Karl Evver. Diogeni Laertii Vitis ac Moribus Addenda
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Dal 11 Maggio 2015 al 19 Giugno 2015
Milano
Luogo: Università Bocconi
Indirizzo: via Sarfatti 25
Orari: lunedì-sabato 9-12
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 5836.2453
E-Mail info: barbara.orlando@unibocconi.it
Sito ufficiale: http://www.unibocconi.it
Diogeni Laertii Vitis ac Moribus Addenda è una mostra concepita per dimostrare come l’arte possa scegliere l’amicizia quale senso del proprio agire, anziché uno dei tanti gelidi nichilismi dei quali si compiace la sperimentazione contemporanea. Ed è anche l’occasione di avvicinare affettuosamente e analiticamente l’arte di Evver e la sua peculiare maniera di affrontare il sembiante.
Le sette immagini fotografiche – risalenti al 2009 – e il ritratto pittorico – eseguito nel 2015 – sono dedicati a un giovane filosofo lombardo dalla vita assai travagliata. Non sono la celebrazione di un glorioso tragitto accademico; non sono l’esaltazione retorica della fama intellettuale; sono piuttosto l’ostinato testimoniare mediante il più povero impiego dello strumento fotografico e della tecnica pittorica quanto sia effimero, entusiasmante e transitorio l’affannarsi di un singolo uomo, di una singola testa intorno alle cause delle cose.
Dei tanti, fecondissimi mesi di ragionamenti, voli e risate della frequentazione di Evver con l’amico filosofo sono rimasti – perdute tutte le altre tracce nel corso del peregrinare per l’Italia di questo giovane uomo dalle idee smisurate – solo questi incerti bagliori. In tal senso, il riferimento a Diogene Laerzio nel titolo della mostra appare essere non già la gratuita evocazione di un nome antico, ma l’ammissione di come queste opere possano essere lette legittimamente come l’opportuna, amorevole aggiunta di un’altra avventura della mente alle tante di cui diede conto il grande biografo romano.
Karl Evver ha debuttato nel 1987 con la mostra personale Forme e reliquie dell’urlo. Nell’ultimo quindicennio è andato avanti con un inconsueto coesistere di rilassatezza ed estremismo per le due vie nelle quali si estrinseca la sua vocazione: la pittura – sempre meno schiava di lussi ed estetismi – e la fotografia – sempre più aderente a un dubbio radicale sull’identità e sulla razionalità.
Tra le esibizioni ricordiamo, nel 2008, quella fotografica Vita di Euclide, e nel 2014, quella pittorica Bacchus Bimater. Nell’autunno del 2012, in occasione della mostra De lumine, è uscito l’omonimo catalogo contenente Il lumen e i phantasmàta, un importante saggio di Roberto Borghi dedicato appunto alla sfiducia di Evver in ogni certezza materiale dell’esistenza.
Le sette immagini fotografiche – risalenti al 2009 – e il ritratto pittorico – eseguito nel 2015 – sono dedicati a un giovane filosofo lombardo dalla vita assai travagliata. Non sono la celebrazione di un glorioso tragitto accademico; non sono l’esaltazione retorica della fama intellettuale; sono piuttosto l’ostinato testimoniare mediante il più povero impiego dello strumento fotografico e della tecnica pittorica quanto sia effimero, entusiasmante e transitorio l’affannarsi di un singolo uomo, di una singola testa intorno alle cause delle cose.
Dei tanti, fecondissimi mesi di ragionamenti, voli e risate della frequentazione di Evver con l’amico filosofo sono rimasti – perdute tutte le altre tracce nel corso del peregrinare per l’Italia di questo giovane uomo dalle idee smisurate – solo questi incerti bagliori. In tal senso, il riferimento a Diogene Laerzio nel titolo della mostra appare essere non già la gratuita evocazione di un nome antico, ma l’ammissione di come queste opere possano essere lette legittimamente come l’opportuna, amorevole aggiunta di un’altra avventura della mente alle tante di cui diede conto il grande biografo romano.
Karl Evver ha debuttato nel 1987 con la mostra personale Forme e reliquie dell’urlo. Nell’ultimo quindicennio è andato avanti con un inconsueto coesistere di rilassatezza ed estremismo per le due vie nelle quali si estrinseca la sua vocazione: la pittura – sempre meno schiava di lussi ed estetismi – e la fotografia – sempre più aderente a un dubbio radicale sull’identità e sulla razionalità.
Tra le esibizioni ricordiamo, nel 2008, quella fotografica Vita di Euclide, e nel 2014, quella pittorica Bacchus Bimater. Nell’autunno del 2012, in occasione della mostra De lumine, è uscito l’omonimo catalogo contenente Il lumen e i phantasmàta, un importante saggio di Roberto Borghi dedicato appunto alla sfiducia di Evver in ogni certezza materiale dell’esistenza.
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