Mario Schifano e la Pop Art in Italia

Mario Schifano, Acquatico, 1992. Smalto e Acrilico su Tela, cm 70x100

 

Dal 01 Luglio 2017 al 23 Ottobre 2017

Lecce

Luogo: Castello Carlo V

Indirizzo: via XXV Luglio

Orari: Luglio e agosto dalle 9 alle 23 (sab/dom e festivi dalle 9.30 alle 23). Settembre e ottobre dalle 9 alle 21 (sab/dom e festivi dalle 9.30 alle 21)

Enti promotori:

  • Theutra e Oasimed
  • In collaborazione con Galleria Accademia di Torino
  • Con il patrocinio del Comune di Lecce e il sostegno di Axa Cultura

Costo del biglietto: Intero 10 euro, Ridotto 7 euro (under 12), Ridotto 6 euro per gruppi superiori a 10 persone (mostra con ingresso al castello). Residenti non pagano il castello ma solo mostra. Gratuito totale anche per bambini fino ai 6 anni. Famiglie 22 euro (2 adulti + 1 bambino under 12)

Telefono per informazioni: +39 0832246517



Dal 1 luglio al 23 ottobre si terrà nelle sale del Castello Carlo V di Lecce la mostra Mario Schifano e la pop art in Italia. Promosso da Theutra e Oasimed, in collaborazione con Galleria Accademia di Torino, con il patrocinio del Comune di Lecce e il sostegno di Axa Cultura, il progetto espositivo , a cura di Luca Barsi e Lorenzo Madaro, è dedicato a quattro maestri di primo piano della storia dell’arte italiana e internazionale del secondo Novecento: Mario SchifanoFranco AngeliTano Festa e Giosetta Fioroni. Il gruppo, denominato poi Scuola di Piazza del Popolo, è riuscito a far transitare nel mondo dell’arte motivi e oggetti provenienti dall’immaginario comune, dalla storia dell’arte e della vita, fornendo un contributo fondamentale all’arte contemporanea.
 
Un dipinto dell’artista Tano Festa, datato 1969 e composto da sei riquadri, è intitolato "Per il clima felice degli anni Sessanta". All’interno campeggiano i nomi di sei artisti: Francesco Lo Savio, Piero Manzoni, Franco Angeli, Mario Schifano, Enrico Castellani e quello dello stesso Festa. È il 1969 ma c’è già nostalgia di un decennio mitico che per l’arte italiana – tra Roma e Milano – ha rappresentato un punto di riferimento, anche nel clima culturale internazionale, anche grazie ad artisti stranieri che all’epoca frequentavano molto l’Italia. Dalle esperienze astratte e informali degli anni precedenti, si transita verso ricerche sfaccettate e complesse che riflettono, in contemporanea rispetto alle esperienze americane, sui concetti di riferimento della Pop Art: il mito, la società di massa, i paradigmi e i segnali della città metropolitana e il dialogo fecondo tra generi artistici e linguaggi. Naturalmente non si tratta di una rielaborazione passiva del grande movimento americano, che tra l’altro era sbarcato alla Biennale di Venezia nel 1964 provocando un certo scalpore. Al contrario, i protagonisti di questa rivoluzione artistica, tutta italiana e con tangenze internazionali, riflettono su temi e immaginari legati alla loro cultura visiva di riferimento. Al centro di tutto c’è Roma, città densa di stratificazioni, di prospettive sul presente e il futuro, vero e proprio laboratorio aperto di fermenti, anche grazie a gallerie come La Tartaruga e critici come Alberto Boatto, Palma Bucarelli e Maurizio Calvesi. È qui che si svolge l’esistenza – e la fervida esperienza artistica – dei quattro protagonisti della mostra.
 
La sezione principale ripercorre la straordinaria epopea di Mario Schifano (Homs, Libia 1934 – Roma, 1998). Dopo un periodo di azzeramento di radice concettuale, attraverso i monocromi (1960-1961), l’artista ricostruisce la sua narrazione insieme poetica e intellettuale guardando alla natura e quindi al paesaggio. In mostra due paesaggi anemici che evidenziano la smaterializzazione del colore, che diviene liquido, pur mantenendo la sua identità e la sua energica forza espressiva. In coincidenza con una mostra retrospettiva di Giacomo Balla (nel 1963), Schifano avvia una rivisitazione del Futurismo, il movimento italiano fondato nel 1909 grazie alle intuizioni di Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e dello stesso Balla, sostenendo idee rivoluzionarie dedicate alla velocità, al mito del progresso e alla commistione di linguaggi artistici, dalla poesia alla scultura, dal teatro alla cucina, al cinema. Al maestro italiano Schifano dedica un ciclo di opere, tra cui uno dei dipinti esposti in mostra; mentre al celebre ciclo Futurismo rivisitato a colori è dedicata una delle tele proposte nelle sale del Castello Carlo V. La celebre foto che ritrae il gruppo futurista è proposta come un’icona intramontabile di cultura e storia, ritoccata attraverso colori vivaci e segni veloci, pienamente in linea con una cultura visiva Pop. La televisione diventa per Schifano un primario punto di riferimento visivo, lo schermo tv diviene quindi un paesaggio da esplorare e fotografare per concepire tele che ritraggono brandelli di realtà filtrata dal tubo catodico (in mostra una tela degli anni Settanta che ben evidenzia questa declinazione di senso). Si prosegue poi con le opere degli anni Ottanta, in cui il colore assume una dimensione fondamentale, preannunciando gli sviluppi dell’arte italiana e internazionale, all’insegna di una riscoperta della dimensione eroica del quadro e di un ritorno alla pittura figurativa dopo anni di arte concettuale ed esperienze di azzeramento del linguaggio pittorico.   
 
I dollari americani, l’obelisco di piazza del Popolo e le svastiche sono al centro dell’immaginario di Franco Angeli (Roma, 1935-1988), che come un archeologo capta e riconosce l’importanza delle tracce del passato per sintetizzarle visivamente e riproporle nelle sue tele. In mostra una selezione di opere, alcune di grandi dimensioni, realizzate negli anni Sessanta, decennio fondamentale della sua parabola artistica. Alla dimensione pittorica rimarrà sempre fedele Tano Festa (1938-1988), eleggendo anch’egli a simbolo alcune declinazioni della storia e della storia dell’arte e dell’architettura. In mostra, tra altre, anche una celebre Persiana, in cui l’artista recupera l’elemento oggettuale e reale per fonderlo con la sua grammatica pittorica. La Scuola di Piazza del Popolo non era però composta esclusivamente da artisti uomini, tra l’altro celebri non solo per la loro genialità ma anche per la vita densa di incontri, esperienze estreme, droghe e amori turbolenti. Tra loro c’era una figura femminile insieme eterea e forte, come le sue opere: Giosetta Fioroni (nata a Roma, dove vive e lavora, nel 1932). In mostra opere molto rare degli anni Sessanta, in cui volti argentati delle sue figure femminili si costruiscono grazie a una sovrapposizione sentimentale di velature e segni leggeri, che oramai appartengono di diritto alla storia dell’arte contemporanea.
 
La mostra proporrà, inoltre, un ricco calendario (in via di definizione)​ di attività collaterali, tra talk, proiezioni e attività didattiche e divulgative.
 
Orario
Luglio e agosto dalle 9 alle 23 (sab/dom e festivi dalle 9.30 alle 23).
Settembre e ottobre dalle 9 alle 21 (sab/dom e festivi dalle 9.30 alle 21)

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