Jonathan Berger. 901 Washington Blvd
Dal 25 Maggio 2018 al 20 Luglio 2018
Firenze
Luogo: Spazio Veda
Indirizzo: Borgo Pinti 84/r
Telefono per informazioni: +39 3287646155
Sito ufficiale: http://www.spazioveda.it
VEDA è lieta di presentare 901 Washington Blvd, una personale di Jonathan Berger con nuovi testi e musiche di Michael Stipe, in mostra dal 25 Maggio al 20 Luglio 2018. Vi invitiamo ad unirvi a noi per l’inaugurazione della mostra che avrà luogo Venerdì 25 Maggio a partire dalle 18:30.
Senza dubbio una delle più significative collaborazioni creative del 20esimo secolo, Charles e Ray Eames hanno prodotto da uno studio di Venice, California, dal 1943 fino alla morte di di Ray Eames, avvenuta nel 1988. Nel loro studio, al 901 del Washington Boulevard, questi emblematici designer americani hanno prodotto una straordinaria mole di opere, tanto prolifica quanto eclettica. L’architettura dello studio, situato nell’ex Bay Cities Garage, è stata essenziale per la loro attività progettuale. Non solo ha praticamente supportato i diversi tipi di produzione creativa - dall’arredamento, i tessuti e la progettazione di esposizioni alla cinematografia, l’architettura, il collezionismo, la pubblicità, la pittura, la fotografia e altre forme che sfidano le definizioni – ma, os- pitandole sotto lo stesso tetto, ne ha anche favorito l’unione entro un’unica, coerente, visione del mondo. Come spazio, lo studio Eames ha incarnato la relazione fra Charles e Ray – un matrimonio fondato su un amore vero e profondo tra le loro menti, e un investimento nelle infinite possibilità offerte da un’unione fondata sul lavorare insieme). Il progetto di Berger a VEDA esplora la forza di questo legame, la sua magia, e il modo in cui è riuscito a prendere la forma di un edificio indipendente le cui produzioni – idee ed oggetti – ridefiniscono la cultura materiale.
Nella parte anteriore della galleria Berger espone un grande globo che occupa l’in- tero spazio. La sfera comprende molti, delicati, anelli intrecciati, fatti di un materiale lucente, lavorato, di argento e stagno, materiale che l’artista ha usato per creare tutti gli oggetti presenti nella mostra. La superficie della sfera è popolata da sporadiche parole di una canzone d’amore sulla relazione fra Charles e Ray Eames, che Berger ha rappresentato attraverso l’uso di centinaia di piccole lettere in stagno tagliate a mano. La canzone è stata scritta e registrata dall’artista e musicista Michael Stipe in occasione della mostra di Berger.
Il globo di Berger evoca la meraviglia e lo spettacolo che permeava l’opera degli Eames e in particolare, in questo caso, il loro progetto del padiglione IBM per la Fiera Mon- diale del 1964, considerato rappresentativo dell’approccio immaginativo da “outsider” della coppia. La scultura di Berger richiama alla mente anche la “Solar Do Nothing Machine” – una scultura cinetica di alluminio alimentata dal sole commissionata dalla Aluminum Company of America nel 1957. Benché questo oggetto, i cui movimenti venivano attivati dalla luce del sole, desse l’impressione di un qualcosa con una funzione industriale, gli Eames dichiararono che la funzione della macchina era quella “di essere e non di fare”. Successivamente, l’identità dell’oggetto è caratterizzata dal modo antropomorfo in cui i suoi movimenti, i materiali e la sensibilità estetica l’hanno incarnata di qualità di cosa viva, rendendola riconoscibile univocamente e in modi imprevisti.
Nella seconda stanza, la canzone di Michael Stipe riempie lo spazio, suonando attra- verso un altoparlante fatto a mano – una semplice scatola di latta con una superficie perforata a mano, allo stesso tempo strumento e scultura. La musica che questo alto- parlante emette – sia la melodia che le parole – offre uno spazio emozionale che diventa un racconto parallelo o una cornice attraverso cui esperire gli oggetti in mostra.
Vicino all’altoparlante, si trova un modello su piccola scala dello Studio Eames al 901 di Washington Boulevard. Questa scultura, anch’essa fatta di stagno, presenta una visione aerea e permette così all’oggetto di esistere simultaneamente come modello bidimensionale e come plastico tridimensionale. Il modello raffigura lo studio Eames così come disposto nel 1979, ovvero subito dopo la morte di Charles Eames, ed è stato creato utilizzando un pianta dello studio proveniente dall’esaustivo archivio Eames della Library of Congress, a cui Berger continua ad attingere come risorsa. Berger con- sidera l’edificio come un ritratto incarnato della particolare relazione idiosincratica fra gli Eames, la cui intimità è sottolineata dal particolare del progetto dello studio. Il titolo che Berger ha dato all’opera, August 21, 1978 / August 21, 1988 si riferisce alle date delle morti rispettive di Charles e Ray, avvenute esattamente a dieci anni di distanza l’una dall’altra. Berger considera questi fatti apparentemente casuali, eppure estrema- mente inusuali, come la prova del potere della connessione fra i due. Pertanto anch’essi evidenziano come la collaborazione creativa degli Eames fosse alimentata da un tipo di amore che, in definitiva, rimane tanto inclassificabile quanto è stato profondo.
L’artista desidera ringraziare Eames Office, Alhena Katsof, Andy LeMaster and Meg McAleer, senza i quali questo progetto non sarebbe stato possibile.
901 Washington Blvd è il primo di una serie di undici ritratti investigativi, ciascuno dei quali mostra una relazione unica, costruita su di uno straordinario legame che si situa al di fuori dei limiti delle storie d’amore convenzionali.
Il progetto sarà presentato nella sua interezza sotto forma di una mostra in due parti, co-commissionata e co-presentata da Participant Inc. Gallery (New York City) e The Carpenter Center for the Visual Arts presso l'Università di Harvard (Cambridge ), in programma per il 2019 e 2020 rispettivamente.
La mostra esplora la profonda intensità, il significato intimo e l’esperienza trasformativa di ciascuna di queste relazioni come manifestazione dell’ “amore vero”. Nel fare ques- to, il progetto mette in discussione il modo in cui la società contemporanea legifera su come l’amore vero debba essere definito, e allo stesso tempo questiona l’inesistente riflessione circa il modo in cui l’ampia gamma di relazioni umane vengono influenza- te delle loro molteplici implicazioni che, in definitiva, cambiano la vita. La mostra di Berger è ispirata dalla corrispondenza su questo argomento avuta, per due anni, con la scrittrice Mady Schutzman, la quale sta ultimando un libro la cui pubblicazione coin- ciderà con l’inaugurazione della mostra.
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