Giovanni Maria Sacco. Metafisica Concreta
Dal 14 Novembre 2024 al 31 Gennaio 2025
Milano
Luogo: Galleria Still
Indirizzo: Via Zamenhof 11
Orari: da martedì a venerdì dalle 15:00 alle 19:00
Curatori: Benedetta Donato
Costo del biglietto: Ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 02.36744528
E-Mail info: info@stillfotografia.it
Sito ufficiale: http://www.stillfotografia.it
Il 14 novembre 2024 alle 18.30, in occasione dell’edizione 2024 di Book City Milano, inaugura presso Still Fotografia Milano la mostra Metafisica Concreta che presenta una selezione di fotografie, tutte in bianco e nero, tratte dall’omonimo libro Metafisica Concretadi Giovanni Maria Sacco (edizione Contrasto, 2024).
Il percorso espositivo della mostra - che proseguirà fino al 31 gennaio 2025 - si compone di 30 fotografie: un corpus che ripercorre un lungo periodo di ricerca di Giovanni Maria Sacco (Roma, 1954) intorno al concetto, caro all’autore, dello studio d’insieme di tutte le cose che esistono (l’essere). Uno studio che ha come nucleo centrale luoghi, paesaggi e architetture attraverso cui la macchina fotografica di Sacco stabilisce un legame sotteso, “restituendo una sintesi raffinata tra il pensare metafisico e il saper vedere oltre la realtà per come appare. Mi piace pensare che ogni fotografia sia una scena che testimonia un legame di appartenenza al tutto”, come scrive nell’introduzione del libro la curatrice Benedetta Donato.
Quello che emerge, nella mostra così come nel libro, è un’esplorazione visiva a tutto tondo di alcuni dei punti chiave dell’identità italiana, il cui paesaggio architettonico – soggetto su cui si concentra la riflessione teorica di Sacco in questo lavoro - porta i segni di una lunga stratificazione di cultura e pensiero, che nelle fotografie dell’autore diventa matrice di comprensione del “correlativo oggettivo”, quel procedimento poetico inizialmente identificato da T.S. Eliot secondo cui “attraverso alcuni oggetti concreti, in grado di suscitare nel lettore ciò che l’artista intende e prova senza necessità di mediazione o spiegazione, si riesce a evocare un’“emozione particolare”, come sottolinea Flavia Concina nel contributo al libro.
“Con questo lavoro di Giovanni Maria Sacco ci troviamo a osservare estensioni di pensiero, dove la fotografia diventa il mezzo per rivelare un lungo processo di riflessione e di interpretazione rispetto all’ambito della metafisica”, prosegue Benedetta Donato. “Riportare attraverso le immagini un modo di sentire e vedere la realtà è un esercizio che l’autore conduce proiettando il proprio spazio mentale sul mondo, di cui restituisce quelle che egli stesso nella postfazione definisce “metafore”. La sua ricerca è dunque un continuo invito a guardare la realtà oltre come la si vede, addentrandosi in una dimensione altra e
sconosciuta che le immagini di questo libro e in mostra rendono percettibile e palpabile dal momento in cui vengono osservate”.
La metafisica di Sacco si compone di indeterminazione e significato altro e accompagna lo sguardo del visitatore lungo la concretezza e il rigore minimalista di alcuni dei più importanti edifici razionalisti italiani, fotografati nel corso di diversi anni e realizzati su pellicola di grande formato, e attraverso l’atemporalità degli archetipi architettonici, dove si scopre l’immunità dallo scorrere del tempo. Porta anche lo spettatore a considerare una condizione umana densa di “solitudine dell’esistenza”. Le immagini di Sacco sono silenziose e senza persone: l’umanità si percepisce nell’assenza, a sottolineare, come scrive il fotografo, che “la realtà delle cose è indipendente dalla presenza di osservatori e, ne sono convinto, assolutamente indifferente all’umanità”.
“La metafisica si occupa di ciò che sta al di là dell’universo fisico che noi percepiamo. In questo contesto, uno degli aspetti rilevanti, e quello che mi interessa di più nella mia produzione fotografica, riguarda l’essenza delle cose, ossia come le cose sono realmente oltre l’apparenza. È evidente come ciò non possa essere descritto a parole, ma solo con metafore. Ed è quindi con metafore che ho cercato di descrivere quella che, per me, è la metafisica, e come dice il titolo, una metafisica concreta. Un ossimoro, perché la metafisica trascende la percezione e non può quindi essere concreta. La traduzione inglese del titolo, Concrete Metaphysics, presenta un ulteriore aspetto di queste metafore. Concrete, infatti, significa sia concreto sia cemento. Metafisica di pietra, dunque”, prosegue Sacco nella postfazione.
L’itinerario di metafore concrete proposto nel libro e nella selezione di immagini in mostra documenta territori e opere come Borgo Schirò (Palermo), il Cretto di Burri a Gibellina Nuova, la Piramide del 38° Parallelo di Motta d’Affermo (Messina). Ma anche Livorno, La Scarzuola, Modena, Cesenatico e Torino; e ancora Tresigallo, Altivole, Varigotti, Latina, Roma, Bomarzo, Tirrenia e molti altri luoghi, soggetti di quella concretezza architettonica e metafisica che permette al fotografo di offrire “un’immagine della realtà trascendente e delle emozioni che essa suscita in me, e forse anche in voi: straniamento, mistero, bellezza, armonia”. Una riflessione teorica sulla natura delle cose, che evoca una riflessione sull’atto stesso del vedere.
A fianco di una narrazione coerente e lineare, in cui la composizione è studiata e in perfetto equilibrio, Sacco delinea un chiaro percorso di intenzioni, lasciando emergere il suo personale sentimento autoriale grazie a un bianco nero e a un contrasto studiato e controllato fin nei minimi particolari.
La mostra accompagna l’uscita del libro Metafisica Concreta (146 pagine, 102 immagini) pubblicato da Contrasto, con testi di Benedetta Donato, Flavia Concina e Giovanni Maria Sacco.
All’opening di giovedì 14 novembre presso Still interverranno Giovanni Maria Sacco, per firmacopie del libro, e la curatrice Benedetta Donato.
Giovanni Maria Sacco (nato a Roma nel 1954) è stato professore universitario di informatica per trent’anni, fino a quando si è dimesso per seguire la sua passione per la fotografia. Fotografa dall’età di otto anni. Il suo motto è quello di Walt Whitman: "Sono grande. Contengo moltitudini". Le sue fotografie abbracciano molti temi diversi: rovine moderne (grandi fabbriche, soprattutto), architettura, nature morte, ritratti, nudi, ecc. In tutti questi temi, ciò che Sacco cerca è la bellezza che egli trova sia nell’impermanenza e nel declino delle umane cose, sia nell’impassibilità delle costruzioni architettoniche. Data la sua formazione, applica alle sue immagini il rasoio di Ockham: tutto e solo ciò che serve, niente di più, niente di meno. La composizione delle sue fotografie è anche profondamente influenzata dal suo interesse per la pittura, da Duccio ai pittori contemporanei.
Dal 2015 ha ricevuto oltre cento premi nei più importanti concorsi internazionali: Architecture Master Prize, International Photo Awards (IPA), Fine Art Photography Awards (FAPA), Prix de la Photographie Paris (PX3), tra gli altri. Le sue opere sono state esposte a Torino, Milano, Roma, Trieste, Venezia, Arles, Glasgow, New York, Miami, Dali (Cina), Dubai, Tokyo e Zurigo.
Nel 2023 ha pubblicato con Kehrer Verlag il libro “Silent Theaters”.
“Metafisica Concreta” è la sua ultima pubblicazione, edita da Contrasto (2024).
Il percorso espositivo della mostra - che proseguirà fino al 31 gennaio 2025 - si compone di 30 fotografie: un corpus che ripercorre un lungo periodo di ricerca di Giovanni Maria Sacco (Roma, 1954) intorno al concetto, caro all’autore, dello studio d’insieme di tutte le cose che esistono (l’essere). Uno studio che ha come nucleo centrale luoghi, paesaggi e architetture attraverso cui la macchina fotografica di Sacco stabilisce un legame sotteso, “restituendo una sintesi raffinata tra il pensare metafisico e il saper vedere oltre la realtà per come appare. Mi piace pensare che ogni fotografia sia una scena che testimonia un legame di appartenenza al tutto”, come scrive nell’introduzione del libro la curatrice Benedetta Donato.
Quello che emerge, nella mostra così come nel libro, è un’esplorazione visiva a tutto tondo di alcuni dei punti chiave dell’identità italiana, il cui paesaggio architettonico – soggetto su cui si concentra la riflessione teorica di Sacco in questo lavoro - porta i segni di una lunga stratificazione di cultura e pensiero, che nelle fotografie dell’autore diventa matrice di comprensione del “correlativo oggettivo”, quel procedimento poetico inizialmente identificato da T.S. Eliot secondo cui “attraverso alcuni oggetti concreti, in grado di suscitare nel lettore ciò che l’artista intende e prova senza necessità di mediazione o spiegazione, si riesce a evocare un’“emozione particolare”, come sottolinea Flavia Concina nel contributo al libro.
“Con questo lavoro di Giovanni Maria Sacco ci troviamo a osservare estensioni di pensiero, dove la fotografia diventa il mezzo per rivelare un lungo processo di riflessione e di interpretazione rispetto all’ambito della metafisica”, prosegue Benedetta Donato. “Riportare attraverso le immagini un modo di sentire e vedere la realtà è un esercizio che l’autore conduce proiettando il proprio spazio mentale sul mondo, di cui restituisce quelle che egli stesso nella postfazione definisce “metafore”. La sua ricerca è dunque un continuo invito a guardare la realtà oltre come la si vede, addentrandosi in una dimensione altra e
sconosciuta che le immagini di questo libro e in mostra rendono percettibile e palpabile dal momento in cui vengono osservate”.
La metafisica di Sacco si compone di indeterminazione e significato altro e accompagna lo sguardo del visitatore lungo la concretezza e il rigore minimalista di alcuni dei più importanti edifici razionalisti italiani, fotografati nel corso di diversi anni e realizzati su pellicola di grande formato, e attraverso l’atemporalità degli archetipi architettonici, dove si scopre l’immunità dallo scorrere del tempo. Porta anche lo spettatore a considerare una condizione umana densa di “solitudine dell’esistenza”. Le immagini di Sacco sono silenziose e senza persone: l’umanità si percepisce nell’assenza, a sottolineare, come scrive il fotografo, che “la realtà delle cose è indipendente dalla presenza di osservatori e, ne sono convinto, assolutamente indifferente all’umanità”.
“La metafisica si occupa di ciò che sta al di là dell’universo fisico che noi percepiamo. In questo contesto, uno degli aspetti rilevanti, e quello che mi interessa di più nella mia produzione fotografica, riguarda l’essenza delle cose, ossia come le cose sono realmente oltre l’apparenza. È evidente come ciò non possa essere descritto a parole, ma solo con metafore. Ed è quindi con metafore che ho cercato di descrivere quella che, per me, è la metafisica, e come dice il titolo, una metafisica concreta. Un ossimoro, perché la metafisica trascende la percezione e non può quindi essere concreta. La traduzione inglese del titolo, Concrete Metaphysics, presenta un ulteriore aspetto di queste metafore. Concrete, infatti, significa sia concreto sia cemento. Metafisica di pietra, dunque”, prosegue Sacco nella postfazione.
L’itinerario di metafore concrete proposto nel libro e nella selezione di immagini in mostra documenta territori e opere come Borgo Schirò (Palermo), il Cretto di Burri a Gibellina Nuova, la Piramide del 38° Parallelo di Motta d’Affermo (Messina). Ma anche Livorno, La Scarzuola, Modena, Cesenatico e Torino; e ancora Tresigallo, Altivole, Varigotti, Latina, Roma, Bomarzo, Tirrenia e molti altri luoghi, soggetti di quella concretezza architettonica e metafisica che permette al fotografo di offrire “un’immagine della realtà trascendente e delle emozioni che essa suscita in me, e forse anche in voi: straniamento, mistero, bellezza, armonia”. Una riflessione teorica sulla natura delle cose, che evoca una riflessione sull’atto stesso del vedere.
A fianco di una narrazione coerente e lineare, in cui la composizione è studiata e in perfetto equilibrio, Sacco delinea un chiaro percorso di intenzioni, lasciando emergere il suo personale sentimento autoriale grazie a un bianco nero e a un contrasto studiato e controllato fin nei minimi particolari.
La mostra accompagna l’uscita del libro Metafisica Concreta (146 pagine, 102 immagini) pubblicato da Contrasto, con testi di Benedetta Donato, Flavia Concina e Giovanni Maria Sacco.
All’opening di giovedì 14 novembre presso Still interverranno Giovanni Maria Sacco, per firmacopie del libro, e la curatrice Benedetta Donato.
Giovanni Maria Sacco (nato a Roma nel 1954) è stato professore universitario di informatica per trent’anni, fino a quando si è dimesso per seguire la sua passione per la fotografia. Fotografa dall’età di otto anni. Il suo motto è quello di Walt Whitman: "Sono grande. Contengo moltitudini". Le sue fotografie abbracciano molti temi diversi: rovine moderne (grandi fabbriche, soprattutto), architettura, nature morte, ritratti, nudi, ecc. In tutti questi temi, ciò che Sacco cerca è la bellezza che egli trova sia nell’impermanenza e nel declino delle umane cose, sia nell’impassibilità delle costruzioni architettoniche. Data la sua formazione, applica alle sue immagini il rasoio di Ockham: tutto e solo ciò che serve, niente di più, niente di meno. La composizione delle sue fotografie è anche profondamente influenzata dal suo interesse per la pittura, da Duccio ai pittori contemporanei.
Dal 2015 ha ricevuto oltre cento premi nei più importanti concorsi internazionali: Architecture Master Prize, International Photo Awards (IPA), Fine Art Photography Awards (FAPA), Prix de la Photographie Paris (PX3), tra gli altri. Le sue opere sono state esposte a Torino, Milano, Roma, Trieste, Venezia, Arles, Glasgow, New York, Miami, Dali (Cina), Dubai, Tokyo e Zurigo.
Nel 2023 ha pubblicato con Kehrer Verlag il libro “Silent Theaters”.
“Metafisica Concreta” è la sua ultima pubblicazione, edita da Contrasto (2024).
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