Donatello. Il Profeta imberbe, Il Profeta barbuto o pensieroso e Il Profeta Geremia
Dal 03 Maggio 2014 al 30 Novembre 2014
Firenze
Luogo: Battistero di San Giovanni
Indirizzo: piazza del Duomo
Telefono per informazioni: +39 348 6543173 / 055 230 2885
E-Mail info: info@ambranepicomunicazione.it
Sito ufficiale: http://www.operaduomo.firenze.it
Dal 3 maggio al 30 novembre 2014, saranno eccezionalmente esposte nel Battistero di Firenze tre grandi sculture di Donatello: il Profeta imberbe, il Profeta barbuto o pensieroso e il Profeta Geremia, scolpiti nel marmo da Donatello tra il 1415 e il 1436, parte delle sedici figure commissionate a più artisti dall’Opera di Santa Maria del Fiore per ornare il Campanile di Giotto tra il 1330 e il 1430.
La mostra, da un’idea di Sergio Risaliti, è organizzata dall’Opera di Santa Maria del Fiore dopo il grande successo dell’ostensione in Battistero, nel 2012, dei tre Crocifissi di Brunelleschi, Donatello e Michelangelo. L’Inaugurazione è prevista il 2 maggio, alle ore 18, nell’ambito del Festival delle Religioni, curato da Francesca Campana Comparini.
L’esposizione dei tre profeti è resa possibile dalla temporanea chiusura del Museo dell’Opera del Duomo, dove le statue sono conservate, che riaprirà al pubblico nell’autunno 2015 completamente rinnovato e raddoppiato negli spazi espositivi.
Dei tre Profeti di Donatello, l’Imberbe sarà visibile per la prima volta dopo il restauro, condotto dalla “Bottega di restauro dell’Opera”, attiva dal 1296, che è intervenuta anche su altri due Profeti di Donatello: il Barbuto o pensieroso e Abramo con Isacco. Si tratta del primo intervento di restauro eseguito su queste sculture, dopo 600 anni dalla sua realizzazione.
Il Profeta imberbe si presentava in un cattivo stato di conservazione con croste e depositi di sporco su tutta la superficie. I fenomeni di degrado erano dovuti principalmente alla prolungata esposizione agli agenti atmosferici, quando la statua si trovava ancora nelle nicchie del Campanile di Giotto. Per ripulire la statua dalle incrostazioni e dai depositi, è stato usato il laser e là dove non è stato possibile si è intervenuti con bisturi e resina a scambio ionico.
La figura del profeta Imberbe è ispirata al modello classico dell’oratore ma è caratterizzata da un forte realismo e da una profonda intensità espressiva. La testa è trattata con penetrante individuazione fisiognomica che non ha niente di convenzionale. Secondo la tradizione si tratta del ritratto di Filippo Brunelleschi. La statua è alta 192,5 centimetri e fu realizzata da Donatello tra il 1416 e il 1418 per il lato est del Campanile di Giotto, quello rivolto verso la Cupola del Brunelleschi, che all’epoca doveva ancora essere costruita. Il Profeta Imberbe è opera certa di Donatello, nonostante l’attribuzione vasariana a Niccolò Lamberti, come hanno dimostrato i documenti ritrovati dal Poggi nel 1909, da cui si ricava che l’Opera di Santa Maria del Fiore commissionò due profeti del last est a Donatello nel 1415.
Il Profeta barbuto o pensieroso (cm 195 di altezza) è la seconda delle statue realizzate da Donatello per il Campanile di Giotto, fu pagato nel luglio del 1420, due anni dopo il Profeta imberbe. Mettendoli a confronto si nota una maggiore monumentalità nel Barbuto, una maestosità già esplorata dall’artista nel San Giovanni Evangelista, scolpito per la facciata del Duomo di Firenze tra il 1408 e il 1415, e il San Marco realizzato per Orsanmichele dal 1411 al 13. L’inconsueto gesto della mano destra che, sprofondata nella barba, sostiene la testa del personaggio inclinata in avanti, evoca lo stato interiore grave e riflessivo che doveva caratterizzare molti dei profeti d’Israele.
Proveniente dalle nicchie del terzo ordine del Campanile, Il Profeta Geremia (194 cm di altezza) fu eseguito da Donatello tra il 1427 e il 1435. Si tratta di un’altra opera di grande penetrazione psicologica. Donatello si è ispirato alla ritrattistica romana imprimendo al volto del profeta un verismo sconcertante. Non è un viso classico, idealizzato, ma quello di un uomo in carne ed ossa, con la barba incolta, la fronte e il labbro inferiore sporgenti, gli occhi stanchi ma vigili. I panneggi tormentati, con profonde tasche di ombra, create dalle pieghe spezzate, enfatizzano la drammaticità di questa figura. Nel primo Cinquecento Michelangelo troverà nel Geremia donatelliano una delle sue fonti d’ispirazione per il David.
“I Profeti di Donatello, parlano e pulsano di vita interiore. Queste statue vogliono essere - scrive Sergio Risaliti - figure di uomini veri, personificazioni di cittadini esemplari, nelle quali si sono solidificati valori spirituali e culturali di matrice sia cristiana sia pagana: filosofi, architetti e politici, che s’impegnarono a fare di Firenze la culla del rinascimento nelle arti, la perla del mondo cristiano. Si ergono in alto, ma vissero in terra. Nei tre Profeti potremmo leggere, altresì, le diverse forme di mediazione profetica: quella che agisce raccogliendosi nella contemplazione, quella che usa l’intelligenza delle cose divine applicandola all’agire operoso, quella che persuade le folle trasferendo nella parola e nelle immagini il calore della fede. Un engagement intellettuale che all’ideale greco della contemplazione, all’isolamento monastico, affianca o contrappone quello di una volontà operante per il bene comune, come in Coluccio Salutati e San Bernardino da Siena, in Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini”.
Donatello realizzerà altre due statue per il Campanile di Giotto, oltre ai tre profeti ora in mostra: il Sacrificio di Isacco, terminato il 6 novembre del 1521 in collaborazione con Nanni di Bartolo, e l’Abacuc scolpito prima del 1426.
La mostra, da un’idea di Sergio Risaliti, è organizzata dall’Opera di Santa Maria del Fiore dopo il grande successo dell’ostensione in Battistero, nel 2012, dei tre Crocifissi di Brunelleschi, Donatello e Michelangelo. L’Inaugurazione è prevista il 2 maggio, alle ore 18, nell’ambito del Festival delle Religioni, curato da Francesca Campana Comparini.
L’esposizione dei tre profeti è resa possibile dalla temporanea chiusura del Museo dell’Opera del Duomo, dove le statue sono conservate, che riaprirà al pubblico nell’autunno 2015 completamente rinnovato e raddoppiato negli spazi espositivi.
Dei tre Profeti di Donatello, l’Imberbe sarà visibile per la prima volta dopo il restauro, condotto dalla “Bottega di restauro dell’Opera”, attiva dal 1296, che è intervenuta anche su altri due Profeti di Donatello: il Barbuto o pensieroso e Abramo con Isacco. Si tratta del primo intervento di restauro eseguito su queste sculture, dopo 600 anni dalla sua realizzazione.
Il Profeta imberbe si presentava in un cattivo stato di conservazione con croste e depositi di sporco su tutta la superficie. I fenomeni di degrado erano dovuti principalmente alla prolungata esposizione agli agenti atmosferici, quando la statua si trovava ancora nelle nicchie del Campanile di Giotto. Per ripulire la statua dalle incrostazioni e dai depositi, è stato usato il laser e là dove non è stato possibile si è intervenuti con bisturi e resina a scambio ionico.
La figura del profeta Imberbe è ispirata al modello classico dell’oratore ma è caratterizzata da un forte realismo e da una profonda intensità espressiva. La testa è trattata con penetrante individuazione fisiognomica che non ha niente di convenzionale. Secondo la tradizione si tratta del ritratto di Filippo Brunelleschi. La statua è alta 192,5 centimetri e fu realizzata da Donatello tra il 1416 e il 1418 per il lato est del Campanile di Giotto, quello rivolto verso la Cupola del Brunelleschi, che all’epoca doveva ancora essere costruita. Il Profeta Imberbe è opera certa di Donatello, nonostante l’attribuzione vasariana a Niccolò Lamberti, come hanno dimostrato i documenti ritrovati dal Poggi nel 1909, da cui si ricava che l’Opera di Santa Maria del Fiore commissionò due profeti del last est a Donatello nel 1415.
Il Profeta barbuto o pensieroso (cm 195 di altezza) è la seconda delle statue realizzate da Donatello per il Campanile di Giotto, fu pagato nel luglio del 1420, due anni dopo il Profeta imberbe. Mettendoli a confronto si nota una maggiore monumentalità nel Barbuto, una maestosità già esplorata dall’artista nel San Giovanni Evangelista, scolpito per la facciata del Duomo di Firenze tra il 1408 e il 1415, e il San Marco realizzato per Orsanmichele dal 1411 al 13. L’inconsueto gesto della mano destra che, sprofondata nella barba, sostiene la testa del personaggio inclinata in avanti, evoca lo stato interiore grave e riflessivo che doveva caratterizzare molti dei profeti d’Israele.
Proveniente dalle nicchie del terzo ordine del Campanile, Il Profeta Geremia (194 cm di altezza) fu eseguito da Donatello tra il 1427 e il 1435. Si tratta di un’altra opera di grande penetrazione psicologica. Donatello si è ispirato alla ritrattistica romana imprimendo al volto del profeta un verismo sconcertante. Non è un viso classico, idealizzato, ma quello di un uomo in carne ed ossa, con la barba incolta, la fronte e il labbro inferiore sporgenti, gli occhi stanchi ma vigili. I panneggi tormentati, con profonde tasche di ombra, create dalle pieghe spezzate, enfatizzano la drammaticità di questa figura. Nel primo Cinquecento Michelangelo troverà nel Geremia donatelliano una delle sue fonti d’ispirazione per il David.
“I Profeti di Donatello, parlano e pulsano di vita interiore. Queste statue vogliono essere - scrive Sergio Risaliti - figure di uomini veri, personificazioni di cittadini esemplari, nelle quali si sono solidificati valori spirituali e culturali di matrice sia cristiana sia pagana: filosofi, architetti e politici, che s’impegnarono a fare di Firenze la culla del rinascimento nelle arti, la perla del mondo cristiano. Si ergono in alto, ma vissero in terra. Nei tre Profeti potremmo leggere, altresì, le diverse forme di mediazione profetica: quella che agisce raccogliendosi nella contemplazione, quella che usa l’intelligenza delle cose divine applicandola all’agire operoso, quella che persuade le folle trasferendo nella parola e nelle immagini il calore della fede. Un engagement intellettuale che all’ideale greco della contemplazione, all’isolamento monastico, affianca o contrappone quello di una volontà operante per il bene comune, come in Coluccio Salutati e San Bernardino da Siena, in Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini”.
Donatello realizzerà altre due statue per il Campanile di Giotto, oltre ai tre profeti ora in mostra: il Sacrificio di Isacco, terminato il 6 novembre del 1521 in collaborazione con Nanni di Bartolo, e l’Abacuc scolpito prima del 1426.
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