Caraglio soltanto la domenica mattina

Sito ufficiale: http://www.fondazioneartea.org


Svela il profondo e mai convenzionale sguardo sulla realtà di una donna, consacrata fra le più importanti fotografe del XX secolo, la mostra monografica “Inge Morath. L’occhio e l’anima” che al Filatoio di Caragliodal 19 ottobre 2023 al 25 febbraio 2024, celebra, nel centenario dalla nascita, la prima fotogiornalista nella storia della stessa agenzia Magnum.

Inge Morath è stata, prima di tutto, una viaggiatrice. Suo marito, Arthur Miller, ha così descritto questa sua attitudine: “Inge inizia a fare i bagagli non appena vede una valigia”. Nel corso della sua carriera ha realizzato reportage fotografici in Spagna, Medioriente, America, Russia e Cina.
Non ha affrontato mai questi viaggi con superficialità, bensì con serietà, studiando la lingua, le tradizioni e la cultura di ogni regione dove si recava. Era capace di parlare correntemente tedesco, inglese, francese, spagnolo, rumeno, russo e mandarino. Che si trattasse di persone comuni o personaggi pubblici il suo interesse era identico e s’indirizzava sempre verso l’intimità di ciascuno. Inge Morath è stata tra le prime donne a lavorare con la leggendaria agenzia fotografica Magnum Photos. Imparò molto da Henri Cartier-Bresson con cui collaborò in importanti reportage. Il suo stile fotografico affonda le sue radici negli ideali umanistici conseguenti alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche nella fotografia del “momento decisivo”, così come l’aveva definita Cartier-Bresson. Ospitarla all’interno degli spazi del Filatoio di Caraglio significa coltivare un’attenzione e una sensibilità verso la figura femminile e il suo ruolo sociale, culturale ed economico nella nostra società, elementi questi fortemente connessi a questo luogo.
Le fotografie di Inge Morath riflettono le sue più intime necessità, ma al contempo sono come pagine del suo privato diario di vita, come lei stessa scrive: “La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore”.
 
SEZIONi MOSTRA 

INGE MORATH 1923/2002
Per iniziare a conoscere Inge Morath è indispensabile immedesimarsi nella sua passione, curiosità e determinazione. Quasi fossero su una parete della sua abitazione, le fotografie in mostra, che la ritraggono in diversi momenti della sua vita, sono strumenti che ci permettono di avvicinarci alla sua vita: il lavoro nell’agenzia Magnum Photos nei suoi primi anni di attività, la collaborazione con fotografi come Ernst Haas e Henri Cartier-Bresson, l’incontro con lo scrittore Arthur Miller sul set de The misfits (Gli spostati) e il loro successivo matrimonio, i suoi numerosi viaggi. 

VENEZIA
Dopo essere diventata membro associato dell’agenzia Magnum Photos nel 1953, Inge Morath realizza un reportage dedicato a Venezia.
Si tratta di uno dei suoi primi incarichi fotografici. Con fotografie incentrate sulla quotidianità della città, Inge Morath contribuisce al volume illustrato Venice Observed della storica dell’arte Mary McCarthy. Questo primo incarico fotografico precede un soggiorno più lungo in città nell’autunno 1955. In questo periodo la sua attenzione si rivolge verso i luoghi meno frequentati e i quartieri popolari. Le fotografie realizzate, sposando la tradizione fotografica dell’agenzia Magnum, ritraggono persone nella loro quotidianità, con una particolare attenzione verso il mondo femminile e la sua condizione dell’epoca. Alcune ambientazioni surreali e alcune composizione fortemente grafiche sono un esplicito riferimento al lavoro fotografico del suo primo mentore Henri Cartier-Bresson.
 
IRAN
Nel 1956, dopo aver ultimato il volume illustrato sulla Spagna, Inge Morath riceve l’incarico di recarsi in Iran per la rivista “Holiday” e per aziende americane operanti in quel paese. Per una parte del soggiorno viene accompagnata dell’editore Robert Delpire. Il viaggio diviene occasione per approfondire la conoscenza di quei luoghi, realizzando così un’estesa documentazione fotografica. Come donna, in questa società fortemente patriarcale, ha la possibilità di muoversi all’interno della dimensione femminile e cogliere così il rapporto fra le vecchie tradizioni e le trasformazioni innescate dalla moderna società industriale. Un volume su questo lavoro viene pubblicato nuovamente da Robert Delpire con il titolo De la Perse à l’Iran (1958).
 
SPAGNA
Nel corso della sua vita Inge Morath ha viaggiato molto in questo Paese. La prima volta risale al 1951 con Henri Cartier-Bresson. Il primo e più ampio lavoro sulla Spagna lo ha realizzato nel 1954. In quell’anno riceve l’incarico di riprodurre alcuni dipinti per la rivista d’arte francese “L’Oeil” e di realizzare a Madrid un ritratto della sorella di Pablo Picasso, Lola, spesso restia a farsi fotografare. Fotografa anche l’avvocatessa Doña Mercedes Formica, la quale si batteva per i diritti delle donne nella Spagna della dittatura franchista.Parlare correntemente lo spagnolo ha aiutato Inge Morath a rendere più approfondito questo suo lavoro. Con le fotografie dedicate alla Spagna la casa editrice francese di Robert Delpire pubblicò il volume illustrato Guerre à la tristesse (1955).
 
REGNO UNITO / IRLANDA
Ancor prima di diventare fotografa presso l’agenzia Magnum Photos, Inge Morath aveva sposato il giornalista inglese del “Picture Post” Lionel Birch e si era trasferita con lui a Londra. Lontana dall’agenzia e dai fotografi con cui collaborava, comincia ad avvicinarsi autonomamente alla fotografia con l’aiuto di Simon Guttman, il fondatore dell’agenzia fotografica Dephot. Per la rivista Picture Post, progetta un libro su Londra realizzando anche reportage fuori città. Nel corso di questi reportage, Inge Morath fa amicizia anche con Eveleigh Nash, membro dell’aristocrazia inglese, immortalata durante la sua partenza da Londra.
 
STATI UNITI D’AMERICA
Nel 1957 Inge Morath realizza un fotoreportage a New York per conto della Magnum. La celebre fotografia del lama che esce dal finestrino di un taxi, su un viale della città, fa parte di un progetto più ampio dedicato agli animali impiegati sui set cinematografici. In questo periodo Inge realizza fotografie sul quartiere ebraico, sulla vita quotidiana di New York e ritratti di artisti con cui stringe amicizia. New York, come testimoniato dall’omonimo libro pubblicato nel 2002, rimarrà un luogo importante per tutta la vita di questa fotografa.
Dopo il matrimonio con lo scrittore Arthur Miller, nel 1962, Morath si trasferisce in una vecchia e isolata fattoria a Roxbury, a circa due ore di auto da New York. Un luogo di campagna lontano dalla frenesia della città, dove si dedica alla vita famigliare e cresce i suoi due figli Rebecca e Daniel.
 
SAUL STEINBERG MASCHERE
Il progetto fotografico che Inge Morath realizza in collaborazione con il disegnatore Saul Steinberg, risale al suo primo viaggio a New York. In quel periodo conosce la produzione artistica di Saul Steinberg, rimanendo entusiasta del suo lavoro. Negli anni sessanta Steinberg aveva iniziato a realizzare la sua serie di maschere e chiede ad Inge Morath di trovare delle persone da fotografare con gli abiti adatti per queste maschere. Gli scatti hanno in comune il fatto di essere ambientati nella vita quotidiana newyorkese. Nel 1966 viene pubblicato il primo volume illustrato su questo progetto.
 
ROMANIA
Nel 1957 e nel 1958 Inge Morath ha attraversato la Romania per poter fotografare il Danubio fino alla sua foce. In epoca comunista quest’area era una zona militare interdetta e Morath ha dovuto aspettare molto tempo per ottenere i permessi di viaggio. Durante questi periodi di attesa, ha così viaggiato molto nel resto del Paese, scattando fotografie che forniscono una documentazione molto estesa di questo Paese durante gli anni della Guerra Fredda, come quelle dedicate alla vita all’interno di una fabbrica tessile a Bucarest.
Le foto ottenute da questa esperienza non erano sufficienti per la pubblicazione di un volume illustrato. Soltanto negli anni 1994-1995 Inge Morath riprende in mano il progetto e pubblica un volume sul Danubio e la Romania con il sostegno della galleria Fotohof e con la collaborazione di Kurt Kaindl e Brigitte Blüml-Kaindl.
 
RUSSIA
La Russia è stata, per Inge Morath, un luogo desiderato per tutta la vita. Il suo ingresso in questo ambiente culturale si è realizzato attraverso la lingua, che ha imparato a Roxbury prima del suo primo viaggio, e attraverso la letteratura russa.
Per la prima volta, nel 1965, coglie l’occasione di andare in Russia con suo marito, Arthur Miller. In questo periodo Miller era presidente del PEN club – un’associazione internazionale non governativa di letterati – e insieme poterono far visita agli artisti e intellettuali russi epurati, oltre che portare a termine programmi ufficiali. Nasce un ampio lavoro fotografico che negli anni successivi è integrato da materiale di altri viaggi in Russia. Nel 1969 viene pubblicato il suo primo volume illustrato sulla Russia. 
 
AUSTRIA
Nel corso della sua vita Inge Morath ritorna più volte in Austria. Sua madre, infatti, viveva a Graz. Un libro con le foto sul suo Paese natale è stato pubblicato negli anni Settanta e un altro volume dopo la sua morte. Le foto del periodo austriaco sono caratterizzate da un rapporto intenso con gli artisti del Paese, alcuni dei quali conosciuti a Vienna nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Mentre Inge Morath si concentra, nella maggior parte del suo lavoro, sulle persone e sulla loro quotidianità, ci sono numerose immagini realizzate in Austria che raffigurano l’eredità barocca e i retaggi della monarchia austro-ungarica. Spesso queste immagini hanno una dimensione prevalentemente architettonica. 
 
CINA
Inge Morath si reca per la prima volta in Cina in occasione della rappresentazione a Pechino dello spettacolo Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Dopo un’accurata preparazione e dopo aver imparato il mandarino, il dialetto cinese più importante, può muoversi autonomamente a Pechino e nei dintorni della città. Le prove dello spettacolo durarono diverse settimane e, ancora una volta, i numerosi contatti con artisti ufficialmente riconosciuti e non, sono l’ispirazione più grande per il suo lavoro fotografico.
 
RITRATTI
I ritratti sono un tema che ha accompagnato Inge Morath per tutta la sua carriera fotografica.
Da un lato era attratta da artisti famosi, la cui visione del mondo era di ispirazione per il suo lavoro, e dall’altro dalle persone semplici incontrate durante i suoi reportage. Ogni suo ritratto si basa su un rapporto intenso o anche su una conoscenza profonda della persona immortalata. La conoscenza di molte lingue straniere – parlava fluentemente il tedesco, l’inglese, il francese, il rumeno, lo spagnolo, il russo e il mandarino – rappresenta per Inge Morath, un’opportunità per interagire con le persone che intende fotografare. 
Il suo interesse per le arti figurative e la letteratura l’ha portata a ritrarre molti artisti e scrittori.
Tra i ritratti realizzati all’inizio della sua carriera, spesso lavori su incarico dell’agenzia Magnum, ci sono anche molti attori e registi. Ormai celeberrima la fotografia di Marilyn Monroe che esegue dei passi di danza all’ombra di un albero, realizzata sul set del film The misfits (Gli spostati) del 1960. Su quel set Inge Morath conosce Arthur Miller che all’epoca era legato con l’attrice americana. 
 
ROXBURY
Dopo il matrimonio con lo scrittore Arthur Miller nel 1962, Inge Morath si trasferisce in una fattoria a Roxbury, a due ore di auto da New York. Nei pressi dell’abitazione c’era un vecchio granaio che viene adattato ad appartamento per gli ospiti, atelier di pittura, deposito e camera oscura. In un ex silos di legno vengono create delle stanze per ospitare lo studio di Inge Morath. Dal 1990, fino alla sua morte sopraggiunta nel 2002, Kurt Kaindl e Brigitte Blüml-Kaindl hanno regolarmente fatto visita a Inge Morath a Roxbury per sviluppare progetti dedicati al suo lavoro. Durante questi incontri è nata l’idea di catturare, attraverso delle fotografie, l’atmosfera di quel luogo. Nelle foto non compaiono persone, ma ci sono tracce, visibili, del lavoro di Inge Morath e della sua eredità.
 
FRANCIA
Parigi è il luogo dove Inge Morath ha incontrato i fondatori dell’agenzia Magnum: Henri Cartier-Bresson, David Seymour e Robert Capa. Condividere il lavoro con questi straordinari fotografi e far parte di una realtà così giovane ma ambiziosa, la spinsero ad avvicinarsi alla fotografia, cercando autonomamente la propria strada. Essendo la più giovane fotografa dell’Agenzia, le venivano affidati lavori minori come sfilate di moda, aste d’arte o feste locali. In queste immagini emerge il suo interesse per gli aspetti bizzarri della vita quotidiana e la volontà di sposare la teoria del “momento decisivo” di Henri Cartier-Bresson. 
 
COLORE
Per la prima volta in Italia viene mostrata una selezione di fotografie a colori di Inge Morath, frutto di un lavoro di ricerca all’interno della Fondazione Inge Morath. All’epoca le fotografie in bianco e nero venivano trattate come opere d’arte, mentre quelle a colori erano associate ad una dimensione essenzialmente commerciale da veicolare nelle riviste illustrate. In molti, tra cui la stessa Morath, consideravano la loro produzione a colori come secondaria. Lo stesso fotografo Walker Evans affermava che “la fotografia a colori è volgare”. Queste fotografie sono invece testimonianza di una sua grande sensibilità in grado di trasformare una visione ordinaria in un momento estremamente lirico. 

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