Alessandro Fogo. Alla Luce del Sole, un Attimo Prima di Spegnersi
Dal 24 Aprile 2021 al 30 Maggio 2021
Napoli
Luogo: Galleria Annarumma
Indirizzo: Via del Parco Margherita 43
Sito ufficiale: http://www.annarumma.net
Il conosciuto non pensato.
Lo straniamento, la prossimità interrogante di oggetti familiari non più così noti.
Non siamo più padroni in casa nostra, davanti alla pittura di Alessandro Fogo. In ciascuno dei suoi lavori, l’artista integra senso e rottura di senso. Familiarità ed estraneità, riconoscimento e disconoscimento. C’era una volta o forse non c’era. L’oggetto si fa simbolo, legame con qualcosa di ulteriore e nello stesso tempo riesce a restare l’oggetto nella sua essenza. Si deve credere o non credere.
L’osservatore deve spostare e ridefinire certezze percettive, i significati, ciò che crede di conoscere e riconoscere, in un movimento di continua oscillazione del pensiero.
I titoli delle opere sono gli attivatori linguistici di questo richiamo, l’indizio di una direzione possibile. Verso uno straniamento. La scena dei dipinti accede da un’ombra mobile, rischiarata d’improvviso dalla luce di una torcia. L’artista è come un alchimista che trasforma la materia inerte in oro, metafora della purificazione spirituale. Credere o non credere. Guardare o non guardare. Non si torna indietro.
L’atto di vedere ci rende testimoni.
L’immaginario dell’artista ha a che fare con la magia che associa le cose secondo un meccanismo diverso dal nesso causa-effetto: funziona per richiami, somiglianze, contiguità e discontinuità, affioramenti di qualcosa da una profondità antica.
Nel suo lavoro Alessandro Fogo mette in scena oggetti per lui significanti e simboli universali collettivi, il sacro e la fiaba, l’animale ed il domestico, Dio e gli dei.
Si è attratti a guardare in uno scrigno fatto da una pittura precisa, cangiante, vellutata, screziata.
Lo spazio è rivelato per ombre profonde e preziose, colorate di blu, di verdi quasi d’ala d’insetto, di rossi, d’oro antico. Il colore trasfigura le cose, ne rivela il lato ulteriore, ma nulla è mai nebuloso.
Ogni cosa è esattamente dove deve essere. Si assiste a qualcosa di misterioso, di nascosto che viene svelato. La pittura si incarica di pensare e mostrare il conosciuto non pensato, l’indefinibile che sembrava noto ma che non sappiamo esprimere. E’ la pittura che ti osserva ( alla fine ).
Assistiamo al mistero come dal buco di una serratura. Un attimo prima che la luce si spenga.
Prima che l’inafferrabile diventi inafferrato. O forse no.
Testo di Simonetta Angelini
Inaugurazione: Sabato 24 Aprile ore 11
Lo straniamento, la prossimità interrogante di oggetti familiari non più così noti.
Non siamo più padroni in casa nostra, davanti alla pittura di Alessandro Fogo. In ciascuno dei suoi lavori, l’artista integra senso e rottura di senso. Familiarità ed estraneità, riconoscimento e disconoscimento. C’era una volta o forse non c’era. L’oggetto si fa simbolo, legame con qualcosa di ulteriore e nello stesso tempo riesce a restare l’oggetto nella sua essenza. Si deve credere o non credere.
L’osservatore deve spostare e ridefinire certezze percettive, i significati, ciò che crede di conoscere e riconoscere, in un movimento di continua oscillazione del pensiero.
I titoli delle opere sono gli attivatori linguistici di questo richiamo, l’indizio di una direzione possibile. Verso uno straniamento. La scena dei dipinti accede da un’ombra mobile, rischiarata d’improvviso dalla luce di una torcia. L’artista è come un alchimista che trasforma la materia inerte in oro, metafora della purificazione spirituale. Credere o non credere. Guardare o non guardare. Non si torna indietro.
L’atto di vedere ci rende testimoni.
L’immaginario dell’artista ha a che fare con la magia che associa le cose secondo un meccanismo diverso dal nesso causa-effetto: funziona per richiami, somiglianze, contiguità e discontinuità, affioramenti di qualcosa da una profondità antica.
Nel suo lavoro Alessandro Fogo mette in scena oggetti per lui significanti e simboli universali collettivi, il sacro e la fiaba, l’animale ed il domestico, Dio e gli dei.
Si è attratti a guardare in uno scrigno fatto da una pittura precisa, cangiante, vellutata, screziata.
Lo spazio è rivelato per ombre profonde e preziose, colorate di blu, di verdi quasi d’ala d’insetto, di rossi, d’oro antico. Il colore trasfigura le cose, ne rivela il lato ulteriore, ma nulla è mai nebuloso.
Ogni cosa è esattamente dove deve essere. Si assiste a qualcosa di misterioso, di nascosto che viene svelato. La pittura si incarica di pensare e mostrare il conosciuto non pensato, l’indefinibile che sembrava noto ma che non sappiamo esprimere. E’ la pittura che ti osserva ( alla fine ).
Assistiamo al mistero come dal buco di una serratura. Un attimo prima che la luce si spenga.
Prima che l’inafferrabile diventi inafferrato. O forse no.
Testo di Simonetta Angelini
Inaugurazione: Sabato 24 Aprile ore 11
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