Lucio Del Pezzo. Sculture, disegni, libri d’artista, immagini e documenti 1959-2013
Dal 18 Dicembre 2013 al 07 Febbraio 2014
Matera
Luogo: MUSMA - Museo della Scultura Contemporanea Matera
Indirizzo: via San Giacomo
Orari: da martedì a domenica 10-14
Costo del biglietto: intero € 5, ridotto € 3
Telefono per informazioni: +39 328 3292235
E-Mail info: info@musma.it
Sito ufficiale: http://www.musma.it
Martedì 17 dicembre 2013 il MUSMA inaugura la mostra "Lucio Del Pezzo. Sculture, disegni, libri d’artista, immagini e documenti 1959 – 2013" in concomitanza con la presentazione, nel I ipogeo, del "Presepe geometrico" del maestro Del Pezzo.
Figura chiave di una “pittura oggettuale”, il maestro napoletano quasi “gioca” con la scultura, dando alla materia e agli oggetti di cui si serve il compito di narrare storie, sentimenti, pregi e difetti dell’odierna società consumistica.
Del Pezzo è nato a Napoli, nel quartiere di Posillipo, parola che in greco significa “pausa dal dolore” e le sue opere sono una sorta di unguento per l’anima. Come scrisse, infatti, Pierre Restany nel 1967, Del Pezzo è “la calma dopo la tempesta, il sospiro dopo l’angoscia”. I colori e le tradizioni della città partenopea sollecitano le sue composizioni d’oggetti, così come gli iniziali studi da agrimensore indirizzano la sua propensione all’armonia e alla misura. Dopo gli studi all’Accademia di Napoli, dove è allievo di Emilio Notte, pittore futurista, si avvicina a Enrico Baj e alla pittura nucleare che si sta affermando in quegli anni a Milano. Nel 1953 Baj e i nucleari promuovono il “Movimento internazionale per una Bauhaus imaginista”, per un’arte fantastica, in polemica con il razionalismo geometrico, mentre con il manifesto del 1957, “Contro lo stile”, sostengono l’importanza di un creare costantemente sperimentale. Sull’esempio del movimento di pittura nucleare Del Pezzo costituisce a Napoli insieme a Biasi, Di Bello, Fergola, Luca e Mario Persico, il “Gruppo 58” che vuole promuovere un’arte che sia nello stesso tempo spontanea ma non soggettiva, bensì attenta alla “natura mitica e arcaica che è dentro e fuori di noi”.
Pur influenzato dal primo Kandinskij, da Malevi? e dalla metafisica di De Chirico, Del Pezzo elabora un linguaggio del tutto originale rispetto alla pittura di quegli anni. Nel 1960 approda in una Milano di grandi fermenti. Sono gli anni delle “Tavole dei ricordi”: l’artista deposita sul supporto di legno una patina di gesso su cui si mescolano elementi dadaisti, influssi della cultura devozionale napoletana e atmosfere atemporali. Dal ’62 in poi più netta sarà la separazione tra sfondo e oggetti, oggetti plastici di legno dipinto, metallo e altri materiali vengono collocati su mensole, cassettoni, modanature, un’architettura classica, retaggio della sua giovanile passione per l’archeologia.
Dal 1964 Del Pezzo è a Parigi (vi rimarrà fino al 1979), dove prende in affitto l’antico studio di Max Ernst. Entra così a diretto contatto con i luoghi e il clima delle avanguardie di inizio secolo. Ha modo di approfondire la sua ricerca artistica continuando a elaborare uno stile del tutto personale, a esplorare, con i suoi collage, tanto il mondo dell’inconscio e della scienza esoterica quanto quello dell’iconografia popolare. Tra i colori prediletti c’è l’oro, il metallo che più affascinava gli alchimisti, per il suo significato metafisico e trascendente e che dà alle composizioni un effetto sacrale. Realizza assemblages con labirinti che non hanno vie d’uscita, birilli, piramidi e ziggurath per scalare il cielo, amuleti magici, misteriosi geroglifici, forme che sono patrimonio comune di tutte le civiltà dalla preistoria all’antichità classica, dal medioevo ai giorni nostri. Cento tra disegni, collages, acquarelli dal 1958 al 2013 e quindici sculture del maestro napoletano saranno in mostra nelle Sale della Caccia e nella Biblioteca Scheiwiller fino al 7 febbraio 2014.
Figura chiave di una “pittura oggettuale”, il maestro napoletano quasi “gioca” con la scultura, dando alla materia e agli oggetti di cui si serve il compito di narrare storie, sentimenti, pregi e difetti dell’odierna società consumistica.
Del Pezzo è nato a Napoli, nel quartiere di Posillipo, parola che in greco significa “pausa dal dolore” e le sue opere sono una sorta di unguento per l’anima. Come scrisse, infatti, Pierre Restany nel 1967, Del Pezzo è “la calma dopo la tempesta, il sospiro dopo l’angoscia”. I colori e le tradizioni della città partenopea sollecitano le sue composizioni d’oggetti, così come gli iniziali studi da agrimensore indirizzano la sua propensione all’armonia e alla misura. Dopo gli studi all’Accademia di Napoli, dove è allievo di Emilio Notte, pittore futurista, si avvicina a Enrico Baj e alla pittura nucleare che si sta affermando in quegli anni a Milano. Nel 1953 Baj e i nucleari promuovono il “Movimento internazionale per una Bauhaus imaginista”, per un’arte fantastica, in polemica con il razionalismo geometrico, mentre con il manifesto del 1957, “Contro lo stile”, sostengono l’importanza di un creare costantemente sperimentale. Sull’esempio del movimento di pittura nucleare Del Pezzo costituisce a Napoli insieme a Biasi, Di Bello, Fergola, Luca e Mario Persico, il “Gruppo 58” che vuole promuovere un’arte che sia nello stesso tempo spontanea ma non soggettiva, bensì attenta alla “natura mitica e arcaica che è dentro e fuori di noi”.
Pur influenzato dal primo Kandinskij, da Malevi? e dalla metafisica di De Chirico, Del Pezzo elabora un linguaggio del tutto originale rispetto alla pittura di quegli anni. Nel 1960 approda in una Milano di grandi fermenti. Sono gli anni delle “Tavole dei ricordi”: l’artista deposita sul supporto di legno una patina di gesso su cui si mescolano elementi dadaisti, influssi della cultura devozionale napoletana e atmosfere atemporali. Dal ’62 in poi più netta sarà la separazione tra sfondo e oggetti, oggetti plastici di legno dipinto, metallo e altri materiali vengono collocati su mensole, cassettoni, modanature, un’architettura classica, retaggio della sua giovanile passione per l’archeologia.
Dal 1964 Del Pezzo è a Parigi (vi rimarrà fino al 1979), dove prende in affitto l’antico studio di Max Ernst. Entra così a diretto contatto con i luoghi e il clima delle avanguardie di inizio secolo. Ha modo di approfondire la sua ricerca artistica continuando a elaborare uno stile del tutto personale, a esplorare, con i suoi collage, tanto il mondo dell’inconscio e della scienza esoterica quanto quello dell’iconografia popolare. Tra i colori prediletti c’è l’oro, il metallo che più affascinava gli alchimisti, per il suo significato metafisico e trascendente e che dà alle composizioni un effetto sacrale. Realizza assemblages con labirinti che non hanno vie d’uscita, birilli, piramidi e ziggurath per scalare il cielo, amuleti magici, misteriosi geroglifici, forme che sono patrimonio comune di tutte le civiltà dalla preistoria all’antichità classica, dal medioevo ai giorni nostri. Cento tra disegni, collages, acquarelli dal 1958 al 2013 e quindici sculture del maestro napoletano saranno in mostra nelle Sale della Caccia e nella Biblioteca Scheiwiller fino al 7 febbraio 2014.
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