Anish Kapoor e Lucio Fontana. Sconfinamenti
Dal 20 Gennaio 2014 al 29 Gennaio 2014
Firenze
Luogo: Museo Pecci Milano
Indirizzo: Ripa di Porta Ticinese 113
Orari: da martedì a sabato 15-19
Enti promotori:
- Comune di Prato
- Regione Toscana
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0574 531828
E-Mail info: press@centropecci.it
Sito ufficiale: http://www.centropecci.it/
Da martedì 21 gennaio a sabato 15 febbraio 2014 il Museo Pecci Milano, lo spazio espositivo distaccato del Centro Pecci promosso da Comune di Prato e Regione Toscana, in collaborazione con Spazioborgogno, presenta un confronto diretto fra le opere di due tra i maggiori protagonisti dell'arte degli ultimi decenni: Anish Kapoor e Lucio Fontana.
Un'opera della collezione del Museo e una di collezione privata - Courtesy Farsetti Arte sono esposte per un mese in un intenso "faccia a faccia", un parallelo fra due idee e realizzazioni plastiche e pittoriche incentrate sull'esperienza spaziale, fisica e cognitiva, dell'opera d'arte e del suo possibile sconfinamento: quella di Kapoor è risucchiata in una concentrazione contemplativa interiore alla forma e rappresenta "uno spazio potenziale... attratto verso sensazioni di precipitare, di esser spinto verso l'interno, di perder il senso di se stessi" (Anish Kapoor); quella di Fontana si spalanca in una intenzione esplorativa che va oltre la superficie della tela e sprofonda nell'infinito, "s'impossessa della materia e la rende dinamica in un rapporto sensuale e erotico" con "una circostanziata allusione evidentemente sessuale, quasi d'astrazione archetipa" (Enrico Crispolti).
ANISH KAPOOR (Bombay/India 1954. Vive a Londra)
Here and There del 1987, opera di Anish Kapoor, è stata esposta a Prato nel 1988 nella mostra d'inaugurazione del Centro Pecci (Europa Oggi), alla vigilia delle consacrazioni mondiali dell'artista nel Padiglione britannico alla Biennale di Venezia 1990 e con il Turner Prize 1991. L'articolata composizione plastica di pietra arenaria da una parte si raccoglie in un cumulo di forme stondate come bozzoli o otri primitivi e dall'altra è scavata dentro a un masso squadrato e inciso, un'architettura ancestrale simile a un altare o a un santuario dove il "qui" sensibile della materia si spalanca su un "altrove" onirico e sublime, evocato dall'impalpabile profondità del pigmento blu. Al di là dell'apparente pienezza fisica delle forme terrene, organiche e artificiali, lo sguardo e il pensiero precipitano nella cavità interiore e indistinta del vuoto, nella dolce vertigine dell'assenza.
LUCIO FONTANA (Rosario de Santa Fè/Argentina 1899 - Varese 1968)
Concetto spaziale del 1962, opera di Lucio Fontana (cat. gen. 1986, n. 62 O 44), appare come una evoluzione pittorica delle Nature realizzate in terracotta (1959-1960), con la sua densa superficie a olio rosa su cui riecheggiano le incisioni concentriche e il rilievo plastico aperto sullo squarcio profondo, un "taglio" slabbrato inferto nella tela che attira verso una profondità fisica, dinamica, lontana dalla sospensione nel tempo assoluto, metafisico delle Attese (1958-1968). Quest'opera rappresenta "un atto di violenta appropriazione che Fontana compie nella tersa materia del campo pittorico, ma soprattutto una possibilità di un'immagine, configurata in una sorta di rapporto sensuale, carnale, ma malgrado l'artificiosità lussureggiante e spiazzante delle scelte cromatiche anche di segno doloroso" (Enrico Crispolti, Centenario di Lucio Fontana, 1999).
Un'opera della collezione del Museo e una di collezione privata - Courtesy Farsetti Arte sono esposte per un mese in un intenso "faccia a faccia", un parallelo fra due idee e realizzazioni plastiche e pittoriche incentrate sull'esperienza spaziale, fisica e cognitiva, dell'opera d'arte e del suo possibile sconfinamento: quella di Kapoor è risucchiata in una concentrazione contemplativa interiore alla forma e rappresenta "uno spazio potenziale... attratto verso sensazioni di precipitare, di esser spinto verso l'interno, di perder il senso di se stessi" (Anish Kapoor); quella di Fontana si spalanca in una intenzione esplorativa che va oltre la superficie della tela e sprofonda nell'infinito, "s'impossessa della materia e la rende dinamica in un rapporto sensuale e erotico" con "una circostanziata allusione evidentemente sessuale, quasi d'astrazione archetipa" (Enrico Crispolti).
ANISH KAPOOR (Bombay/India 1954. Vive a Londra)
Here and There del 1987, opera di Anish Kapoor, è stata esposta a Prato nel 1988 nella mostra d'inaugurazione del Centro Pecci (Europa Oggi), alla vigilia delle consacrazioni mondiali dell'artista nel Padiglione britannico alla Biennale di Venezia 1990 e con il Turner Prize 1991. L'articolata composizione plastica di pietra arenaria da una parte si raccoglie in un cumulo di forme stondate come bozzoli o otri primitivi e dall'altra è scavata dentro a un masso squadrato e inciso, un'architettura ancestrale simile a un altare o a un santuario dove il "qui" sensibile della materia si spalanca su un "altrove" onirico e sublime, evocato dall'impalpabile profondità del pigmento blu. Al di là dell'apparente pienezza fisica delle forme terrene, organiche e artificiali, lo sguardo e il pensiero precipitano nella cavità interiore e indistinta del vuoto, nella dolce vertigine dell'assenza.
LUCIO FONTANA (Rosario de Santa Fè/Argentina 1899 - Varese 1968)
Concetto spaziale del 1962, opera di Lucio Fontana (cat. gen. 1986, n. 62 O 44), appare come una evoluzione pittorica delle Nature realizzate in terracotta (1959-1960), con la sua densa superficie a olio rosa su cui riecheggiano le incisioni concentriche e il rilievo plastico aperto sullo squarcio profondo, un "taglio" slabbrato inferto nella tela che attira verso una profondità fisica, dinamica, lontana dalla sospensione nel tempo assoluto, metafisico delle Attese (1958-1968). Quest'opera rappresenta "un atto di violenta appropriazione che Fontana compie nella tersa materia del campo pittorico, ma soprattutto una possibilità di un'immagine, configurata in una sorta di rapporto sensuale, carnale, ma malgrado l'artificiosità lussureggiante e spiazzante delle scelte cromatiche anche di segno doloroso" (Enrico Crispolti, Centenario di Lucio Fontana, 1999).
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