Adrian Paci. La gloria vostra fu sole
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Adrian Paci, Untitled, 2014, olio su tela, 50x60 cm
Dal 18 Settembre 2014 al 08 Novembre 2014
Milano
Luogo: Kaufmann Repetto
Indirizzo: via di Porta Tenaglia 7
Orari: da martedì a sabato 11-19.30; lunedì su appuntamento
Curatori: Pierpaolo Campanini
Telefono per informazioni: +39 02 72094331
E-Mail info: info@kaufmannrepetto.com
Sito ufficiale: http://www.kaufmannrepetto.com
Kaufmann Repetto è lieta di annunciare la sesta mostra personale di Adrian Paci, a cura di Pierpaolo Campanini.
“Avvalendosi della struttura bipartita dello spazio, due grandi mosaici occupano le pareti frontali della galleria: ulteriori gruppi di disegni si dispongono intorno a queste due opere principali.
Sia nei mosaici che nei disegni, è visibile il dialogo e il confronto con un immaginario che proviene da due fonti principali: da una parte testimonianze che appartengono all’archivio personale di Adrian Paci, dall’altra riferimenti a fonti autoriali care all’artista.
Le fonti amatoriali sono cronache televisive o scene “rubate” da Youtube. Ci sono bambini, immagini di nuotatori e di soldati, giovani miliziani un po’ spacconi in prove di coraggio, figure livide che si sfidano in giochi insidiosi e mortali. Ci sono, tra i disegni, anche altri riferimenti a film come “Il colore del melograno” di Sergei Parajanov, ispirato alla vita del poeta armeno Sayat-Nova, ma anche a registi come Jarman e Pasolini. Queste immagini, isolate dal contesto, perdono le connessioni con il linguaggio filmico diventando materia pittorica al pari delle immagini di cronaca. Ad un certo punto i racconti si fondono nei due mosaici dove il gioco diviene cerimonia e la vitalità sbruffona dei soggetti si pietrifica in una sorta di stilitismo.
I mosaici ci rivelano per la loro stessa essenza la natura del lavoro di Adrian Paci: la polvere e la terra, narrate spesso nei disegni, si fanno intonaco. L’artista va alla ricerca dei marmi per mutare la natura degli avvenimenti in epica. Le pietre raccontano bene e, attraverso le immagini, proteggono come amuleti: portano con sé la buona fortuna, diventano ornamento e benedizione.
Il viaggio, narrato più volte in precedenti lavori da Adrian Paci, si compie materialmente nel mosaico, nel cui edificio convivono diversi livelli narrativi, storici e geografici.
Uno dei due mosaici raffigura il taglio delle erbe infestanti che di stagione in stagione crescono sul tetto del monastero armeno di Haghpat narrato nel film di Parajanov, con i falciatori in fila sul tetto e la figura del poeta più sotto.
Più liquidi altri disegni: bambini che nuotano o gruppi di bagnanti che, come mandrie umane, sostano vicino all’acqua. Sono figure in transito spesso illuminate da una luce meridiana senza riparo. Qui Adrian Paci opera una vera spogliazione, sottraendo al colore il suo timbro festoso e rendendolo arido, incidendo con maggior forza le linee principali, astenendosi dai dettagli. Il risultato è una visione di arsura, uno sguardo essenziale sull’umano.”
Pierpaolo Campanini
“Avvalendosi della struttura bipartita dello spazio, due grandi mosaici occupano le pareti frontali della galleria: ulteriori gruppi di disegni si dispongono intorno a queste due opere principali.
Sia nei mosaici che nei disegni, è visibile il dialogo e il confronto con un immaginario che proviene da due fonti principali: da una parte testimonianze che appartengono all’archivio personale di Adrian Paci, dall’altra riferimenti a fonti autoriali care all’artista.
Le fonti amatoriali sono cronache televisive o scene “rubate” da Youtube. Ci sono bambini, immagini di nuotatori e di soldati, giovani miliziani un po’ spacconi in prove di coraggio, figure livide che si sfidano in giochi insidiosi e mortali. Ci sono, tra i disegni, anche altri riferimenti a film come “Il colore del melograno” di Sergei Parajanov, ispirato alla vita del poeta armeno Sayat-Nova, ma anche a registi come Jarman e Pasolini. Queste immagini, isolate dal contesto, perdono le connessioni con il linguaggio filmico diventando materia pittorica al pari delle immagini di cronaca. Ad un certo punto i racconti si fondono nei due mosaici dove il gioco diviene cerimonia e la vitalità sbruffona dei soggetti si pietrifica in una sorta di stilitismo.
I mosaici ci rivelano per la loro stessa essenza la natura del lavoro di Adrian Paci: la polvere e la terra, narrate spesso nei disegni, si fanno intonaco. L’artista va alla ricerca dei marmi per mutare la natura degli avvenimenti in epica. Le pietre raccontano bene e, attraverso le immagini, proteggono come amuleti: portano con sé la buona fortuna, diventano ornamento e benedizione.
Il viaggio, narrato più volte in precedenti lavori da Adrian Paci, si compie materialmente nel mosaico, nel cui edificio convivono diversi livelli narrativi, storici e geografici.
Uno dei due mosaici raffigura il taglio delle erbe infestanti che di stagione in stagione crescono sul tetto del monastero armeno di Haghpat narrato nel film di Parajanov, con i falciatori in fila sul tetto e la figura del poeta più sotto.
Più liquidi altri disegni: bambini che nuotano o gruppi di bagnanti che, come mandrie umane, sostano vicino all’acqua. Sono figure in transito spesso illuminate da una luce meridiana senza riparo. Qui Adrian Paci opera una vera spogliazione, sottraendo al colore il suo timbro festoso e rendendolo arido, incidendo con maggior forza le linee principali, astenendosi dai dettagli. Il risultato è una visione di arsura, uno sguardo essenziale sull’umano.”
Pierpaolo Campanini
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