Le vie del sole. La scuola di Staggia ed il paesaggio in Toscana fra Barbizon e la macchia
Dal 05 Luglio 2014 al 07 Settembre 2014
Seravezza | Lucca
Luogo: Palazzo Mediceo
Indirizzo: viale L. Amadei 230
Orari: da lunedì a venerdì 17-24; sabato e domenica 10.30-12.30 / 17-24
Curatori: Nadia Marchioni
Enti promotori:
- Fondazione Terre Medicee
- Comune di Seravezza
- MIBAC
- Regione Toscana
- Provincia di Lucca – Fondazione Il Castello di Staggia
Costo del biglietto: intero € 6, ridotto € 4
Telefono per informazioni: +39 0584 757443
E-Mail info: info@terremedicee.it
Sito ufficiale: http://www.terremedicee.it/
Le sale del Palazzo Mediceo di Seravezza in Versilia ( Lu), Patrimonio Mondiale dell’Unesco, ospitano da sabato 5 luglio - vernissage alle ore 18 - fino al 7 settembre la mostra “Le vie del sole. La scuola di Staggia ed il paesaggio in Toscana fra Barbizon e la macchia”, curata da Nadia Marchioni e organizzata dalla Fondazione Terre Medicee e dal Comune di Seravezza e un comitato scientifico composto da Carlo Sisi ( presidente), Silvio Balloni, Nadia Marchioni, Elisabetta Palminteri e Francesca Panconi. Un’esposizione che vuole rendere omaggio a quei pittori che, dal 1853 nella campagne di Staggia vicino Siena, abbandonarono un approccio “accademico” al paesaggio, per anticipare una visione più personale, intima e quotidiana della natura che culminerà poi nel movimento dei “macchiaioli”. Questo gruppo di artisti, definiti informalmente nel 1873 da Telemaco Signorini come “Scuola di Staggia” e che secondo i ricordi dello stesso artista tentarono “Le vie del sole”, si erano riuniti intorno ai pittori di origine ungherese Carlo Markò junior e a suo fratello Andrea, figli di quel Carlo Markò senior che nel suo atelier fiorentino dagli anni Quaranta, aprì una propria scuola di paesaggio. Insieme a loro artisti come Emilio Donnini e Serafino De Tivoli e poi Carlo Ademollo, Lorenzo Gelati, Alessandro La Volpe, Curio Nuti e Michele Rapisardi. Una produzione fino adesso poco conosciuta ma che rappresenta un momento cruciale nel rinnovamento della pittura del paesaggio in Toscana. Il percorso espositivo parte dallo scenario del paesaggio romantico a Firenze fra gli anni Trenta e Cinquanta dell’Ottocento, passando da una scelta di straordinari dipinti dei pittori della scuola di Barbizon che, a partire dalla fine degli anni Venti dell’Ottocento, nei pressi di Parigi riuscirono, ritraendola dal vero, a rivoluzionare la pittura di paesaggio. I protagonisti di questa “scuola”, fra cui Charles-Françios Daubigny, Narcisse-Virgile Diaz de la Peña, Jules Dupré, Constant Troyon, sono presenti in mostra sia per rimarcare la distanza che separava questa pionieristica interpretazione del paesaggio dalla contemporanea pittura romantica toscana, sia per indicare l’esempio al quale molti degli artisti innovatori gravitanti intorno a Firenze seppero guardare, alla metà del diciannovesimo secolo, per fondare la loro nuova visione del paesaggio. Si arriva poi al cuore della mostra rappresentata dalle opere della “Scuola di Staggia”. In questi dipinti si coglie in pieno la nascita di una nuova sensibilità: il paesaggio non è più l’ideale natura composta in studio secondo codificate leggi accademiche, né la ricerca di sublimi effetti romantici; l’emozione dell’artista di fronte alla natura si raccoglie in abbreviate visioni di ruderi o cascinali nella campagna, sul greto di un torrente, presso un abbeveratoio, una strada polverosa che scompare nel fitto del bosco, sciogliendosi di fronte ai quotidiani “motivi” agresti e condensandosi in dipinti dove la realtà viva e pulsante viene evocata con inedita libertà. Nella mostra sono esposte opere di Markò, Altamura, De Tivoli, Gelati, Donnini, La Volpe e Nuti tra cui una vera e propria riscoperta: si tratta de “Il castello di Staggia” di Alessandro La Volpe (dal Museo di Capodimonte), ma anche altri dipinti che permettono di seguire la geografia del paesaggio toscano, stagione dopo stagione, secondo gli spostamenti di questi artisti. La campagna senese del “Paesaggio con castello e figure” di De Tivoli e Carlo Markò, dai dintorni di Firenze (Portico di villa Toscana, di Altamura e De Tivoli), alla Valle del Serchio ed alle maestose Alpi Apuane, ai cui piedi Seravezza, sovrastata dalle cave di marmo e dall’arco naturale del Monte Forato, fu tappa prediletta, in diversi momenti, di De Tivoli, Gelati, Donnini e dei Markò, che strinsero con Seravezza un vincolo speciale. Per sottolineare questo aspetto, nella prima sala del Palazzo Mediceo, sarà esposta per la prima volta l’enorme tela realizzata da Andrea Markò come fondale scenico del locale teatro. L’opera, che rappresenta un episodio della Disfida di Barletta di Massimo d’Azeglio, personaggio anch’egli legato a questa località, è rimasta per più di un secolo protetta, ma invisibile, e quasi dimenticata, nelle sedi del Comune e sarà in occasione della mostra, nuovamente accessibile allo sguardo dei visitatori e restituita così, si auspica definitivamente, alla popolazione di Seravezza, cui l’artista volle donarla, come si legge in calce alla tela. Conclude l’esposizione un ‘altra tela monumentale, l’eccezionale prestito, ottenuto dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, de “I funerali di Buondelmonte” di Francesco Saverio Altamura che illustra la prassi, anche in dipinti di grandi dimensioni, di inserire l’episodio storico in un paesaggio azzerando implicitamente l’antica superiorità gerarchica fra pittura di storia e pittura di paese.
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