La forma dell’oro - Sophie Ko
Dal 31 Agosto 2021 al 30 Settembre 2021
Milano
Luogo: BUILDINGBOX
Indirizzo: Via Monte di Pietà 23
Orari: 24 ore su 24, 7 giorni su 7
Curatori: Melania Rossi
Sito ufficiale: http://www.building-gallery.com
BUILDINGBOX presenta dal 31 agosto al 30 settembre 2021 un’opera site specific di Sophie Ko (Tbilisi, 1981), nona artista de La forma dell’oro, progetto espositivo annuale a cura di Melania Rossi, che indaga l'utilizzo dell'oro nella ricerca artistica contemporanea attraverso le opere di dodici artisti invitati a misurarsi con il tema prescelto. Le installazioni sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dalla vetrina di via Monte di Pietà 23 a Milano.
Metaxú, in greco antico, è un avverbio composto da metá (in mezzo, tra) e sún (con, assieme, unitamente a), che denota lo spazio che sta in mezzo e mette in relazione. La parola contiene in sé due significati antitetici ma legati l’uno all’altro, da una parte implica i concetti di distanza e separazione, dall’altra esprime un approssimarsi, un collegamento.
Sophie Ko ha scelto questa parola come titolo dell’installazione realizzata appositamente per il ciclo La forma dell’oro: un accumulo di vecchie scale a pioli, segnate dal tempo e toccate dalla foglia oro, che si tende verso una pittura murale fatta di terra, erba e fiori. L’artista ci invita ad una verticalità che allude all’ascensione spirituale ma che in realtà ci riporta a ciò a cui apparteniamo. Gli ultimi passi sui gradini si fanno d’oro, come fossero bagnati dal sole, fino a raggiungere l’impasto di elementi naturali dell’affresco; un’immagine iconica che mette in comunicazione piani diversi, suggerendo gli opposti visibile-invisibile, spirito-materia, sensibile-intelligibile, cielo e terra.
La scala è un luogo di transito, un punto d’incontro tra il basso e l’alto, un prodotto dell’ingegno umano che dimostra il limite e la tensione al suo superamento. È forte il suo collegamento con l’Albero della vita, con la croce simbolo della Passione, con i quindici salmi graduali della Bibbia, la scala è lo strumento della Deposizione e il veicolo dell’ascesi mistica. L’immagine creata da Sophie Ko, pur alludendo alla dimensione corporea dell’uomo, profondamente legata all’amalgama di terra, aria e acqua al quale apparteniamo, aggiunge un valore spirituale al nostro passaggio nello spazio e nel tempo attraverso l’uso dell’oro, evocando qualcosa di ancestrale, enigmatico, imperituro.
In Platone, il metaxú caratterizza la condizione del demonico, che è qualcosa d’intermedio tra l’immortale e il mortale, connesso con l’idea dell’eros, la cui natura nel pensiero classico resta misteriosa. Eros, che nel mito antico scaglia le frecce dorate dell’innamoramento, è lo squarcio nel petto che colpisce uomini e dei, è tensione tra gli opposti ma anche loro conciliazione, è conflitto e risoluzione. Come rivela Socrate, Amore è soprattutto un intermediario – metaxú, appunto - tra la follia propria del mondo degli dei, dove non esiste il tempo e tutto è mescolato, e la ragione prerogativa della civiltà umana, fondata sul principio di non contraddizione.
L’opera di Sophie Ko unisce tutte queste nozioni nella dimensione creativa, la “follia” dell’essere umano/artefice che può superare il confine spazio-temporale pur restando in esso, attraverso l’amore, il sogno e l’arte.
Sophie Ko (Tbilisi, 1981) pone al centro dei suoi lavori la questione del tempo istituendo una forte relazione simbolica tra i materiali utilizzati – per lo più ceneri di immagini bruciate e pigmenti puri – e le immagini create. Il mutamento e l’instabilità dei materiali in relazione allo scorrere del tempo sono alcune delle costanti della sua ricerca artistica.
Tra le sue ultime mostre personali si ricordano: Geografie temporali, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia, 2019, Sporgersi nella notte, Renata Fabbri Arte Contemporanea, Milano 2018, The Open Box, Milano 2018, Terra. Geografie temporali, Galleria de’ Foscherari, Bologna 2016, Silva Imaginum, Renata Fabbri Arte Contemporanea, Milano 2015, Solo Show, AplusB Contemporary Art, Brescia 2014. Ha vinto il Gran Premio della Pittura al MAC di Lissone nel 2016.
Metaxú, in greco antico, è un avverbio composto da metá (in mezzo, tra) e sún (con, assieme, unitamente a), che denota lo spazio che sta in mezzo e mette in relazione. La parola contiene in sé due significati antitetici ma legati l’uno all’altro, da una parte implica i concetti di distanza e separazione, dall’altra esprime un approssimarsi, un collegamento.
Sophie Ko ha scelto questa parola come titolo dell’installazione realizzata appositamente per il ciclo La forma dell’oro: un accumulo di vecchie scale a pioli, segnate dal tempo e toccate dalla foglia oro, che si tende verso una pittura murale fatta di terra, erba e fiori. L’artista ci invita ad una verticalità che allude all’ascensione spirituale ma che in realtà ci riporta a ciò a cui apparteniamo. Gli ultimi passi sui gradini si fanno d’oro, come fossero bagnati dal sole, fino a raggiungere l’impasto di elementi naturali dell’affresco; un’immagine iconica che mette in comunicazione piani diversi, suggerendo gli opposti visibile-invisibile, spirito-materia, sensibile-intelligibile, cielo e terra.
La scala è un luogo di transito, un punto d’incontro tra il basso e l’alto, un prodotto dell’ingegno umano che dimostra il limite e la tensione al suo superamento. È forte il suo collegamento con l’Albero della vita, con la croce simbolo della Passione, con i quindici salmi graduali della Bibbia, la scala è lo strumento della Deposizione e il veicolo dell’ascesi mistica. L’immagine creata da Sophie Ko, pur alludendo alla dimensione corporea dell’uomo, profondamente legata all’amalgama di terra, aria e acqua al quale apparteniamo, aggiunge un valore spirituale al nostro passaggio nello spazio e nel tempo attraverso l’uso dell’oro, evocando qualcosa di ancestrale, enigmatico, imperituro.
In Platone, il metaxú caratterizza la condizione del demonico, che è qualcosa d’intermedio tra l’immortale e il mortale, connesso con l’idea dell’eros, la cui natura nel pensiero classico resta misteriosa. Eros, che nel mito antico scaglia le frecce dorate dell’innamoramento, è lo squarcio nel petto che colpisce uomini e dei, è tensione tra gli opposti ma anche loro conciliazione, è conflitto e risoluzione. Come rivela Socrate, Amore è soprattutto un intermediario – metaxú, appunto - tra la follia propria del mondo degli dei, dove non esiste il tempo e tutto è mescolato, e la ragione prerogativa della civiltà umana, fondata sul principio di non contraddizione.
L’opera di Sophie Ko unisce tutte queste nozioni nella dimensione creativa, la “follia” dell’essere umano/artefice che può superare il confine spazio-temporale pur restando in esso, attraverso l’amore, il sogno e l’arte.
Sophie Ko (Tbilisi, 1981) pone al centro dei suoi lavori la questione del tempo istituendo una forte relazione simbolica tra i materiali utilizzati – per lo più ceneri di immagini bruciate e pigmenti puri – e le immagini create. Il mutamento e l’instabilità dei materiali in relazione allo scorrere del tempo sono alcune delle costanti della sua ricerca artistica.
Tra le sue ultime mostre personali si ricordano: Geografie temporali, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia, 2019, Sporgersi nella notte, Renata Fabbri Arte Contemporanea, Milano 2018, The Open Box, Milano 2018, Terra. Geografie temporali, Galleria de’ Foscherari, Bologna 2016, Silva Imaginum, Renata Fabbri Arte Contemporanea, Milano 2015, Solo Show, AplusB Contemporary Art, Brescia 2014. Ha vinto il Gran Premio della Pittura al MAC di Lissone nel 2016.
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