Franco Rota Candiani. Luce del sud
Dal 21 Ottobre 2015 al 31 Ottobre 2015
Milano
Luogo: Biblioteca del Daverio
Indirizzo: piazza Bertarelli 4
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 338 2823376
E-Mail info: labibliotecadeldaverio@gmail.com
“L’essere artista è la vita stessa: è vivere voglio dire”
Da una lettera del 1932 scritta da Jackson Pollock a suo padre LeRoy
Nove sacchetti gialli dell’Esselunga e una scritta: Love accompagnata da un segno che tende all’infinito. L’opera d’arte “concettuale” misura un metro e venti per un metro e venti. Un quadrato, dunque che, secondo l’autore, rappresenta l’amore: “Esselunga che ama i clienti, che amano Esselunga”. Franco Rota Candiani l’ha realizzata per la sua mostra, Luce del Sud, che sarà a Milano, per due settimane, dal 21 ottobre, nell’Antico Refettorio di piazza Bertarelli 4, uno spazio destinato a diventare un nuovo propulsore culturale. Il catalogo di Luce del Sud è pubblicato da Skira e a cura di Philippe Daverio, anche autore della prefazione che curò e ospitò le opere di Rota Candiani per la prima volta nel 1994, nella galleria di via Montenapoleone (tante le personali dell’artista, una anche a New York nel 1999 alla Casa della cultura). Dal 22 ottobre l’accesso alla mostra sarà attraverso la adiacente galleria Teseo Arte, in Corso Italia 14.
“I nove grandi sacchetti gialli di Esselunga che ho scelto rappresentano l’amore… l’amore lungo”, dice l’artista nato a Milano ma con i polmoni pieni dell’aria della montagna valtellinese dove è cresciuto e lo sguardo rapito dai dammusi di Pantelleria dove anche vive.
La vita di Rota Candiani è piena, larga, aperta come la sua arte. Provare a seguirla non è una corsetta leggera. Per qualità e per quantità. Ma, come dire?, mantiene giovani. Le sue origini metà valtellinesi e metà piacentine, il suo lignaggio determinato dall’incontro delle famiglie nobili dei Rota e dei Candiani, raccontati benissimo dai suggestivi resti del castello di Montué, in provincia di Pavia, il Castello dei conti Rota Candiani, appunto, ne fanno comunque un uomo solido e un artista moderno. Fuori dallo stereotipo secondo il quale l’arte debba comunque poggiare sulla maledizione a cui tutto si perdona in nome di un presunto bello superiore. Perché se è vero che tra i riferimenti di Rota Candiani ci sia proprio Jackson Pollock, colui che a 18 anni scriveva al fratello Charles “più leggo e più penso e più vedo tutto nero”, l’artista che si schiantò ubriaco a 44 anni contro un albero regalando al mondo un lascito artistico inestimabile di cui neanche lui era consapevole, è altrettanto vero che l’autore di Love (Esselunga) abbia fin qui percorso un’esistenza totale e su più livelli. Verrebbe perfino da dire “normale” se non fosse per la genialità delle sue opere. Il conte Rota Candiani si è laureato alla Bocconi, è stato per alcuni decenni un importante commercialista con studio a Milano e a Sondrio, ha idee molto precise sulla situazione economica italiana e internazionale. Pratica diversi sport, come le escursioni nelle montagne di tutto il mondo (ma con la Valtellina nel cuore) e le traversate in barca a vela, pensando a Pantelleria che per lui è “l’alter ego della montagna. La vita dei montanari della Valtellina è simile a quella dei Panteschi”. Il suo anticonformismo, dunque, è proprio questo: non essere per forza anticonformista, non ritenere l’arte uno sfogatoio di depressioni o una consolazione sociale nei momenti di crisi come quello di questi difficili anni. “L’arte deve partire dalla ricerca” dice Rota Candiani “non da fini consolatori. L’arte oggi è tutta spostata sul sociale. Ma così non è pura. Solo la ricerca è pura, come è stato da Giotto in avanti”.
In effetti questo ha fatto: ha voluto continuare la ricerca pittorica, partendo dall’espressionismo tedesco e americano. “Pollock per me è stato un riferimento grandissimo: ha cambiato la pittura. Ha insegnato quella gestuale, intervenendo sulla tela in maniera più drammatica e istintiva. Ha unito la mente e il braccio. La mia idea astratta: parto da un punto e poi vado avanti”. È l’approdo di Rota Candiani, l’espressionismo più astratto. Quella che lui chiama la fase delle Figure della mente. Ovvero le interpretazioni delle sensazioni e non più della realtà. “Quando ti appaiono nella mente le trasformi attraverso il braccio. E diventano pittura. Partendo da Platone: le cose concrete e l’idea delle cose. Nella nostra vita ci sono tante onde invisibili. La pittura può essere un po’ il medium tra il mondo irreale e il mondo della raffigurazione del mondo irreale. Altresì noto come il momento dell’invenzione. Con il passaggio dalla mente alla mano, poi, può cambiare. Può sorprendere anche chi la fa. È il bello dell’arte. Ora la mia ricerca è questa: dal tempo reale al tempo irreale. Raffigurare l’irreale. Che è molto concreto”.
Platone, Aristotele, la ricerca del tempo e dello spazio… Concetti “alti”. Ma, esattamente come è successo a Pollock, Rota Candiani ci è arrivato attraversando alcune fasi. Esattamente come Pollock, in questa ricerca ha espresso un dna famigliare: dipingeva suo nonno, dipingeva suo padre, dipingevano i suoi fratelli… Rota Candiani ha cominciato a disegnare a 10 anni insieme al suo vicino di casa, il pittore Carini, in Val Malenco. I primi riconoscimenti arrivarono nel 1957, l’ultimo anno di liceo quando partecipò a un concorso di pittura delle scuole superiori italiane. Il Preside lo incoraggiò ad andare avanti. A diciotto anni frequentava già un corso per imparare a dipingere a olio e il primo studio da pittore lo allestì a Sondrio nel 1972. Fu la prima fase di Rota Candiani, una fase di studio dedicata al figurativo. Poi scoprì l’espressionismo americano che ne segnò un lungo periodo di lavoro e di ricerca durato fino al 2010. Quando decise di dedicare tempo alle ricerche sui materiali e sulle tecniche miste. Per poi entrare nella terza fase, quella attuale quella, appunto, delle suggestioni delle figure della mente. Che saranno il fil rouge della mostra Luce del sud, dal 21 ottobre per due settimane, all’Antico Refettorio di piazza Bertarelli 4, a Milano.
Da una lettera del 1932 scritta da Jackson Pollock a suo padre LeRoy
Nove sacchetti gialli dell’Esselunga e una scritta: Love accompagnata da un segno che tende all’infinito. L’opera d’arte “concettuale” misura un metro e venti per un metro e venti. Un quadrato, dunque che, secondo l’autore, rappresenta l’amore: “Esselunga che ama i clienti, che amano Esselunga”. Franco Rota Candiani l’ha realizzata per la sua mostra, Luce del Sud, che sarà a Milano, per due settimane, dal 21 ottobre, nell’Antico Refettorio di piazza Bertarelli 4, uno spazio destinato a diventare un nuovo propulsore culturale. Il catalogo di Luce del Sud è pubblicato da Skira e a cura di Philippe Daverio, anche autore della prefazione che curò e ospitò le opere di Rota Candiani per la prima volta nel 1994, nella galleria di via Montenapoleone (tante le personali dell’artista, una anche a New York nel 1999 alla Casa della cultura). Dal 22 ottobre l’accesso alla mostra sarà attraverso la adiacente galleria Teseo Arte, in Corso Italia 14.
“I nove grandi sacchetti gialli di Esselunga che ho scelto rappresentano l’amore… l’amore lungo”, dice l’artista nato a Milano ma con i polmoni pieni dell’aria della montagna valtellinese dove è cresciuto e lo sguardo rapito dai dammusi di Pantelleria dove anche vive.
La vita di Rota Candiani è piena, larga, aperta come la sua arte. Provare a seguirla non è una corsetta leggera. Per qualità e per quantità. Ma, come dire?, mantiene giovani. Le sue origini metà valtellinesi e metà piacentine, il suo lignaggio determinato dall’incontro delle famiglie nobili dei Rota e dei Candiani, raccontati benissimo dai suggestivi resti del castello di Montué, in provincia di Pavia, il Castello dei conti Rota Candiani, appunto, ne fanno comunque un uomo solido e un artista moderno. Fuori dallo stereotipo secondo il quale l’arte debba comunque poggiare sulla maledizione a cui tutto si perdona in nome di un presunto bello superiore. Perché se è vero che tra i riferimenti di Rota Candiani ci sia proprio Jackson Pollock, colui che a 18 anni scriveva al fratello Charles “più leggo e più penso e più vedo tutto nero”, l’artista che si schiantò ubriaco a 44 anni contro un albero regalando al mondo un lascito artistico inestimabile di cui neanche lui era consapevole, è altrettanto vero che l’autore di Love (Esselunga) abbia fin qui percorso un’esistenza totale e su più livelli. Verrebbe perfino da dire “normale” se non fosse per la genialità delle sue opere. Il conte Rota Candiani si è laureato alla Bocconi, è stato per alcuni decenni un importante commercialista con studio a Milano e a Sondrio, ha idee molto precise sulla situazione economica italiana e internazionale. Pratica diversi sport, come le escursioni nelle montagne di tutto il mondo (ma con la Valtellina nel cuore) e le traversate in barca a vela, pensando a Pantelleria che per lui è “l’alter ego della montagna. La vita dei montanari della Valtellina è simile a quella dei Panteschi”. Il suo anticonformismo, dunque, è proprio questo: non essere per forza anticonformista, non ritenere l’arte uno sfogatoio di depressioni o una consolazione sociale nei momenti di crisi come quello di questi difficili anni. “L’arte deve partire dalla ricerca” dice Rota Candiani “non da fini consolatori. L’arte oggi è tutta spostata sul sociale. Ma così non è pura. Solo la ricerca è pura, come è stato da Giotto in avanti”.
In effetti questo ha fatto: ha voluto continuare la ricerca pittorica, partendo dall’espressionismo tedesco e americano. “Pollock per me è stato un riferimento grandissimo: ha cambiato la pittura. Ha insegnato quella gestuale, intervenendo sulla tela in maniera più drammatica e istintiva. Ha unito la mente e il braccio. La mia idea astratta: parto da un punto e poi vado avanti”. È l’approdo di Rota Candiani, l’espressionismo più astratto. Quella che lui chiama la fase delle Figure della mente. Ovvero le interpretazioni delle sensazioni e non più della realtà. “Quando ti appaiono nella mente le trasformi attraverso il braccio. E diventano pittura. Partendo da Platone: le cose concrete e l’idea delle cose. Nella nostra vita ci sono tante onde invisibili. La pittura può essere un po’ il medium tra il mondo irreale e il mondo della raffigurazione del mondo irreale. Altresì noto come il momento dell’invenzione. Con il passaggio dalla mente alla mano, poi, può cambiare. Può sorprendere anche chi la fa. È il bello dell’arte. Ora la mia ricerca è questa: dal tempo reale al tempo irreale. Raffigurare l’irreale. Che è molto concreto”.
Platone, Aristotele, la ricerca del tempo e dello spazio… Concetti “alti”. Ma, esattamente come è successo a Pollock, Rota Candiani ci è arrivato attraversando alcune fasi. Esattamente come Pollock, in questa ricerca ha espresso un dna famigliare: dipingeva suo nonno, dipingeva suo padre, dipingevano i suoi fratelli… Rota Candiani ha cominciato a disegnare a 10 anni insieme al suo vicino di casa, il pittore Carini, in Val Malenco. I primi riconoscimenti arrivarono nel 1957, l’ultimo anno di liceo quando partecipò a un concorso di pittura delle scuole superiori italiane. Il Preside lo incoraggiò ad andare avanti. A diciotto anni frequentava già un corso per imparare a dipingere a olio e il primo studio da pittore lo allestì a Sondrio nel 1972. Fu la prima fase di Rota Candiani, una fase di studio dedicata al figurativo. Poi scoprì l’espressionismo americano che ne segnò un lungo periodo di lavoro e di ricerca durato fino al 2010. Quando decise di dedicare tempo alle ricerche sui materiali e sulle tecniche miste. Per poi entrare nella terza fase, quella attuale quella, appunto, delle suggestioni delle figure della mente. Che saranno il fil rouge della mostra Luce del sud, dal 21 ottobre per due settimane, all’Antico Refettorio di piazza Bertarelli 4, a Milano.
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