Flavio Favelli. Senso 80

© Francesca Minini, Milano | Flavio Favelli, Mille Luci (24h), assemblaggio di insegne luminose, 2017 

 

Dal 29 Marzo 2017 al 14 Maggio 2017

Milano

Luogo: Albergo Diurno Venezia

Indirizzo: Piazza Oberdan

Orari: 30 Mar - 9 Apr: Tutti i giorni 12 - 19.30 | 10 Apr - 14 Mag: Gio - Dom 12 - 19.30 (Festivi inclusi)

Enti promotori:

  • FAI - Fondo Ambiente Italiano

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 02 4676151

E-Mail info: info@fondoambiente.it

Sito ufficiale: http://www.fondoambiente.it



In occasione di MIART 2017, la Fiera d’arte moderna e contemporanea di Milano e per tutto il periodo del successivo Salone del Mobile, il FAI - Fondo Ambiente Italiano presenta Senso 80, un progetto espositivo ideato da Flavio Favelli per il suggestivo spazio dell’Albergo Diurno Venezia.
 
Il titolo della mostra rimanda ‘ai sensi’ come valori fisici, alla materialità, al piacere e al fatto che l’Albergo Diurno, storicamente, è stato un luogo dedicato alla cura della persona. C’è poi il richiamo nostalgico a titoli di grandi film e alla grafica delle immagini anni Ottanta, anni molto importanti per l’esperienza di Favelli, anni intrisi di edonismo, ambiguità e conflitti; anni che hanno rappresentato “l’alba e insieme il tramonto”, come lui stesso scrive.
 
L’artista, come spesso fa nel suo lavoro, crea nel Diurno un’installazione site specific: costruisce un percorso in relazione all’architettura e agli spazi dell'ambiente partendo dagli elementi originali che ne hanno tracciato in modo profondo la poetica e la sua inconfondibile atmosfera. Gli arredi così come i servizi e l’illuminazione, svelati nelle cartoline storiche del Diurno, ci riconducono alla sua funzione e alla sua essenza di luogo animato da uno spirito di cura del corpo e dell’anima: ispirato da ciò Favelli conserva queste tracce e fonde elementi di antiquariato a oggetti e a presenze più recenti come adesivi e insegne di pubblicità.
 
Vedendo e ‘vivendo’ le immagini fotografiche degli anni ‘20 e ‘30 del celebre bagno pubblico milanese, l’artista rimane colpito dal gruppo di arredi collocati nella parte centrale del Salone, oggi dispersi: si trattava di quattro corpi, sorta di isole con divani a forma circolare e di alcuni tavoli con sedie e lampade, per leggere, scrivere e conversare. Decide così di ricostruire le isole-divanetti e i volumi originali con quattro installazioni, sculture in forme di assemblaggio e collage di vari materiali come mattonelle di graniglia, parti di mobilio e specchi: una reinterpretazione che intende essere “fedele” e insieme artificiale. Anche la luce diventa un tema importante. Il Diurno esibisce in alcuni punti i neon, senza alcuna copertura e questa luce fredda diventa parte dell’opera d’arte. Il progetto si chiude nei corridoi dell’Albergo con una serie di insegne luminose, le cui immagini, colori, grafie mischiate e sovrapposte, risultano difficilmente comprensibili e quasi indefinite ma qui posizionate per evocare la presenza di varie attività commerciali in passato attive in questo luogo: "Al Diurno si trova ancora incollato qualche adesivo di pubblicità” racconta l’artista “ci sono le insegne di plastica delle Ferrovie dello Stato e dei negozi, ad esempio il Barbiere Manicure, ed è proprio questo, per molti marginale rispetto al fascino intrinseco del luogo, che io invece trovo interessante. Il Diurno era come un aeroporto, come una micro città che serviva solo per l’uomo e la donna moderna (la bellezza, l’acconciatura, le terme, i viaggi...) era un luogo super artificiale".

 L’allestimento intende suggerire una lettura originale di ciò che c’era e non c’è più, usando la ricostruzione di parte degli arredi, apparentemente formale ma in realtà concettuale, e l’assemblaggio di vari materiali, stili e oggetti, per approdare all’evocazione di una memoria storica e affettiva e per restituire un’idea di narrazione che ben esprime la natura e la vocazione di questi spazi, intrisi di umanità e passato. “Raccolgo mobili da quasi vent’anni, arredi dei primi del Novecento, il cui unico valore è quello di ruotare attorno a un tempo passato personale denso di ricordi”.
 
Il rapporto che Favelli crea con i luoghi, espressione di una memoria propria, è un tema centrale nel suo lavoro e nella sua poetica. Così come emerge dal recente lavoro realizzato nella casa di Bologna dove la madre dell’artista ha vissuto negli ultimi vent’anni: un’opera-ambiente che parla di una storia intima, di affetti e della memoria, caratterizzata dalla presenza e dalla convivenza di elementi che testimoniano un passato non troppo lontano ma in disuso e di nuove strane presenze, a volte ingombranti, che celebrano lo spirito di quegli ambienti attraverso wall painting realizzati sui muri della casa.
 
In occasione di MIART 2017, un nuovo lavoro dell’artista sarà esposto nello stand di Francesca Minini.
Immagine: Flavio Favelli, Mille Luci (24h), 2017, assemblaggio di insegne luminose. Courtesy Francesca Minini, Milano.

Flavio Favelli (Firenze, 1967), vive e lavora a Savigno (Bologna). Dopo la Laurea in Storia Orientale all'Università di Bologna, prende parte al Link Project (1995-2001). Partecipa alla residenza TAM a Pietrarubbia diretta da Arnaldo Pomodoro nel 1995 e al Corso Superiore Arti Visive della Fondazione Ratti con Allan Kaprow nel 1997. Ha esposto con progetti personali al MAXXI di Roma, al Centro per l'Arte Pecci di Prato, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, al Museo Marino Marini di Firenze, alla Maison Rouge di Parigi e al 176 Projectspace di Londra. Nel 2008 ha progettato e realizzato Sala d'Attesa nel Pantheon di Bologna all'interno del Cimitero Monumentale della Certosa, che accoglie la celebrazione di funerali laici. Nel 2015 l'opera Gli Angeli degli Eroi viene scelta dal Quirinale e dal Ministero della Difesa per rappresentare i militari caduti nella ricorrenza del 4 Novembre. Partecipa alla XIII Biennale di Scultura a Carrara (2008), alla XV Quadriennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni (2008), alla mostra "Italics" allestita a Palazzo Grassi, Venezia (2008) e successivamente al MOCA, Chicago (2009) e a due edizioni della Biennale Internazionale d'Arte di Venezia: la 50° ("Clandestini", a cura di F. Bonami) e la 55° ("Vice Versa", Padiglione Italia, a cura di B. Pietromarchi).

Opening 29 marzo 2017 dalle 18 alle 22

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