Tomas Rajlich. Ab Imis
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Tomas Rajlich, Untitled, 1968, acrilico su tela di cotone, cm 68x68
Dal 14 Maggio 2016 al 30 Luglio 2016
Lissone | Milano
Luogo: Museo d'Arte contemporanea
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: Mercoledì e Venerdì h10-13 Giovedì h16-23 Sabato e Domenica h10-12 / 15-19
Curatori: Alberto Zanchetta
Telefono per informazioni: +39 039 7397368 / 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.museolissone.it/
Verso la fine dei ruggenti anni Sessanta, Tomas Rajlich [Praga, 1940] ha scoperto la propria vocazione di pittore. Da allora la sua pittura (meglio: pittura-pittura, secondo quella nomenclatura artistica che vuole essere un rafforzativo) viene ascritta nell’area analitica, riduttiva o fondamentale. Definizioni che si rifanno ad un generico minimalismo, benché questi lemmi non intendano certamente minimizzare le problematiche, si sforzano anzi di giungere ai minimi termini per diventare “comune denominatore”.
Prima ancora che un pittore, Rajlich è un tintore/colorista che si è prodigato nel cosiddetto “campo cromatico”. È infatti la sostanza materiale del colore, la quale possiede un valore effettivo e un significato simbolico, a dover trasmettere all’osservatore l’ordine psicologico/emozionale della pittura stessa.
Come molti altri artisti dell’epoca, Rajlich era considerato “eroico” proprio perché si ostinava a dipingere, insistendo su una disciplina che nel corso dei decenni sarebbe giunta a ridefinire il proprio linguaggio. Rifacendosi a una dichiarazione d’intenti che si vaticinava nell’azzeramento, l’artista ha sviluppato razionalità e necessità interiori. Un’abitudine (quella di lasciare testimonianza di sé nel suo progredire) in cui si evince che l’artista non ha ceduto alla ripetizione o all’autocompiacimento, né ha mai dato nulla per scontato. La tendenza all’ovvietà fu infatti l’imperdonabile errore commesso da Luigi XVI: con disarmante sufficienza il 14 luglio del 1789, data della presa della Bastiglia, il sovrano annotò sul suo diario la frase «oggi niente di nuovo». Lasciandosi alle spalle giorni, settimane, mesi, anni di tenace lavoro, Tomas Rajlich ha coscienziosamente messo in discussione l’anatomia del quadro, pungolato dall’innocenza del perfettibile oltre che dal logico divenire delle cromie.
Per l’artista non esiste un modello da imitare, esiste semmai un modulo, nella fattispecie di una griglia che instaura la “collaborazione” tra l’artista e il colore. Gli esordi sono stati determinati proprio da questa struttura chiusa, regestum che contrariamente alla sua indole restrittiva si è rivelata alquanto feconda. Si noti come negli anni Settanta l’hortus conclusus del colore limitasse l’azione e la gestualità, e come la pittura tendesse in seguito a fuoriuscire dalla gabbia per occultare il reticolo, sostituendosi definitivamente ad esso.
Alternando tinte scure ad altre più squillanti, l’intensità dei suoi monocromi diventa un corpo materico, una luce solida. Ab imis: quarant’anni dopo la storica mostra “Fundamentele Schilderkunst” allo Stedelijk Museum di Amsterdam, Tomas Rajlich ci ha insegnato quale sia l’aspetto fondante e fondamentale della pittura.
Inaugurazione sabato 14 maggio ore 18:30
Orari:
Mercoledì e Venerdì h 10-13
Giovedì h 16-23
Sabato e Domenica h 10-12 / 15-19
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