Filippo Maggiore. “Il Paesaggio” Immaginario

Filippo Maggiore, Campo fiorito, 2015, olio su tela, 60x70

 

Dal 25 Marzo 2017 al 06 Aprile 2017

Mantova

Luogo: Galleria "Arianna Sartori"

Indirizzo: via Ippolito Nievo 10

Orari: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso Domenica e festivi

Enti promotori:

  • Patrocinio del Comune di Mantova

Telefono per informazioni: +39 0376.324260

E-Mail info: info@ariannasartori.191.it



Per la prima volta a Mantova si potranno ammirare i dipinti del Maestro Filippo Maggiore.
La Galleria Arianna Sartori di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, ospiterà l’interessante personale “Il Paesaggio” Immaginario dell’artista catanese di nascita e milanese d’adozione, dal 25 marzo al prossimo 6 aprile 2017.
La mostra, che gode del patrocinio del Comune di Mantova, si inaugurerà Sabato 25 marzo alle ore 17,30 alla presenza dell’artista.

Il Paesaggio Immaginario
Non bisogna accontentarsi della prima impressione davanti ai paesaggi di Filippo Maggiore. Occorre osservarli con diligenza, passando dall’immediata sensazione di piacevolezza alla valutazione della composizione d’insieme e dei particolari: coglierne la segreta armonia, la felice sinergia di disegno e colore, l’ordinata disposizione delle parti entro le quinte scenografiche degli alberi.
Solo così è possibile accedere nel “mondo segreto” dell’artista, cogliere nella scena una singolare “patria dell’anima” il racconto di un’esperienza, nella difficile intesa tra ragione e sentimento e nel segno della Bellezza.
Non si tratta di stereotipi di “bel paesaggio” o di esemplari di fotoverismo.
Paesaggi, certo. Tutta la storia dell’arte è cadenzata dalla storia di questo “genere”; da quando si sviluppa in forma autonoma, nel primo quarto del Cinquecento, fino al XX secolo. Secolo in cui sembra che la pittura di paesaggio, in grande auge sino all’Ottocento con la pratica dell’en plein air, sia respinta dall’incalzare della civiltà industriale e tecnologica, che della visione di natura ha profondamente cambiato i connotati.
Ma il gusto del paesaggio, cacciato dalla finestra, rientra ancora una volta dalla porta nella cultura visiva. Via via si perviene ad un linguaggio sintetico e moderno, che del paesaggio scruta l’essenza. E si coglie infine, nella seconda metà del Novecento, la nuova complessità del rapporto arte/paesaggio e più ampiamente arte/natura, in cui agiscono valenze sociali, ecologiche, mitico-letterarie, spirituali, etnologiche…
I paesaggi da fiaba, da cartoon disneyano di Filippo Maggiore sono fatti più di memoria che di “citazioni”; anche se le componenti culturali riscontrabili nel lavoro di questo artista autodidatta sono molteplici e complesse, vengono in mente le “favole” del Beato Angelico, la Venezia da sogno delle “Storie di Sant’Orsola” del Carpaccio, le fantasie su rame di Poul Bril. E poi le visioni del “doganiera” Rousseau, i colori dell’emozione di Matisse, il “ritmo” dei paesaggi all’Estaque di Cezanne e Braque…
Maggiore può essere annoverato tra i visionari del paesaggio, tra i pittori degli Eden perduti.
La sua è una “visione da lontano” che fissa il flusso inarrestabile del tempo in una visione di eternità e di assoluta bellezza. Il paesaggio è come trasfigurato, e da “genere” illustrativo passa alla profondità dell’evocazione.
A modo suo Maggiore, come i pittori metafisici, concepisce una natura silente, anche se solare, emblema del tempo salificato. E come i Surrealisti gioca all’ambiguità del “vero-falso”.
Si avverte in questi paesaggi coloratissimi ma raggelati, chiari e armonici, il peso dell’illusione, poiché non nascono da uno sguardo diretto dal vero. Sono “composizioni” di alberi, prati, cielo, mare, fiori: comunicano una sorta di beatitudine visiva, improvvisa e misteriosa, nonostante la riconducibilità iconografica.
Il valore timbrico del colore – emotivo, evocativo – si coniuga con il forte senso della composizione, della modulazione di zone cromatiche, nei rapporti lineari, proporzioni, disposizione di pieni e vuoti. Il quadro nasce dall’emozione o dalla memoria di uno spettacolo della natura, ma diventa sistema e struttura di “segni”, ciascuno dei quali è “necessario” nell’ambito di questo sistema. La tela è il campo entro cui si stabiliscono relazioni, si attiva una struttura della visione: si realizza così un’armonia analoga a quella di una composizione musicale. L’assoluta bidimensionalità dell’opera (che ignora, perciò, qualsiasi “realismo” dell’immagine) ne è coerente conseguenza. Non è estranea a questi esiti pittorici la pratica di Maggiore con il linguaggio della grafica pubblicitaria, in cui i valori lineari e cromatici, assenza di chiaroscuro e nettezza dei contorni determinano una riduzione alla superficie dell’immagine.
Il quadro diventa struttura, costruzione autonoma, che assume la natura come pretesto di ispirazione. Anzi, la natura stessa è intesa come architettura perfetta: l’artista opera su di essa una sorta di “contemplazione strutturale” che tuttavia non l’ha portato né mai lo porterà agli esiti cui, partendo dalle stesse premesse, è giunto Mondrian.
L’effetto è di smaterializzazione, di trasparenza, le cose sono sottratte alla concretezza per essere bloccate in una sorta di metafisica fissità e stupore. Da qui deriva quel senso di astrazione o di “iperrealismo irreale” della pittura di Filippo Maggiore. Il Grande Astratto e il Grande Reale, le due strade dell’arte contemporanea teorizzata da Kandiskij, sono qui coincidenti.
Nostalgia di un mondo non più reale, utopia di un’armonia uomo-natura, allarme ecologico: questo e altro nella pittura di questo artista.
Una sorta di archeologia dello sguardo, di memoria incantata affida all’immagine dipinta un valore effimero di paesaggio, ma duraturo, eterno. Quello di Maggiore è un autentico atto di fede nella pittura, come possibilità di esprimere la nostalgia di una Bellezza che, forse, può essere recuperata.
Marina Pizzarelli

Filippo Maggiore nasce a Catania il 12 ottobre 1929. Già da bambino dimostra attitudine per il disegno ed a 9 anni affascinato dal fare pittura frequenta la bottega di un pittore copista.
Le ristrettezze post-belliche lo inducono già a 16 anni a dipingere per aiutare la famiglia.
Ben presto sente la necessità di esplorare il mondo dell’arte visitando musei e mostre.
Nel ’57 il suo incontro con l’avanguardia in una grande mostra a Roma, sente il fascino dell’astratto ed esplora nuovi linguaggi espressivi riscuotendo consensi di critica.
Matura l’idea di lasciare Catania dagli angusti orizzonti culturali e nel ’59 si trasferisce a Milano ricca di fermenti e di nuove idee.
Lavora in una impresa pubblicitaria e di notte dipinge. Gli stimoli milanesi e i contatti con le nuove tendenze lo portano ad aggiornare la sua pittura.
Dal cromatismo formale passa al monocromo materico dell’informale che approfondisce con grande successo e riscontro di mercato.
Ma il suo mondo interiore è fatto di luce e di colori ed il soggiorno in Sicilia del ’66 risveglia in lui il fascino della natura a lungo sopito nel grigiore metropolitano.
Lavora ad una lunga serie di dipinti, i pic nic ed i week-end accostando al paesaggio  esuberante ed idealizzato una nuova ed originale figurazione i colori ed i ricordi della Sicilia seguiranno per sempre le sue opere sino ad oggi.
È presente in permanenza nelle Gallerie “II Prisma” ed il “Cannocchiale” dove conosce critici e collezionisti tra cui Antonio Mazzotta ed i suoi fratelli che collezionano numerose sue opere.
Il Comune di Milano gli dedica una grande mostra all’Arengario; intesse rapporti con numerose gallerie in tutta Italia tra cui la Galleria L’Osanna di Nardò con cui tuttora coltiva un intenso rapporto.
La sua opera è un costante inno alla Natura tanto amata ed idealizzata quanto surreale ed improbabile: un messaggio all’umanità per la sua conservazione.
 
L’artista ha allestito numerose mostre personali in Italia e all’estero, dal 1947 al 2011, ha partecipato a molti premi di pittura e mostre collettive dal 1946 al 2009.
 
Dalle sue opere hanno scritto saggi di critica e articoli sulla stampa:
G. Traversi, C. Munari, M. Valsecchi, C. Delfino, M. Lepore, E. Mastrolonardo, L. Rossi, O. Signorini, G. Ferro, P. Zanchi, J. Buckelew, M. Chiesa, C. Galasso, F.M. Belluzzi, E. Della Noce, L. Barezzi, C. Voltolini, C. Franza, N. Del Natta, F. Passoni, L. Cabuti, S. Milluzzo.

Orario di apertura: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso Domenica e festivi 

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